Affrontare il tema delle prerogative formali e semantiche di un oggetto di industrial design, equivale a ripercorrere buona parte della storia del prodotto industriale contemporaneo, ovvero, di quanto il bisogno economico di una sua affermazione a supporto del sistema produttivo della società industrializzata, ha inciso sulla definizione della sua immagine e delle consuetudini progettuali applicate alla sua diffusione. Il passaggio da mondo artigianale a quello industriale è indicato come integrazione delle idee di Max Weber con quelle di Carlo Marx (Lux, 1973), “Poiché uno indica la radice ideologica-religiosa che spiega come invenzioni scientifiche e tecniche vengono ad un certo punto applicate a larga scala, mentre l’altro amplia la prospettiva tecnologica inquadrandola in un preciso contesto socio-economico”. Dalla prima fase di meccanizzazione dei processi, quella descritta da Siegfried Giedom nel suo celeberrimo libro “Mechanization Takes Command” in cui si analizza la meccanizzazione nella sua relazione con l’uomo e gli ambienti in cui vive e lavora, si apre una intensa discussione sulla necessità di omologare il prodotto e desettorializzare o globalizzare i mercati. Il made in, o il made by, aspetti prioritari della brandizzazione, sono elementi connotativi che hanno determinato in ogni epoca, una diversa relazione tra prodotto, mercato e consumatore. La crisi della globalizzazione, il mercato virtuale, l’umanità aumentata e l’individualismo di massa (Baricco, 2018), hanno inciso profondamente non solo sui mezzi di commercializzazione ma anche sui parametri e conoscenze che un designer deve necessariamente sviluppare per gestire l’intero e complesso processo generante i prodotti del terzo millennio. La modernità ha generato una prassi progettuale in cui a “meno dettagli”, è corrisposta l’ibridazione delle conoscenze e compe- tenze progettuali e la trasformazione continua del mercato.
Fare progetti, costruire mercati
Carlo, Vannicola
2018-01-01
Abstract
Affrontare il tema delle prerogative formali e semantiche di un oggetto di industrial design, equivale a ripercorrere buona parte della storia del prodotto industriale contemporaneo, ovvero, di quanto il bisogno economico di una sua affermazione a supporto del sistema produttivo della società industrializzata, ha inciso sulla definizione della sua immagine e delle consuetudini progettuali applicate alla sua diffusione. Il passaggio da mondo artigianale a quello industriale è indicato come integrazione delle idee di Max Weber con quelle di Carlo Marx (Lux, 1973), “Poiché uno indica la radice ideologica-religiosa che spiega come invenzioni scientifiche e tecniche vengono ad un certo punto applicate a larga scala, mentre l’altro amplia la prospettiva tecnologica inquadrandola in un preciso contesto socio-economico”. Dalla prima fase di meccanizzazione dei processi, quella descritta da Siegfried Giedom nel suo celeberrimo libro “Mechanization Takes Command” in cui si analizza la meccanizzazione nella sua relazione con l’uomo e gli ambienti in cui vive e lavora, si apre una intensa discussione sulla necessità di omologare il prodotto e desettorializzare o globalizzare i mercati. Il made in, o il made by, aspetti prioritari della brandizzazione, sono elementi connotativi che hanno determinato in ogni epoca, una diversa relazione tra prodotto, mercato e consumatore. La crisi della globalizzazione, il mercato virtuale, l’umanità aumentata e l’individualismo di massa (Baricco, 2018), hanno inciso profondamente non solo sui mezzi di commercializzazione ma anche sui parametri e conoscenze che un designer deve necessariamente sviluppare per gestire l’intero e complesso processo generante i prodotti del terzo millennio. La modernità ha generato una prassi progettuale in cui a “meno dettagli”, è corrisposta l’ibridazione delle conoscenze e compe- tenze progettuali e la trasformazione continua del mercato.File | Dimensione | Formato | |
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