Il contributo esamina la tutela dei lavoratori assunti con forme di impiego flessibile nel comparto pubblico e analizza i meccanismi sanzionatori che presidiano le forme di abuso. Sono noti i problemi giuridici collegati alla configurazione di un sistema rimediale idoneo a rimuovere definitivamente le conseguenze dell’illecito subìto dai lavoratori pubblici precari, specie per quanto attiene all’istituto del contratto di lavoro a tempo determinato. I diversi e alternativi percorsi interpretativi enucleati in sede giurisprudenziale derivano dalla generale previsione indicata dal legislatore relativa al divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, senza la precisa individuazione della natura e della tipologia di sanzione. Un dato normativo, tuttavia, appare certo ed è rintracciabile nella formulazione che prevede che «il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative» (art. 36, comma 5, d. lgs. n. 165/2001). In proposito, le Sezioni unite della Suprema Corte e la Corte di Giustizia sono state chiamate ad elaborare un parametro risarcitorio e hanno optato per una misura indennitaria (secondo i canoni forniti dall’art. 32, commi 5 e 7, l. n. 183/2010, oggi art. 28, comma 2, d.lgs. n. 81/2015), dichiaratamente non equivalente a quella applicata nel lavoro privato, in cui è prevista la conversione a tempo indeterminato.

La via giurisprudenziale europea per la tutela risarcitoria dei precari pubblici

SIOTTO Federico
2018-01-01

Abstract

Il contributo esamina la tutela dei lavoratori assunti con forme di impiego flessibile nel comparto pubblico e analizza i meccanismi sanzionatori che presidiano le forme di abuso. Sono noti i problemi giuridici collegati alla configurazione di un sistema rimediale idoneo a rimuovere definitivamente le conseguenze dell’illecito subìto dai lavoratori pubblici precari, specie per quanto attiene all’istituto del contratto di lavoro a tempo determinato. I diversi e alternativi percorsi interpretativi enucleati in sede giurisprudenziale derivano dalla generale previsione indicata dal legislatore relativa al divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, senza la precisa individuazione della natura e della tipologia di sanzione. Un dato normativo, tuttavia, appare certo ed è rintracciabile nella formulazione che prevede che «il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative» (art. 36, comma 5, d. lgs. n. 165/2001). In proposito, le Sezioni unite della Suprema Corte e la Corte di Giustizia sono state chiamate ad elaborare un parametro risarcitorio e hanno optato per una misura indennitaria (secondo i canoni forniti dall’art. 32, commi 5 e 7, l. n. 183/2010, oggi art. 28, comma 2, d.lgs. n. 81/2015), dichiaratamente non equivalente a quella applicata nel lavoro privato, in cui è prevista la conversione a tempo indeterminato.
2018
262
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