«Non c’è modo di capire l’essenza del trust se non se ne analizzano le origini» . Logico corollario di quest’affermazione è la necessità di contestualizzare l’origine dell’istituto. La genesi del trust, che affonda le sue radici nell’Inghilterra Alto Medioevale, è un dato noto. Che trust significhi fiducia e che la fiducia sia concetto presente in molte altre esperienze giuridiche è manifesto da decenni, ma questa ovvietà non deve divenire fonte di confusione. In realtà, l’istituto del trust ha acquisito una fisionomia relativamente precisa in Inghilterra all’interno della esperienza giuridica del dualismo common law/Equity . Non è in dubbio, infatti, l’adattabilità del trust ad altri ambienti giuridici (ad iniziare dalla Scozia6 ove, pur non essendo un sistema dualistico, il trust è stato ugualmente importato), ma è cognitivamente importante ricordare e capire come è nato ed all’interno di quali coordinate concettuali. Quello che è importante ricordare è l’evoluzione che la disciplina dei trusts ha avuto negli ordinamenti di common law. Inizialmente, in Inghilterra il trust è stato usato principalmente per due scopi: organizzare i Family Settlement, ossia per ripartire e preservare la ricchezza derivante dalla rendita fondiaria all’interno delle famiglie della gentry (e quindi le famiglie facoltose), e per surrogare, in meglio, l’imprecisa galassia delle Fondazioni, attraverso i charitable trusts. I dettagli dell’evoluzione degli Uses sono esposti – da Maitland in poi - in numerose ricerche e non vi è limite quantitativo ai dettagli significativi che la ricerca storica erudita può esporre. In questa sede, si ritiene che sia meglio chiarire quale sia stata la capacità ordinante di alcune idee forza che sono prosperate in Inghilterra e poi in common law, mentre in altre esperienze, ove pure erano presenti in nuce, sono state per lungo tempo oscurate da idee contrastanti. Queste idee forza possono essere indagate da due punti di osservazione. Il primo, ‘sostanziale’, secondo cui una accettabile definizione di trust è la seguente: «Quando una persona è titolare di diritti che è vincolato ad esercitare per conto di un altro o per la realizzazione di un interesse altrui, si dice che ha qui diritti in trust»10. Questi diritti in trust sono un aspetto molto particolare della teoria del diritto soggettivo. L’aspetto rilevante è quindi l’ammissione generale della legittimità di una proprietà (property) nell’interesse altrui, considerato che una teoria del diritto soggettivo in common law non è mai stata sviluppata. In sostanza, l’ordinamento di common law e di equity hanno tutelato e garantito una proprietà nell’interesse altrui considerandola una proprietà come tutte le altre. Sotto il profilo delle garanzie ordinamentali, e quindi dei rimedi della tutela esterna della proprietà, la proprietà nell’interesse altrui è sempre stata considerata una proprietà completamente riconosciuta, la quale non cessa di essere garantita e tutelata dall’ordinamento giuridico, perché è vincolata ad interessi esterni al soggetto proprietario. Si aggiunge, però, che l’ordinamento tutela la Fides di cui il proprietario nell’interesse altrui è portatore. Il che vuol dire che il trustee (che è il tipico proprietario nell’interesse altrui) è legittimato ad opporre ai suoi creditori personali che i beni di cui è titolare nell'interesse altrui non sono esattamente di sua proprietà e, di conseguenza, non sono da loro aggredibili. Regola cardinale da cui consegue l'imprecisa immagine della segregazione patrimoniale, che non è esattamente tale, perché quei beni che fanno parte del fondo del trust sono oggetto di precisi quanto assai ampi rimedi reipersecutori a tutela dei beneficiari. Il secondo aspetto è ‘rimediale’, là dove ci si limita ad accennare alla struttura dei rimedi che assicurano effettività alla Fides prestata nell’interesse altrui, i quali normalmente vengono presentati come posti nell’interesse dei beneficiari di un trust – e da qui la nozione di dual ownership - ma il problema principale che la law of trust ha dovuto affrontare è quello derivato dalla tutela reipersecutoria11 dei beneficiari. Da queste premesse, infatti, si crea un aspetto che si può così sintetizzare: un conflitto tra quelli che sono i beneficiari