Il workshop riguarda riguarda una tematica particolarmente attuale che s’interroga sullo stato degli edifici di culto e sul loro futuro. Non si posseggono dati certi sul numero di chiese chiuse, o vendute e riutilizzate nei modi più disparati perché non è stata ancora compiuta un’indagine sistematica, tuttavia il fenomeno è sempre più evidente. I ragionamenti che possono essere sviluppati riguardano, da un lato la consistenza del fenomeno e dall’altro quali ipotesi possono essere messe in campo per evitare la dismissione e dare nuova vita alle chiese abbandonate. E’ evidente come la questione sia connessa e possa essere affrontata secondo una visione multipla che consideri vari aspetti quelli simbolici, i valori paesaggistici e architettonci, gli aspetti normativi relativi alle possibili prospettive di riutilizzo dei numerosi luoghi di culto dismessi o meno in Italia e in Europa. Purtroppo molto spesso, ci dice Tomaso Montanari nel suo libro dedicato alla “Chiese chiuse” non sappiamo cosa farcene di tutto questo ben di Dio che poi è anche un bene pubblico, un bene di comunità. Continua affermando che le antiche chiese ci chiedono di cambiare i nostri pensieri in quanto con il loro silenzio secolare offrono una pausa al nostro caos. Con la gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura della diversità. Con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro egoismo…Possiamo decidere che anche questi luoghi speciali che arrivano dal passato debbano chinare il capo di fronte all’omologazione del pensiero unico del nostro tempo. Possiamo invece con le nostre capacità inventive che si traducono in segno progettuale, decidere di farli vivere ancora.

Definizioni di patrimonio. L'arcipelago delle chiese chiuse e lo spazio del progetto. Incontro con Sara Marini

Enrica Petrucci
;
Sara Cipolletti
2022-01-01

Abstract

Il workshop riguarda riguarda una tematica particolarmente attuale che s’interroga sullo stato degli edifici di culto e sul loro futuro. Non si posseggono dati certi sul numero di chiese chiuse, o vendute e riutilizzate nei modi più disparati perché non è stata ancora compiuta un’indagine sistematica, tuttavia il fenomeno è sempre più evidente. I ragionamenti che possono essere sviluppati riguardano, da un lato la consistenza del fenomeno e dall’altro quali ipotesi possono essere messe in campo per evitare la dismissione e dare nuova vita alle chiese abbandonate. E’ evidente come la questione sia connessa e possa essere affrontata secondo una visione multipla che consideri vari aspetti quelli simbolici, i valori paesaggistici e architettonci, gli aspetti normativi relativi alle possibili prospettive di riutilizzo dei numerosi luoghi di culto dismessi o meno in Italia e in Europa. Purtroppo molto spesso, ci dice Tomaso Montanari nel suo libro dedicato alla “Chiese chiuse” non sappiamo cosa farcene di tutto questo ben di Dio che poi è anche un bene pubblico, un bene di comunità. Continua affermando che le antiche chiese ci chiedono di cambiare i nostri pensieri in quanto con il loro silenzio secolare offrono una pausa al nostro caos. Con la gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura della diversità. Con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro egoismo…Possiamo decidere che anche questi luoghi speciali che arrivano dal passato debbano chinare il capo di fronte all’omologazione del pensiero unico del nostro tempo. Possiamo invece con le nostre capacità inventive che si traducono in segno progettuale, decidere di farli vivere ancora.
2022
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