Per introdurre questa intervista ho cercato una foto del primo giorno di attività didattica della facoltà di Architettura di Ascoli Piceno. Un lunedì di ottobre del 1993 in cui, insieme ad altri 80 compagni d’avventura cominciavo un percorso di studi che mi avrebbe condotto qui, ad intervistare il mio professore, il professore che trovai in aula quel primo giorno. Quella foto non l’ho trovata, e allora l’ho immaginata: Professore universitario con trench e sigaretta insegna come si disegna l’architettura. I suoi studenti lo ascoltano attentamente in aula. Questo è il prompt, necessariamente stringato, che ho suggerito ad uno dei tanti motori grafici di intelligenza artificiale che ad oggi si trovano in rete. L’immagine risultante è sintetica in molti modi. Perché riassume il ricordo impreciso che ho di quella giornata, evocandone l’atmosfera e sfocandone i bordi, e perché è di sintesi, secondo una definizione forse superata, ovvero generata artificialmente da un sistema complesso di regole di autoapprendimento (Machine Learning), e che per questo sintetizza, proprio come fa un qualunque disegno, un percorso proprio di conoscenza. Lo strumento utilizzato per generare tale immagine è uno di quelli con cui ci avrebbe sicuramente invitato a sperimentare con serendipità. Uno strumento da avere a disposizione nella propria personale ‘officina della forma’. Un’officina che Franco Cervellini non ha mai avuto paura di aggiornare, cambiandone i dispositivi e le modalità d’uso, in un periodo, a cavallo degli anni duemila, cruciale per avviare la didattica del disegno e della rappresentazione ad un viaggio che l’avrebbe condotta ad un radicale ed irreversibile rinnovamento.

Franco Cervellini

daniele rossi
2022-01-01

Abstract

Per introdurre questa intervista ho cercato una foto del primo giorno di attività didattica della facoltà di Architettura di Ascoli Piceno. Un lunedì di ottobre del 1993 in cui, insieme ad altri 80 compagni d’avventura cominciavo un percorso di studi che mi avrebbe condotto qui, ad intervistare il mio professore, il professore che trovai in aula quel primo giorno. Quella foto non l’ho trovata, e allora l’ho immaginata: Professore universitario con trench e sigaretta insegna come si disegna l’architettura. I suoi studenti lo ascoltano attentamente in aula. Questo è il prompt, necessariamente stringato, che ho suggerito ad uno dei tanti motori grafici di intelligenza artificiale che ad oggi si trovano in rete. L’immagine risultante è sintetica in molti modi. Perché riassume il ricordo impreciso che ho di quella giornata, evocandone l’atmosfera e sfocandone i bordi, e perché è di sintesi, secondo una definizione forse superata, ovvero generata artificialmente da un sistema complesso di regole di autoapprendimento (Machine Learning), e che per questo sintetizza, proprio come fa un qualunque disegno, un percorso proprio di conoscenza. Lo strumento utilizzato per generare tale immagine è uno di quelli con cui ci avrebbe sicuramente invitato a sperimentare con serendipità. Uno strumento da avere a disposizione nella propria personale ‘officina della forma’. Un’officina che Franco Cervellini non ha mai avuto paura di aggiornare, cambiandone i dispositivi e le modalità d’uso, in un periodo, a cavallo degli anni duemila, cruciale per avviare la didattica del disegno e della rappresentazione ad un viaggio che l’avrebbe condotta ad un radicale ed irreversibile rinnovamento.
2022
262
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