del trust, che possono quindi seguire i beni del trust, e quelli che sono i diritti dei terzi che acquistano beni dal trustee. Posto che il trustee è titolare di un diritto di proprietà, il quale ontologicamente comprende il diritto di disporre dei diritti sui “beni” in trust, ci sarebbe da chiedere quale tutela assegnare ai terzi che contrattano con il trustee in quanto proprietario apparentemente pieno. Sono tutelati esattamente come chi acquista a domino. Più che alle tecnicalità dei rimedi che rendono efficace la tutela della Fides, più che al falso problema della loro qualificazione come azioni personali o reali, giova osservare che in tutti i casi il nucleo essenziale del problema coinvolge l’interesse dei terzi che abbiano contrattato o siano entrati in rapporti con il trustee. Perciò la law of trust si è evoluta mediante la ricerca costante di un punto di equilibrio tra interessi confliggenti. Ricerca resa complessa dalla considerazione per cui il valore dei beni dipende anche dalla sicurezza che l’ordinamento conferisce ai loro potenziali acquirenti e, pertanto, è nell’interesse del ceto dei proprietari/beneficiari che la circolazione dei titoli sia la più sicura possibile; mentre la tutela dell'interesse del singolo beneficiario richiede, all'opposto, di consentire al beneficiario di recuperare il bene che sia uscito illegittimamente dal fondo del trust. In realtà, questa ricerca di un punto di bilanciamento tra due interessi o due valori confliggenti, che è intrinseco in tutta la dinamica della law of trust, si apre inevitabilmente a percorsi evolutivi diversificati tra i diversi ambienti giuridici che debbono affrontare il medesimo bilanciamento. Va, pertanto, distinta l’evoluzione della disciplina del trust negli ordinamenti di common law da quella che è stata l’evoluzione della disciplina del trust fuori dagli ambienti di common law e soprattutto negli ambienti di giurisdizioni miste. Si è appena accennato al dato per cui la law of trusts è perpetuamente alla ricerca di un punto di equilibrio tra i confliggenti interessi dei trustees (i meno tutelati, ma non trascurabili), dei beneficiari e dei terzi per cui il suo assetto è necessariamente dinamico. È però banale osservare che le traiettorie evolutive seguite dipendono dalle circostanze globali in cui le esigenze di bilanciamento si manifestano. Anche a tale proposito se si dovesse entrare nei dettagli, si dovrebbe disporre di un tempo quasi infinito; meglio allora limitarsi a ricordare i principali fattori evolutivi. Per seguire questo tipo di evoluzione, è importante ricordare come, specialmente nel XX secolo, c’è stato uno spostamento sostanziale del centro di gravità della law of trust che è passato dai Family Settlements ai Commercial Trust. Conseguentemente si è modificata la struttura sociologica dei trusts. La posizione del trustee si è modificata, da amico e confidente della famiglia a ‘gestore professionale’ della ricchezza, con ricadute importanti in tema di qualificazione del trustee, di indipendenza dello stesso e di sostituzione del trustee. Attualmente, se è vero che permane rilevante l’uso dei trusts a fini di pianificazione della trasmissione della ricchezza familiare da una generazione a quelle successive – funzione che rende la law of trust contigua e succedanea alla Law of Succession – tuttavia l’uso dominante è divenuto quello dei Commercial Trusts con particolare riguardo alle operazioni bancarie e finanziarie – funzione che rende la law of trust contigua e succedanea al diritto societario. Le modifiche sono di carattere strutturale poiché in riferimento ai commercial trusts è da ribadire che ciò che cambia radicalmente è soprattutto la figura e l’azione del trustee. Infatti, la gestione professionale della ricchezza finanziaria altrui richiede un active asset management che contrasta con le tradizionali regole di prudenza che dovevano essere seguite dal trustee di famiglia e richiede che quest’ultimo disponga di poteri ampi e snelli, favorendo così la frammentazione dei poteri del trustee che insegue le specializzazioni professionali. Un altro aspetto che va sottolineato, che riguarda sia l’esperienza inglese e sia le esperienze parallele che si sono sviluppate là dove l’istituto del trust è stato