La questione dell'equità di un sistema educativo è collegata a fenomeni quali abbandono, dispersione e under performance (scarso rendimento) che, in alcuni contesti territoriali, sono addirittura allarmanti. Un sistema educativo può essere definito equo quando tutti gli studenti, indipendentemente dalle caratteristiche personali, dal contesto familiare e dalle condizioni socioeconomiche di partenza, hanno le stesse opportunità di apprendimento e hanno accesso alle stesse risorse educative, possono cioè sviluppare i propri talenti e raggiungere il loro pieno potenziale, indipendentemente dal loro background. Troppo spesso si utilizzano i termini di uguaglianza ed equità come se rappresentassero lo stesso concetto e invece essi si riferiscono a considerazioni e contesti diversi. Uguaglianza è un concetto che presuppone un giudizio di valore oggettivo, che prescinde cioè a chi viene applicato. Equità, invece, è un concetto che presuppone un giudizio di valore soggettivo che ne determina e influenza l’applicazione. Davanti alla legge siamo tutti uguali e, quindi, a prescindere dalla nostra soggettività essa viene applicata con i medesimi parametri definiti ex ante. Di fronte al processo di apprendimento ognuno ha di fronte il proprio percorso, quello adatto a sé, quello che gli permette di esprimersi al meglio anche grazie a strumenti compensativi, ambienti e situazioni stimolo, finestre di dialogo con sé stessi e il mondo circostante, opportunità queste di sviluppo cognitivo e acquisizione di competenze disciplinari e trasversali a cui il sistema scolastico è chiamato a rispondere nel suo mandato istituzionale. Qui si parla di un’uguaglianza formale per il diritto allo studio così come sancito dall’art.34 della Costituzione Italiana, ma anche di un’equità sostanziale nelle opportunità offerta a “tutti e ciascuno” [1], potenziando come definita dalla dott.ssa Martini “la cultura dell’accessibilità, della solidarietà, della partecipazione e dell’appartenenza riducendo le insidie e i rischi dell’esclusione scolastica e sociale”, in modo da garantire un adeguato livello di equità nel sistema scolastico. Come evidenziato dalla dott.ssa Angela Martini [2], il concetto di equità educativa è innanzitutto connesso all’idea di eguaglianza delle opportunità dove anche la pedagogia speciale diviene pedagogia ordinaria, per cui un sistema scolastico può considerarsi “giusto” e “ inclusivo” se riesce a permettere ai propri studenti l’accesso ai più alti livelli d’istruzione e alle professioni più appetibili, indipendente dalle condizioni di contesto di provenienza degli stessi e dai limiti connessi a difficoltà personali fisiche e psichiche. Si ha quindi assenza o carenza di equità ogni volta che gli esiti del sistema d’istruzione sono correlati alle condizioni di contesto e alle caratteristiche d’ingresso per gruppi diversi di soggetti. Quando si parla di scuola equa come giusta e inclusiva ci si riferisce a un sistema che ne assicuri i contenuti, l’organizzazione e la sua applicazione non solo, come richiamato da Benadusi, Giancola, Viteritti [3] nel loro articolo, in maniera “formale e a breve termine”, ma in una logica di sostenibilità in maniera formale, sostanziale e funzionale al miglioramento continuo a cui ogni sistema scolastico deve adeguarsi, anche perché sollecitato dagli obiettivi del Goal 4 dell’Agenda 2030. Si tratta di individuare in modo sistemico quali indicatori monitorare anche nel passaggio tra gradi scolastici, per far sì che il sistema possa prevedere un pacchetto di interventi di natura metodologico-didattica e organizzativa per far fronte a eventuali situazioni carenza di equità nelle pari opportunità. Il gruppo di ricerca Groupe Européen de Recherche sur l’Equité des Systèmes Educatifs (GERESE) [4], aveva già nel 2003 individuato quattro aree di attenzione per il raggiungimento degli obiettivi di equità con un forte richiamo all’istruzione e alla formazione come parametri di benessere ed equità sociale. Come ricorda il Prof. Benadusi [5] nel suo articolo “Politiche dell'educazione e sistemi di