The numerous initiatives of the fourth centenary f Michelangelo Buonarroti's death saw a large number of Italian scholars participating, with brilliant results on a critical level and almost intangible ones on a historiographical level. In an obsessive desire to bring it up to date, Buonarroti's architecture was uprooted from its historical context and reduced to a set of formal modes charged with prophetic values of contemporaneity. At the same time, Italian historians and critics ― despite belonging to different schools of thought ― sought to affirm the autonomy of Buonarroti's architecture Buonarroti's architecture in order to remove it from the prejudices that wanted it to be a subform of sculptural work; a laudable intention, but one that resulted in Schmarsow's Raumgestaltung being added to Wölfflin's optical-tactile categories: Michelangelo's architecture thus remained a purely visual art. It remains to be discussed what meaning should be attributed to architecture in the context of Buonarroti's expression, which can be summarised in a question that is simple to formulate but difficult to answer: was Michelangelo ever a true architect, or is his architecture that spatialised sculpture, of anatomical origin, which 20th-century critics have celebrated? This question remains surprisingly open, despite considerable philological progress.

Le numerose iniziative del quarto centenario della morte di Michelangelo Buonarroti videro un ampio concorso di studiosi italiani, con esiti brillanti sul piano critico e quasi impalpabili su quello storiografico. Nell’ossessiva volontà di attualizzala, l’architettura buonarrotiana venne estirpata dal suo vivo contesto storico e ridotta a un insieme di modi formali caricati di valori profetici della contemporaneità. Al contempo, storici e critici italiani ― pur appartenenti a indirizzi diversi ― cercarono di affermare l’autonomia dell’architettura buonarrotiana per sottrarla ai pregiudizi che la volevano una sottoforma dell’opera scultorea; intento lodevole, ma che si risolse nell’affiancare alle categorie ottico-tattili wölffliniane la Raumgestaltung di Schmarsow: l’architettura di Michelangelo restava dunque una pura arte visiva. Resta da discutere il senso da attribuire all’architettura nel quadro dell’espressione buonarrotiana, riassumibile in un quesito semplice da formulare ma di ardua risposta: Michelangelo è mai stato un vero architetto, opporre la sua architettura è quella scultura spazializzata, di matrice anatomica, che la critica novecentesca ha celebrato? Quesito che rimane sorprendentemente aperto, a dispetto dei notevoli progressi filologici.

Architetto o scultore? Le celebrazioni del 1964 e il dibattito sull’architettura di Michelangelo

bellini
2025-01-01

Abstract

The numerous initiatives of the fourth centenary f Michelangelo Buonarroti's death saw a large number of Italian scholars participating, with brilliant results on a critical level and almost intangible ones on a historiographical level. In an obsessive desire to bring it up to date, Buonarroti's architecture was uprooted from its historical context and reduced to a set of formal modes charged with prophetic values of contemporaneity. At the same time, Italian historians and critics ― despite belonging to different schools of thought ― sought to affirm the autonomy of Buonarroti's architecture Buonarroti's architecture in order to remove it from the prejudices that wanted it to be a subform of sculptural work; a laudable intention, but one that resulted in Schmarsow's Raumgestaltung being added to Wölfflin's optical-tactile categories: Michelangelo's architecture thus remained a purely visual art. It remains to be discussed what meaning should be attributed to architecture in the context of Buonarroti's expression, which can be summarised in a question that is simple to formulate but difficult to answer: was Michelangelo ever a true architect, or is his architecture that spatialised sculpture, of anatomical origin, which 20th-century critics have celebrated? This question remains surprisingly open, despite considerable philological progress.
2025
Le numerose iniziative del quarto centenario della morte di Michelangelo Buonarroti videro un ampio concorso di studiosi italiani, con esiti brillanti sul piano critico e quasi impalpabili su quello storiografico. Nell’ossessiva volontà di attualizzala, l’architettura buonarrotiana venne estirpata dal suo vivo contesto storico e ridotta a un insieme di modi formali caricati di valori profetici della contemporaneità. Al contempo, storici e critici italiani ― pur appartenenti a indirizzi diversi ― cercarono di affermare l’autonomia dell’architettura buonarrotiana per sottrarla ai pregiudizi che la volevano una sottoforma dell’opera scultorea; intento lodevole, ma che si risolse nell’affiancare alle categorie ottico-tattili wölffliniane la Raumgestaltung di Schmarsow: l’architettura di Michelangelo restava dunque una pura arte visiva. Resta da discutere il senso da attribuire all’architettura nel quadro dell’espressione buonarrotiana, riassumibile in un quesito semplice da formulare ma di ardua risposta: Michelangelo è mai stato un vero architetto, opporre la sua architettura è quella scultura spazializzata, di matrice anatomica, che la critica novecentesca ha celebrato? Quesito che rimane sorprendentemente aperto, a dispetto dei notevoli progressi filologici.
Michelangelo Buonarroti architetto; Bruno Zevi; Paolo Portoghesi;
262
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