trapiantato fuori dall’UK, attiene alle fonti. Si deve sottolineare il passaggio epocale della staturification della law of trust, vale a dire che la fonte principale della law of trusts non è più la giurisprudenza, ma la legge in senso formale. L’interpretazione della legge effettuata dalle corti competenti conserva grande rilevanza, ma è opportuno precisare che, anche in Inghilterra, si tratta appunto di “interpretazione” di testi legali e non di sviluppo giurisprudenziale del diritto. Tale staturification si è resa necessaria perché in realtà, quando si pensa alla costituzione del trust, si pensa soprattutto alla pianificazione della gestione della ricchezza in un tempo futuro, anche di una certa distanza; passaggio epocale questo, soprattutto se viene portato al cospetto delle giurisdizioni off-shore. Nel mondo attuale, infatti, qualsiasi operazione giuridica ed economica che contempli il ricorso ad una proprietà nell’interesse altrui non può prescindere dal prendere in considerazione l’aspetto fiscale nella fase di pianificazione della stessa. La pianificazione fiscale di qualsiasi operazione patrimoniale ha necessità di ricevere informazioni affidabili ex ante e non ex post. Per soddisfare questa esigenza, la fonte legislativa è di gran lunga superiore alla fonte giurisprudenziale che per sua natura informa ex post. Nell’atmosfera della concorrenza tra ordinamenti nell’attrarre banking & financial operations, il vantaggio assicurato dalla staturification del common law è troppo evidente per non incidere profondamente sull’assetto delle fonti della law of trusts. L’incidenza del diritto fiscale è diventata così importante che c’è bisogno di certezza e questa viene garantita dalla legge, non dalla giurisprudenza. Da qui il fatto che in tutti gli ordinamenti, per poter attrarre nel loro territorio la gestione della ricchezza, si sono dati da fare per garantire una calcolabilità. E questo è un aspetto fondamentale dell’attuale law of trust.

L’uso del trust nella gestione patrimoniale.

NAPOLITANO, ELENA
2023-05-23

Abstract

«Non c’è modo di capire l’essenza del trust se non se ne analizzano le origini» . Logico corollario di quest’affermazione è la necessità di contestualizzare l’origine dell’istituto. La genesi del trust, che affonda le sue radici nell’Inghilterra Alto Medioevale, è un dato noto. Che trust significhi fiducia e che la fiducia sia concetto presente in molte altre esperienze giuridiche è manifesto da decenni, ma questa ovvietà non deve divenire fonte di confusione. In realtà, l’istituto del trust ha acquisito una fisionomia relativamente precisa in Inghilterra all’interno della esperienza giuridica del dualismo common law/Equity . Non è in dubbio, infatti, l’adattabilità del trust ad altri ambienti giuridici (ad iniziare dalla Scozia6 ove, pur non essendo un sistema dualistico, il trust è stato ugualmente importato), ma è cognitivamente importante ricordare e capire come è nato ed all’interno di quali coordinate concettuali. Quello che è importante ricordare è l’evoluzione che la disciplina dei trusts ha avuto negli ordinamenti di common law. Inizialmente, in Inghilterra il trust è stato usato principalmente per due scopi: organizzare i Family Settlement, ossia per ripartire e preservare la ricchezza derivante dalla rendita fondiaria all’interno delle famiglie della gentry (e quindi le famiglie facoltose), e per surrogare, in meglio, l’imprecisa galassia delle Fondazioni, attraverso i charitable trusts. I dettagli dell’evoluzione degli Uses sono esposti – da Maitland in poi - in numerose ricerche e non vi è limite quantitativo ai dettagli significativi che la ricerca storica erudita può esporre. In questa sede, si ritiene che sia meglio chiarire quale sia stata la capacità ordinante di alcune idee forza che sono prosperate in Inghilterra e poi in common law, mentre in altre esperienze, ove pure erano presenti in nuce, sono state per lungo tempo oscurate da idee contrastanti. Queste idee forza possono essere indagate da due punti di osservazione. Il primo, ‘sostanziale’, secondo cui una accettabile definizione di trust è la seguente: «Quando una persona è titolare di diritti che è vincolato ad esercitare per conto di un altro o per la realizzazione di un interesse altrui, si