Pubblicato da Fritz-Eugen Keller nel 1976, il foglio 22v del Ms. XII.D.74 della Biblioteca Nazionale di Napoli è divenuto celebre nella letteratura buonarrotiana in cui è chiamato per antonomasia il “disegno di Napoli”1. Preziosa e controversa testimonianza di un delicato stadio ideativo della basilica di San Pietro, il foglio è stato per decenni riferito alla revisione nel 1564-1565 della cupola michelangiolesca, la «sì bella e terribil machina» di cui parla Vasari nell’edizione giuntina2. Il disegno sarebbe dunque un esito della postuma vendetta della setta sangallesca su Michelangelo, vittima della congiura della mediocrità e dell’interesse materiale sul genio profetico, epitome del fatale e ciclico soccombere dello spirito progressivo nella storia. Forse non è così. Si potrebbe già obiettare che le critiche alla cupola buonarrotiana non derivavano da pregiudiziale incomprensione, ma al contrario dall’avere giudiziosamente compreso il suo decit statico-costruttivo, questione che sarà risolta da Giacomo Della Porta nel 1589-1590 con magistero e audacia3. A quel frangente il disegno di Napoli è però estraneo. Le sue forme non corrispondono ad alcuno dei pareri del 1564-1565, mentre la ricchezza di dettaglio con cui è restituito (e quotato) il corpo inferiore sarebbe stata superua al dibattito sulla cupola; ma, soprattutto, la basilica è ragurata come la si poteva immaginare tra il 1557 e non oltre il 1561, con Michelangelo ancora vivo.

Il disegno di Napoli

bellini
2020-01-01

Abstract

Pubblicato da Fritz-Eugen Keller nel 1976, il foglio 22v del Ms. XII.D.74 della Biblioteca Nazionale di Napoli è divenuto celebre nella letteratura buonarrotiana in cui è chiamato per antonomasia il “disegno di Napoli”1. Preziosa e controversa testimonianza di un delicato stadio ideativo della basilica di San Pietro, il foglio è stato per decenni riferito alla revisione nel 1564-1565 della cupola michelangiolesca, la «sì bella e terribil machina» di cui parla Vasari nell’edizione giuntina2. Il disegno sarebbe dunque un esito della postuma vendetta della setta sangallesca su Michelangelo, vittima della congiura della mediocrità e dell’interesse materiale sul genio profetico, epitome del fatale e ciclico soccombere dello spirito progressivo nella storia. Forse non è così. Si potrebbe già obiettare che le critiche alla cupola buonarrotiana non derivavano da pregiudiziale incomprensione, ma al contrario dall’avere giudiziosamente compreso il suo decit statico-costruttivo, questione che sarà risolta da Giacomo Della Porta nel 1589-1590 con magistero e audacia3. A quel frangente il disegno di Napoli è però estraneo. Le sue forme non corrispondono ad alcuno dei pareri del 1564-1565, mentre la ricchezza di dettaglio con cui è restituito (e quotato) il corpo inferiore sarebbe stata superua al dibattito sulla cupola; ma, soprattutto, la basilica è ragurata come la si poteva immaginare tra il 1557 e non oltre il 1561, con Michelangelo ancora vivo.
2020
978-88-99930-05-9
268
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