welfare” e poi, anche, richiamato nel working paper “ La questione dell’equità scolastica in Italia - Analisi delle performance in scienze dei quindicenni della scuola secondaria superiore” [6] lo stesso gruppo di ricercatori Gerese nel rapporto presentato alla Commissione Europea aveva individuato tre categorie di indicatori in grado di stimare e monitorare i livelli di equità dell’educazione: • diseguaglianze interindividuali come, ad esempio, individuate dall’essere posticipatario e quindi non con un percorso regolare; • diseguaglianze tra gruppi o intercategoriali come, ad esempio, individuate dall’essere straniero di prima o seconda generazione; • mancato raggiungimento di soglie minime di apprendimento come, ad esempio, individuate dai benchmark di riferimento: contenimento dell’abbandono scolastico al di sotto del 10% dei ragazzi in età scolare, conseguimento di una laurea da parte di almeno il 40% dei 30-34enni, superamento della soglia del 12,5% della partecipazione della popolazione adulta ad attività di istruzione/formazione. Il mancato raggiungimento di soglie minime di apprendimento è connesso con lo studio dell’intensità di povertà educativa e quindi con la mancanza di competenze che sono troppo spesso funzione delle condizioni di contesto. L’Istituto INVALSI, prendendo spunto dagli studi del gruppo di ricerca GERESE, a partire dall' a. s. 2008-09, ha iniziato a misurare le competenze di base (partendo da comprensione scritta, grammatica e Matematica) mediante rilevazioni censuarie e campionarie. È stata presa in considerazione la variabilità del background sociale degli studenti e il disegno del campione (il cui contenuto e metodica verrà approfondito nel paragrafo 2.1) considera la variabilità suddivisa in tre parti: tra scuola, tra classi e all'interno delle classi. Tale ripartizione risulta idonea per studiare a livello di territorio se una regione tende a “segregare”, nelle stesse scuole o classi, studenti con livelli di background simili, considerando ad esempio il parametro della cittadinanza. Questo è il motivo per cui si analizzano i sistemi scolastici regionali tenendo conto anche di quest’ultimo parametro, nell’analisi della distribuzione tra scuole della popolazione scolastica. Per monitorare l'equità di un sistema scolastico regionale, si fa riferimento come suggerito da Patrizia Falzetti e Roberto Ricci [7] a un indicatore complessivo, sintesi di altri tre indicatori che misurano i livelli di competenza posseduti dagli studenti, il livello di segregazione socioeconomica e il livello di integrazione. INVALSI già nel 2010 aveva iniziato una valutazione dell’equità educativa del sistema scolastico italiano utilizzando gli indici che Amartya Sen [8] aveva elaborato e riportato in Poverty: An Ordinal Approach to Measurement, a partire dagli anni Settanta, per studiare il fenomeno della povertà intesa non solo come scarsità di risorse economiche ma, come ribadito da Morlaix [9], scarsità di competenze educative di base, fondamentali per l’esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole. D’altra parte, già Meuret [10] nel 2001 affermava la proporzionalità del livello di equità scolastica rispetto alla percentuale di studenti in possesso di un certo livello di competenze di base. Il contributo fondamentale di Amartya Sen è stato quello di fornire il riferimento concettuale per misurare la povertà, tenendo conto simultaneamente di tre parametri: il tasso di povertà, il grado di povertà, la variabilità nella distribuzione del reddito tra i poveri. INVALSI partendo, quindi, da questo tipo di impostazione, ha studiato la povertà educativa utilizzando e adattando l’indice di Sen, monitorando i seguenti parametri: - il tasso di allievi in possesso di livelli di apprendimento al di sotto della soglia definita come minima; - l’intensità della povertà educativa definita come la somma delle distanze dei punteggi conseguiti da questi allievi rispetto alla soglia minima; - la diversità tra i punteggi conseguiti. Attraverso la letteratura nazionale e internazionale e la documentazione relativa