dice che ha qui diritti in trust»10. Questi diritti in trust sono un aspetto molto particolare della teoria del diritto soggettivo. L’aspetto rilevante è quindi l’ammissione generale della legittimità di una proprietà (property) nell’interesse altrui, considerato che una teoria del diritto soggettivo in common law non è mai stata sviluppata. In sostanza, l’ordinamento di common law e di equity hanno tutelato e garantito una proprietà nell’interesse altrui considerandola una proprietà come tutte le altre. Sotto il profilo delle garanzie ordinamentali, e quindi dei rimedi della tutela esterna della proprietà, la proprietà nell’interesse altrui è sempre stata considerata una proprietà completamente riconosciuta, la quale non cessa di essere garantita e tutelata dall’ordinamento giuridico, perché è vincolata ad interessi esterni al soggetto proprietario. Si aggiunge, però, che l’ordinamento tutela la Fides di cui il proprietario nell’interesse altrui è portatore. Il che vuol dire che il trustee (che è il tipico proprietario nell’interesse altrui) è legittimato ad opporre ai suoi creditori personali che i beni di cui è titolare nell'interesse altrui non sono esattamente di sua proprietà e, di conseguenza, non sono da loro aggredibili. Regola cardinale da cui consegue l'imprecisa immagine della segregazione patrimoniale, che non è esattamente tale, perché quei beni che fanno parte del fondo del trust sono oggetto di precisi quanto assai ampi rimedi reipersecutori a tutela dei beneficiari. Il secondo aspetto è ‘rimediale’, là dove ci si limita ad accennare alla struttura dei rimedi che assicurano effettività alla Fides prestata nell’interesse altrui, i quali normalmente vengono presentati come posti nell’interesse dei beneficiari di un trust – e da qui la nozione di dual ownership - ma il problema principale che la law of trust ha dovuto affrontare è quello derivato dalla tutela reipersecutoria11 dei beneficiari. Da queste premesse, infatti, si crea un aspetto che si può così sintetizzare: un conflitto tra quelli che sono i beneficiari del trust, che possono quindi seguire i beni del trust, e quelli che sono i diritti dei terzi che acquistano beni dal trustee. Posto che il trustee è titolare di un diritto di proprietà, il quale ontologicamente comprende il diritto di disporre dei diritti sui “beni” in trust, ci sarebbe da chiedere quale tutela assegnare ai terzi che contrattano con il trustee in quanto proprietario apparentemente pieno. Sono tutelati esattamente come chi acquista a domino. Più che alle tecnicalità dei rimedi che rendono efficace la tutela della Fides, più che al falso problema della loro qualificazione come azioni personali o reali, giova osservare che in tutti i casi il nucleo essenziale del problema coinvolge l’interesse dei terzi che abbiano contrattato o siano entrati in rapporti con il trustee. Perciò la law of trust si è evoluta mediante la ricerca costante di un punto di equilibrio tra interessi confliggenti. Ricerca resa complessa dalla considerazione per cui il valore dei beni dipende anche dalla sicurezza che l’ordinamento conferisce ai loro potenziali acquirenti e, pertanto, è nell’interesse del ceto dei proprietari/beneficiari che la circolazione dei titoli sia la più sicura possibile; mentre la tutela dell'interesse del singolo beneficiario richiede, all'opposto, di consentire al beneficiario di recuperare il bene che sia uscito illegittimamente dal fondo del trust. In realtà, questa ricerca di un punto di bilanciamento tra due interessi o due valori confliggenti, che è intrinseco in tutta la dinamica della law of trust, si apre inevitabilmente a percorsi evolutivi diversificati tra i diversi ambienti giuridici che debbono affrontare il medesimo bilanciamento. Va, pertanto, distinta l’evoluzione della disciplina del trust negli ordinamenti di common law da quella che è stata l’evoluzione della disciplina del trust fuori dagli ambienti di common law e soprattutto negli ambienti di giurisdizioni miste. Si è appena accennato al dato per cui la law of trusts è perpetuamente alla ricerca di un punto di equilibrio tra i confliggenti interessi dei trustees (i meno tutelati, ma non trascurabili), dei beneficiari e dei terzi per cui il suo assetto è necessariamente