In materia di lavoro pubblico, la disciplina dell’incompatibilità prevista dagli art. 60 ss. d.p.r. n. 3/1957, applicabile a tutti i dipendenti pubblici, prevede che l’impiegato che si trovi in situazione di incompatibilità sia diffidato a cessare tale condizione e che, decorsi quindici giorni dalla diffida, decada dall’incarico. Ne consegue che soltanto nel caso in cui l’impiegato ottemperi alla diffida, il suo comportamento assume rilievo disciplinare e rientra nelle previsioni di cui all’art. 55 del d.lgs. n. 165/2001, posto che, diversamente, trova applicazione l’istituto della decadenza, che non ha natura sanzionatoria o disciplinare, ma costituisce una diretta conseguenza della perdita di quei requisiti di indipendenza e di totale disponibilità che, se fossero mancati «ab origine», avrebbero precluso la stessa costituzione del rapporto di lavoro. Inoltre, il contributo si sofferma su un particolare principio di «diritto vivente» ovvero il criterio del cumulo – sia pure confinato a crediti litigiosi dedotti in giudizio – riferito ad un’indennità risarcitoria ex art.18 l. n.300/1970, cioè su un debito di valore che la parte pubblica ha nei confronti del lavoratore.

Incompatibilità e decadenza del dipendente pubblico: dietro il licenziamento illegittimo sta «in agguato la dura moneta» del cumulo

SIOTTO Federico
2010-01-01

Abstract

In materia di lavoro pubblico, la disciplina dell’incompatibilità prevista dagli art. 60 ss. d.p.r. n. 3/1957, applicabile a tutti i dipendenti pubblici, prevede che l’impiegato che si trovi in situazione di incompatibilità sia diffidato a cessare tale condizione e che, decorsi quindici giorni dalla diffida, decada dall’incarico. Ne consegue che soltanto nel caso in cui l’impiegato ottemperi alla diffida, il suo comportamento assume rilievo disciplinare e rientra nelle previsioni di cui all’art. 55 del d.lgs. n. 165/2001, posto che, diversamente, trova applicazione l’istituto della decadenza, che non ha natura sanzionatoria o disciplinare, ma costituisce una diretta conseguenza della perdita di quei requisiti di indipendenza e di totale disponibilità che, se fossero mancati «ab origine», avrebbero precluso la stessa costituzione del rapporto di lavoro. Inoltre, il contributo si sofferma su un particolare principio di «diritto vivente» ovvero il criterio del cumulo – sia pure confinato a crediti litigiosi dedotti in giudizio – riferito ad un’indennità risarcitoria ex art.18 l. n.300/1970, cioè su un debito di valore che la parte pubblica ha nei confronti del lavoratore.
2010
265
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