ai seminari tenuti dall'INVALSI, questo lavoro di ricerca è partito dall'analisi degli obiettivi delle prove standardizzate Invalsi e di come esse si sviluppino nelle rilevazioni ICC (Indagine Campionaria di Controllo) e IS (Indagine Standard), con la definizione del disegno di campionamento e delle basi metodologiche che hanno permesso il passaggio dai punteggi ai livelli descrittivi di competenza, nonché gli approfondimenti sulla variabilità negli esiti all’interno della classe, tra classi nel medesimo istituto e tra istituti. Lo scopo è stato di studiare e documentare detta variabilità come stima dell'equità del sistema scolastico italiano con particolare riguardo alle indagini in matematica in riferimento a parametri come regolarità, cittadinanza e genere e con riferimento particolare ai dati rilevati per la Regione Marche. L'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione e Formazione, vedi D.Lgs. 286/2004), che ha tra i suoi compiti, come stabilito anche dal D.P.R.n. 80/2013 e dal decreto legislativo n. 62/2017, quella di "effettuare controlli periodici e sistematici sulle conoscenze e competenze degli studenti" dà, infatti, anche nel Rapporto 2019 [11], una chiave di lettura dei dati come espressione proprio del livello di equità del sistema scolastico, mediante lo studio della variabilità dei risultati tra le diverse scuole e classi, caratterizzando l’analisi con i dettagli regionali. L'analisi dell'equità del sistema scolastico italiano, si spiega, poi, in questo lavoro mediante lo studio dei dati che utilizza la metodologia rappresentata dall'analisi multilivello che tiene in considerare la struttura gerarchica dei dati stessi in esame.

L'equità del sistema scolastico: un'analisi realizzata a partire dai dati INVALSI 2013-2019

PINTO, Carmina Laura Giovanna
2022-07-21

Abstract

La questione dell'equità di un sistema educativo è collegata a fenomeni quali abbandono, dispersione e under performance (scarso rendimento) che, in alcuni contesti territoriali, sono addirittura allarmanti. Un sistema educativo può essere definito equo quando tutti gli studenti, indipendentemente dalle caratteristiche personali, dal contesto familiare e dalle condizioni socioeconomiche di partenza, hanno le stesse opportunità di apprendimento e hanno accesso alle stesse risorse educative, possono cioè sviluppare i propri talenti e raggiungere il loro pieno potenziale, indipendentemente dal loro background. Troppo spesso si utilizzano i termini di uguaglianza ed equità come se rappresentassero lo stesso concetto e invece essi si riferiscono a considerazioni e contesti diversi. Uguaglianza è un concetto che presuppone un giudizio di valore oggettivo, che prescinde cioè a chi viene applicato. Equità, invece, è un concetto che presuppone un giudizio di valore soggettivo che ne determina e influenza l’applicazione. Davanti alla legge siamo tutti uguali e, quindi, a prescindere dalla nostra soggettività essa viene applicata con i medesimi parametri definiti ex ante. Di fronte al processo di apprendimento ognuno ha di fronte il proprio percorso, quello adatto a sé, quello che gli permette di esprimersi al meglio anche grazie a strumenti compensativi, ambienti e situazioni stimolo, finestre di dialogo con sé stessi e il mondo circostante, opportunità queste di sviluppo cognitivo e acquisizione di competenze disciplinari e trasversali a cui il sistema scolastico è chiamato a rispondere nel suo mandato istituzionale. Qui si parla di un’uguaglianza formale per il diritto allo studio così come sancito dall’art.34 della Costituzione Italiana, ma anche di un’equità sostanziale nelle opportunità offerta a “tutti e ciascuno” [1], potenziando come definita dalla dott.ssa Martini “la cultura dell’accessibilità, della solidarietà, della partecipazione e dell’appartenenza riducendo le insidie e i rischi dell’esclusione scolastica e sociale”, in modo da garantire un adeguato livello di equità nel sistema scolastico. Come evidenziato dalla dott.ssa Angela Martini [2], il concetto di equità educativa è innanzitutto connesso all’idea