Lo studio sull’art. 3, comma 2, Cost. si è incentrato sul dibattito che portò alla redazione dell’attuale testo dell’art. 3, comma 2, Cost. nelle varie fasi in cui esso si sviluppò (sottocommissioni, commissione dei 75, assemblea), mettendo in luce i passaggi più significativi, le proposte alternative fatte dalle varie parti politiche e qualche breve considerazione sui possibili scenari che si sarebbero aperti se la norma fosse stata un’altra, tentando di valutare tutte le posizioni espresse. Questa disposizione fu definita il capolavoro istituzionale di Lelio Basso: norma chiave che dava forza alle celebri interpretazioni di «Costituzione materiale» fornita da Costantino Mortati, prima, e di «Stato pluriclasse» disegnato da Massimo Severo Giannini, in seguito. Basso aveva provato ad immaginare una Repubblica diversa, dove lavoro ed eguaglianza camminassero insieme sotto il vessillo della partecipazione. La combinazione innovativa proposta nella medesima cornice dell’art. 1 avrebbe dato all’impianto costituzionale un’impronta marcatamente laburista di contrasto alle diseguaglianze di fatto. Questo era il peccato originale dell’idea e, forse, la stessa ragione del parziale stravolgimento che subì nel corso dei lavori. Il tentativo giuridico di legare a doppio filo lavoro ed eguaglianza era fallito ma rimaneva efficacemente incastonata nell’art. 3, comma 2, una nobile aspirazione per i lavoratori: «il desiderio di essere come tutti» partecipando alla vita politica, sociale ed economica del Paese. Il mondo del lavoro aveva accolto questa istanza di giustizia sostanziale che, nel tempo, avrebbe assunto i caratteri di un «diritto diseguale», cioè di uno strumento capace di trattare in modo diversificato situazioni socio-economicamente squilibrate e di mitigare se non di eliminare tale condizione. Lo scritto mostra come i costituenti, sin dall’inizio della loro attività, si fossero misurati con il cosiddetto «paradosso dell’eguaglianza». Vi era sempre stata una netta distinzione tra l’eguaglianza e il diritto all’eguaglianza: la prima non esisteva (forse per fortuna) perché ciascuno doveva intraprendere il proprio cammino lavorativo e arrivare dove poteva, sapeva e voleva. Altra cosa era invece la parità delle condizioni di partenza. Proprio questa idea era stata posta alla base dello nuovo spirito costituente per difendere l’innegabile diversità tra le persone ed evitare che potesse divenire pretesto per discriminazioni e soprusi dei forti nei confronti dei deboli.

L’effettiva partecipazione dei lavoratori alla vita del Paese: «il desiderio di essere come tutti»

SIOTTO Federico
2014-01-01

Abstract

Lo studio sull’art. 3, comma 2, Cost. si è incentrato sul dibattito che portò alla redazione dell’attuale testo dell’art. 3, comma 2, Cost. nelle varie fasi in cui esso si sviluppò (sottocommissioni, commissione dei 75, assemblea), mettendo in luce i passaggi più significativi, le proposte alternative fatte dalle varie parti politiche e qualche breve considerazione sui possibili scenari che si sarebbero aperti se la norma fosse stata un’altra, tentando di valutare tutte le posizioni espresse. Questa disposizione fu definita il capolavoro istituzionale di Lelio Basso: norma chiave che dava forza alle celebri interpretazioni di «Costituzione materiale» fornita da Costantino Mortati, prima, e di «Stato pluriclasse» disegnato da Massimo Severo Giannini, in seguito. Basso aveva provato ad immaginare una Repubblica diversa, dove lavoro ed eguaglianza camminassero insieme sotto il vessillo della partecipazione. La combinazione innovativa proposta nella medesima cornice dell’art. 1 avrebbe dato all’impianto costituzionale un’impronta marcatamente laburista di contrasto alle diseguaglianze di fatto. Questo era il peccato originale dell’idea e, forse, la stessa ragione del parziale stravolgimento che subì nel corso dei lavori. Il tentativo giuridico di legare a doppio filo lavoro ed eguaglianza era fallito ma rimaneva efficacemente incastonata nell’art. 3, comma 2, una nobile aspirazione per i lavoratori: «il desiderio di essere come tutti» partecipando alla vita politica, sociale ed economica del Paese. Il mondo del lavoro aveva accolto questa istanza di giustizia sostanziale che, nel tempo, avrebbe assunto i caratteri di un «diritto diseguale», cioè di uno strumento capace di trattare in modo diversificato situazioni socio-economicamente squilibrate e di mitigare se non di eliminare tale condizione. Lo scritto mostra come i costituenti, sin dall’inizio della loro attività, si fossero misurati con il cosiddetto «paradosso dell’eguaglianza». Vi era sempre stata una netta distinzione tra l’eguaglianza e il diritto all’eguaglianza: la prima non esisteva (forse per fortuna) perché ciascuno doveva intraprendere il proprio cammino lavorativo e arrivare dove poteva, sapeva e voleva. Altra cosa era invece la parità delle condizioni di partenza. Proprio questa idea era stata posta alla base dello nuovo spirito costituente per difendere l’innegabile diversità tra le persone ed evitare che potesse divenire pretesto per discriminazioni e soprusi dei forti nei confronti dei deboli.
2014
9788823019386
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