Il 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito l’Italia centrale, con epicentro situato ai confini tra le regioni Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria, nei pressi dell’abitato di Accumoli (Rieti, Lazio). A seguire, il 26 ottobre e successivamente il 30 ottobre 2016 e il 18 gennaio 2017 si sono verificati altri quattro importanti eventi sismici, rispettivamente pari a 5.7M, 5.9M, 6.5M e 5.7M, che hanno ampliato l’area interessata dalla sequenza sismica, che corrisponde a circa 6000km2 (fig.1). Subito dopo l’evento principale, sono state avviate, da parte di numerosi ricercatori, verifiche sugli effetti ambientali del terremoto legati alla riattivazione tettonica della frattura attiva precedentemente mappata (ossia primaria), nonché sugli effetti secondari legati alla scossa principale (ad es. frane, fratture al suolo, variazioni delle caratteristiche idrogeologiche delle sorgenti, sinkhole, ecc.). I dati geologici relativi agli effetti di superficie rilevati subito dopo gli eventi sismici, così come i numerosi dati geofisici disponibili (dati accelerometrici, interferometria radar e GPS) hanno permesso di attribuire la genesi degli eventi sismici del 2016 al sistema di faglie del Monte Vettore-Monte Bove (Tondi et al., 2018), costituito da diversi segmenti di faglie normali e/o transtensive, che si estende per circa 30 chilometri in direzione NO-SE. Sulla base degli studi geologici pregressi, è possibile affermare che nell’area interessata dalla crisi sismica del 2016 erano disponibili tutte le informazioni necessarie per una corretta valutazione della pericolosità sismica, sia per quanto riguarda la mappatura delle faglie attive in superficie (Pierantoni et al., 2013), sia per l’interpretazione delle faglie attive superficiali in chiave sismogenica, con una magnitudo massima attesa per il sistema di faglie del Monte Vettore-Monte Bove compresa tra 6,5 e 6,7 (Tondi & Cello, 2003) sia per il periodo di ritorno di circa 350 anni per gli eventi sismici più forti generati dall’intero sistema di faglie attive dell’Italia centrale.

La sequenza sismica 2016-2018 nel centro-Italia: effetti geomorfologici e variazioni idrologiche ed idrogeologiche nell'area epicentrale appenninica

DOMENICO ARINGOLI;MARGHERITA BUFALINI;PIERO FARABOLLINI;EMY FUFFA;MARCO MATERAZZI;GILBERTO PAMBIANCHI;PIETRO PAOLO PIERANTONI;
2018-01-01

Abstract

Il 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito l’Italia centrale, con epicentro situato ai confini tra le regioni Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria, nei pressi dell’abitato di Accumoli (Rieti, Lazio). A seguire, il 26 ottobre e successivamente il 30 ottobre 2016 e il 18 gennaio 2017 si sono verificati altri quattro importanti eventi sismici, rispettivamente pari a 5.7M, 5.9M, 6.5M e 5.7M, che hanno ampliato l’area interessata dalla sequenza sismica, che corrisponde a circa 6000km2 (fig.1). Subito dopo l’evento principale, sono state avviate, da parte di numerosi ricercatori, verifiche sugli effetti ambientali del terremoto legati alla riattivazione tettonica della frattura attiva precedentemente mappata (ossia primaria), nonché sugli effetti secondari legati alla scossa principale (ad es. frane, fratture al suolo, variazioni delle caratteristiche idrogeologiche delle sorgenti, sinkhole, ecc.). I dati geologici relativi agli effetti di superficie rilevati subito dopo gli eventi sismici, così come i numerosi dati geofisici disponibili (dati accelerometrici, interferometria radar e GPS) hanno permesso di attribuire la genesi degli eventi sismici del 2016 al sistema di faglie del Monte Vettore-Monte Bove (Tondi et al., 2018), costituito da diversi segmenti di faglie normali e/o transtensive, che si estende per circa 30 chilometri in direzione NO-SE. Sulla base degli studi geologici pregressi, è possibile affermare che nell’area interessata dalla crisi sismica del 2016 erano disponibili tutte le informazioni necessarie per una corretta valutazione della pericolosità sismica, sia per quanto riguarda la mappatura delle faglie attive in superficie (Pierantoni et al., 2013), sia per l’interpretazione delle faglie attive superficiali in chiave sismogenica, con una magnitudo massima attesa per il sistema di faglie del Monte Vettore-Monte Bove compresa tra 6,5 e 6,7 (Tondi & Cello, 2003) sia per il periodo di ritorno di circa 350 anni per gli eventi sismici più forti generati dall’intero sistema di faglie attive dell’Italia centrale.
2018
262
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