di eguaglianza delle opportunità dove anche la pedagogia speciale diviene pedagogia ordinaria, per cui un sistema scolastico può considerarsi “giusto” e “ inclusivo” se riesce a permettere ai propri studenti l’accesso ai più alti livelli d’istruzione e alle professioni più appetibili, indipendente dalle condizioni di contesto di provenienza degli stessi e dai limiti connessi a difficoltà personali fisiche e psichiche. Si ha quindi assenza o carenza di equità ogni volta che gli esiti del sistema d’istruzione sono correlati alle condizioni di contesto e alle caratteristiche d’ingresso per gruppi diversi di soggetti. Quando si parla di scuola equa come giusta e inclusiva ci si riferisce a un sistema che ne assicuri i contenuti, l’organizzazione e la sua applicazione non solo, come richiamato da Benadusi, Giancola, Viteritti [3] nel loro articolo, in maniera “formale e a breve termine”, ma in una logica di sostenibilità in maniera formale, sostanziale e funzionale al miglioramento continuo a cui ogni sistema scolastico deve adeguarsi, anche perché sollecitato dagli obiettivi del Goal 4 dell’Agenda 2030. Si tratta di individuare in modo sistemico quali indicatori monitorare anche nel passaggio tra gradi scolastici, per far sì che il sistema possa prevedere un pacchetto di interventi di natura metodologico-didattica e organizzativa per far fronte a eventuali situazioni carenza di equità nelle pari opportunità. Il gruppo di ricerca Groupe Européen de Recherche sur l’Equité des Systèmes Educatifs (GERESE) [4], aveva già nel 2003 individuato quattro aree di attenzione per il raggiungimento degli obiettivi di equità con un forte richiamo all’istruzione e alla formazione come parametri di benessere ed equità sociale. Come ricorda il Prof. Benadusi [5] nel suo articolo “Politiche dell'educazione e sistemi di welfare” e poi, anche, richiamato nel working paper “ La questione dell’equità scolastica in Italia - Analisi delle performance in scienze dei quindicenni della scuola secondaria superiore” [6] lo stesso gruppo di ricercatori Gerese nel rapporto presentato alla Commissione Europea aveva individuato tre categorie di indicatori in grado di stimare e monitorare i livelli di equità dell’educazione: • diseguaglianze interindividuali come, ad esempio, individuate dall’essere posticipatario e quindi non con un percorso regolare; • diseguaglianze tra gruppi o intercategoriali come, ad esempio, individuate dall’essere straniero di prima o seconda generazione; • mancato raggiungimento di soglie minime di apprendimento come, ad esempio, individuate dai benchmark di riferimento: contenimento dell’abbandono scolastico al di sotto del 10% dei ragazzi in età scolare, conseguimento di una laurea da parte di almeno il 40% dei 30-34enni, superamento della soglia del 12,5% della partecipazione della popolazione adulta ad attività di istruzione/formazione. Il mancato raggiungimento di soglie minime di apprendimento è connesso con lo studio dell’intensità di povertà educativa e quindi con la mancanza di competenze che sono troppo spesso funzione delle condizioni di contesto. L’Istituto INVALSI, prendendo spunto dagli studi del gruppo di ricerca GERESE, a partire dall' a. s. 2008-09, ha iniziato a misurare le competenze di base (partendo da comprensione scritta, grammatica e Matematica) mediante rilevazioni censuarie e campionarie. È stata presa in considerazione la variabilità del background sociale degli studenti e il disegno del campione (il cui contenuto e metodica verrà approfondito nel paragrafo 2.1) considera la variabilità suddivisa in tre parti: tra scuola, tra classi e all'interno delle classi. Tale ripartizione risulta idonea per studiare a livello di territorio se una regione tende a “segregare”, nelle stesse scuole o classi, studenti con livelli di background simili, considerando ad esempio il parametro della cittadinanza. Questo è il motivo per cui si analizzano i sistemi scolastici regionali tenendo conto anche di quest’ultimo parametro, nell’analisi della distribuzione tra scuole della popolazione scolastica. Per