I monumenti, come implicito nell’etimologia della parola stessa, sono ricordi, testimonianze, alcuni nati involontariamente e riconosciuti come tali dal tempo che gli ha conferito tale ruolo, altri chiaramente pensati, progettati e realizzati come un “manifesto di pietra” che intende comunicare un programma politico, sociale e religioso. Essi rappresentano, di fatto, l’espressione di una civiltà e di un determinato momento storico. Di contro, la loro distruzione si pone e impone come distruzione della memoria collettiva, nel quale un popolo s’indentifica. La guerra, ed i conflitti armati più in generale, nella folle lucidità che persevera l’obiettivo della devastazione e dell’annientamento, talvolta distrugge tutto ciò su cui passa e talaltra, in maniera mirata, proprio monumenti e costruzioni storiche. La memoria ancora una volta è legata alla comunicazione. Nel tempo anche se si evolvono i mezzi di distruzione, sempre più sofisticati, non cambiano tuttavia gli obiettivi e rileggendo le pagine di un giornale negli anni della Seconda Guerra mondiale (l’Osservatore Romano), e la documentazione offerta dalle testate giornalistiche di oggi ed anche dalla documentazione on line, si scorgono le stesse atrocità, anche se in queste ultime cambia la velocità di informazione, la dovizia di particolari e d’immagini che viaggiano in tempo reale. La ricerca intende indagare il ruolo svolto dai mass media, nel raccontare e documentare le devastazioni degli edifici storico-monumentali, da considerarsi reali crimini di guerra come sancito dal protocollo dell’Aia del 1954, evidenziando come tali mezzi di comunicazione siano cambiati nel tempo e ribadendone l’importanza, anche ai fini della conservazione e del restauro.

La guerra ieri e oggi. La documentazione delle distruzioni e dei danni sugli edifici storico-monumentali attraverso il racconto e la testimonianza dei mass media

maria giovanna putzu
Primo
;
2022-01-01

Abstract

I monumenti, come implicito nell’etimologia della parola stessa, sono ricordi, testimonianze, alcuni nati involontariamente e riconosciuti come tali dal tempo che gli ha conferito tale ruolo, altri chiaramente pensati, progettati e realizzati come un “manifesto di pietra” che intende comunicare un programma politico, sociale e religioso. Essi rappresentano, di fatto, l’espressione di una civiltà e di un determinato momento storico. Di contro, la loro distruzione si pone e impone come distruzione della memoria collettiva, nel quale un popolo s’indentifica. La guerra, ed i conflitti armati più in generale, nella folle lucidità che persevera l’obiettivo della devastazione e dell’annientamento, talvolta distrugge tutto ciò su cui passa e talaltra, in maniera mirata, proprio monumenti e costruzioni storiche. La memoria ancora una volta è legata alla comunicazione. Nel tempo anche se si evolvono i mezzi di distruzione, sempre più sofisticati, non cambiano tuttavia gli obiettivi e rileggendo le pagine di un giornale negli anni della Seconda Guerra mondiale (l’Osservatore Romano), e la documentazione offerta dalle testate giornalistiche di oggi ed anche dalla documentazione on line, si scorgono le stesse atrocità, anche se in queste ultime cambia la velocità di informazione, la dovizia di particolari e d’immagini che viaggiano in tempo reale. La ricerca intende indagare il ruolo svolto dai mass media, nel raccontare e documentare le devastazioni degli edifici storico-monumentali, da considerarsi reali crimini di guerra come sancito dal protocollo dell’Aia del 1954, evidenziando come tali mezzi di comunicazione siano cambiati nel tempo e ribadendone l’importanza, anche ai fini della conservazione e del restauro.
2022
978-972-752-296-5
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