dinamico. È però banale osservare che le traiettorie evolutive seguite dipendono dalle circostanze globali in cui le esigenze di bilanciamento si manifestano. Anche a tale proposito se si dovesse entrare nei dettagli, si dovrebbe disporre di un tempo quasi infinito; meglio allora limitarsi a ricordare i principali fattori evolutivi. Per seguire questo tipo di evoluzione, è importante ricordare come, specialmente nel XX secolo, c’è stato uno spostamento sostanziale del centro di gravità della law of trust che è passato dai Family Settlements ai Commercial Trust. Conseguentemente si è modificata la struttura sociologica dei trusts. La posizione del trustee si è modificata, da amico e confidente della famiglia a ‘gestore professionale’ della ricchezza, con ricadute importanti in tema di qualificazione del trustee, di indipendenza dello stesso e di sostituzione del trustee. Attualmente, se è vero che permane rilevante l’uso dei trusts a fini di pianificazione della trasmissione della ricchezza familiare da una generazione a quelle successive – funzione che rende la law of trust contigua e succedanea alla Law of Succession – tuttavia l’uso dominante è divenuto quello dei Commercial Trusts con particolare riguardo alle operazioni bancarie e finanziarie – funzione che rende la law of trust contigua e succedanea al diritto societario. Le modifiche sono di carattere strutturale poiché in riferimento ai commercial trusts è da ribadire che ciò che cambia radicalmente è soprattutto la figura e l’azione del trustee. Infatti, la gestione professionale della ricchezza finanziaria altrui richiede un active asset management che contrasta con le tradizionali regole di prudenza che dovevano essere seguite dal trustee di famiglia e richiede che quest’ultimo disponga di poteri ampi e snelli, favorendo così la frammentazione dei poteri del trustee che insegue le specializzazioni professionali. Un altro aspetto che va sottolineato, che riguarda sia l’esperienza inglese e sia le esperienze parallele che si sono sviluppate là dove l’istituto del trust è stato trapiantato fuori dall’UK, attiene alle fonti. Si deve sottolineare il passaggio epocale della staturification della law of trust, vale a dire che la fonte principale della law of trusts non è più la giurisprudenza, ma la legge in senso formale. L’interpretazione della legge effettuata dalle corti competenti conserva grande rilevanza, ma è opportuno precisare che, anche in Inghilterra, si tratta appunto di “interpretazione” di testi legali e non di sviluppo giurisprudenziale del diritto. Tale staturification si è resa necessaria perché in realtà, quando si pensa alla costituzione del trust, si pensa soprattutto alla pianificazione della gestione della ricchezza in un tempo futuro, anche di una certa distanza; passaggio epocale questo, soprattutto se viene portato al cospetto delle giurisdizioni off-shore. Nel mondo attuale, infatti, qualsiasi operazione giuridica ed economica che contempli il ricorso ad una proprietà nell’interesse altrui non può prescindere dal prendere in considerazione l’aspetto fiscale nella fase di pianificazione della stessa. La pianificazione fiscale di qualsiasi operazione patrimoniale ha necessità di ricevere informazioni affidabili ex ante e non ex post. Per soddisfare questa esigenza, la fonte legislativa è di gran lunga superiore alla fonte giurisprudenziale che per sua natura informa ex post. Nell’atmosfera della concorrenza tra ordinamenti nell’attrarre banking & financial operations, il vantaggio assicurato dalla staturification del common law è troppo evidente per non incidere profondamente sull’assetto delle fonti della law of trusts. L’incidenza del diritto fiscale è diventata così importante che c’è bisogno di certezza e questa viene garantita dalla legge, non dalla giurisprudenza. Da qui il fatto che in tutti gli ordinamenti, per poter attrarre nel loro territorio la gestione della ricchezza, si sono dati da fare per garantire una calcolabilità. E questo è un aspetto fondamentale dell’attuale law of trust.
23-mag-2023
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Descrizione: Tesi di dottorato ELENA NAPOLITANO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/483685
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