monitorare l'equità di un sistema scolastico regionale, si fa riferimento come suggerito da Patrizia Falzetti e Roberto Ricci [7] a un indicatore complessivo, sintesi di altri tre indicatori che misurano i livelli di competenza posseduti dagli studenti, il livello di segregazione socioeconomica e il livello di integrazione. INVALSI già nel 2010 aveva iniziato una valutazione dell’equità educativa del sistema scolastico italiano utilizzando gli indici che Amartya Sen [8] aveva elaborato e riportato in Poverty: An Ordinal Approach to Measurement, a partire dagli anni Settanta, per studiare il fenomeno della povertà intesa non solo come scarsità di risorse economiche ma, come ribadito da Morlaix [9], scarsità di competenze educative di base, fondamentali per l’esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole. D’altra parte, già Meuret [10] nel 2001 affermava la proporzionalità del livello di equità scolastica rispetto alla percentuale di studenti in possesso di un certo livello di competenze di base. Il contributo fondamentale di Amartya Sen è stato quello di fornire il riferimento concettuale per misurare la povertà, tenendo conto simultaneamente di tre parametri: il tasso di povertà, il grado di povertà, la variabilità nella distribuzione del reddito tra i poveri. INVALSI partendo, quindi, da questo tipo di impostazione, ha studiato la povertà educativa utilizzando e adattando l’indice di Sen, monitorando i seguenti parametri: - il tasso di allievi in possesso di livelli di apprendimento al di sotto della soglia definita come minima; - l’intensità della povertà educativa definita come la somma delle distanze dei punteggi conseguiti da questi allievi rispetto alla soglia minima; - la diversità tra i punteggi conseguiti. Attraverso la letteratura nazionale e internazionale e la documentazione relativa ai seminari tenuti dall'INVALSI, questo lavoro di ricerca è partito dall'analisi degli obiettivi delle prove standardizzate Invalsi e di come esse si sviluppino nelle rilevazioni ICC (Indagine Campionaria di Controllo) e IS (Indagine Standard), con la definizione del disegno di campionamento e delle basi metodologiche che hanno permesso il passaggio dai punteggi ai livelli descrittivi di competenza, nonché gli approfondimenti sulla variabilità negli esiti all’interno della classe, tra classi nel medesimo istituto e tra istituti. Lo scopo è stato di studiare e documentare detta variabilità come stima dell'equità del sistema scolastico italiano con particolare riguardo alle indagini in matematica in riferimento a parametri come regolarità, cittadinanza e genere e con riferimento particolare ai dati rilevati per la Regione Marche. L'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione e Formazione, vedi D.Lgs. 286/2004), che ha tra i suoi compiti, come stabilito anche dal D.P.R.n. 80/2013 e dal decreto legislativo n. 62/2017, quella di "effettuare controlli periodici e sistematici sulle conoscenze e competenze degli studenti" dà, infatti, anche nel Rapporto 2019 [11], una chiave di lettura dei dati come espressione proprio del livello di equità del sistema scolastico, mediante lo studio della variabilità dei risultati tra le diverse scuole e classi, caratterizzando l’analisi con i dettagli regionali. L'analisi dell'equità del sistema scolastico italiano, si spiega, poi, in questo lavoro mediante lo studio dei dati che utilizza la metodologia rappresentata dall'analisi multilivello che tiene in considerare la struttura gerarchica dei dati stessi in esame.
21-lug-2022
Science and Technology
Settore MAT/03 - Geometria
Settore MATH-02/B - Geometria
URN:NBN:IT:UNICAM-157228
GIAMBO', Roberto
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
21_07_22 PINTO CARMINA LAURA GIOVANNA_Definitive version.pdf

Open Access dal 22/07/2023

Descrizione: Tesi di dottorato CARMINA LAURA GIOVANNA PINTO
Tipologia: Altro materiale allegato
Licenza: DRM non definito
Dimensione 5.24 MB
Formato Adobe PDF
5.24 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/482811
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact