“Colour is hard for the weak. To make colour, you need blood in your veins and in your brain,” wrote Giò Ponti in 1952, in the opening words of Tutto il mondo deve essere coloratissimo published in the magazine Pirelli. And indeed, the use of the emotional nature of colour in art and design has required the courage to overcome a certain degree of chromophobia (Batchelor, 2001). In the modernist conception, the chromatic dimension appears subordinate to form and structure, an approach criticized on a number of occasions in the 1950s by Ettore Sottsass Jr (1954, 1956). In art, as Carlos Cruz-Diez (1993) writes, due to its changeable nature, colour is employed “and absorbed in one single way: first form, then colour” (p. 2). However, in the late 1960s, the dematerialization of colour in art through additive synthesis appeared to influence a part of design culture that, interested in reacting to certain historical prejudices on colour, determined a new way of understanding the chromatic dimension and transformed intangible factors into parameters for building the quality of space. In this framework, this paper proposes reinterpreting these artistic influences in the culture of design to cast light on how the immaterial nature of the chromatic dimension today becomes a ground for dialogue and collaboration among artists and designers engaged in enhancing the natural and artificial environment, precisely by using those values linked to the emotional nature of colour.

«Il colore è difficile per i deboli. Per far del colore occorre aver del sangue nelle vene e nel cervello» scrive Giò Ponti nel 1952 nell’incipit di Tutto il mondo deve essere coloratissimo pubblicato nella rivista Pirelli. In effetti l’impiego della natura emozionale del colore nell’arte e nel design ha richiesto il coraggio di superare una certa cromofobia (Batchelor, 2001). Nella concezione modernista la dimensione cromatica appare subordinata alla forma e alla struttura, un approccio più volte criticato negli anni ’50 da Ettore Sottsass jr. (1954, 1956). Nell’arte, come afferma Carlos Cruz-Diez (1993), a causa della sua natura mutevole, il colore è impiegato «e recepito in un solo modo: prima la forma e poi il colore» (p. 2). Tuttavia alla fine degli anni ’60 nell’arte la dematerializzazione del colore attraverso la sintesi additiva appare influenzare una parte della cultura di progetto, che, interessata a reagire ad alcuni pregiudizi storici sul colore, determina un nuovo modo d’intendere la dimensione cromatica e trasforma fattori intangibili in parametri per costruire la qualità dello spazio. In questo quadro il contributo si propone di rileggere tali influenze artistiche nella cultura del design per mettere in evidenza come l’immaterialità della dimensione cromatica si configuri oggi un terreno di confronto e collaborazione tra artisti e designer impegnati nella valorizzazione dell’ambiente naturale e artificiale, proprio attraverso l’impiego di quei valori legati alla natura emozionale del colore.

Dematerializzazioni cromatiche.Lo sviluppo della cultura del colore tra arte e design

OPPEDISANO
2019-01-01

Abstract

“Colour is hard for the weak. To make colour, you need blood in your veins and in your brain,” wrote Giò Ponti in 1952, in the opening words of Tutto il mondo deve essere coloratissimo published in the magazine Pirelli. And indeed, the use of the emotional nature of colour in art and design has required the courage to overcome a certain degree of chromophobia (Batchelor, 2001). In the modernist conception, the chromatic dimension appears subordinate to form and structure, an approach criticized on a number of occasions in the 1950s by Ettore Sottsass Jr (1954, 1956). In art, as Carlos Cruz-Diez (1993) writes, due to its changeable nature, colour is employed “and absorbed in one single way: first form, then colour” (p. 2). However, in the late 1960s, the dematerialization of colour in art through additive synthesis appeared to influence a part of design culture that, interested in reacting to certain historical prejudices on colour, determined a new way of understanding the chromatic dimension and transformed intangible factors into parameters for building the quality of space. In this framework, this paper proposes reinterpreting these artistic influences in the culture of design to cast light on how the immaterial nature of the chromatic dimension today becomes a ground for dialogue and collaboration among artists and designers engaged in enhancing the natural and artificial environment, precisely by using those values linked to the emotional nature of colour.
2019
«Il colore è difficile per i deboli. Per far del colore occorre aver del sangue nelle vene e nel cervello» scrive Giò Ponti nel 1952 nell’incipit di Tutto il mondo deve essere coloratissimo pubblicato nella rivista Pirelli. In effetti l’impiego della natura emozionale del colore nell’arte e nel design ha richiesto il coraggio di superare una certa cromofobia (Batchelor, 2001). Nella concezione modernista la dimensione cromatica appare subordinata alla forma e alla struttura, un approccio più volte criticato negli anni ’50 da Ettore Sottsass jr. (1954, 1956). Nell’arte, come afferma Carlos Cruz-Diez (1993), a causa della sua natura mutevole, il colore è impiegato «e recepito in un solo modo: prima la forma e poi il colore» (p. 2). Tuttavia alla fine degli anni ’60 nell’arte la dematerializzazione del colore attraverso la sintesi additiva appare influenzare una parte della cultura di progetto, che, interessata a reagire ad alcuni pregiudizi storici sul colore, determina un nuovo modo d’intendere la dimensione cromatica e trasforma fattori intangibili in parametri per costruire la qualità dello spazio. In questo quadro il contributo si propone di rileggere tali influenze artistiche nella cultura del design per mettere in evidenza come l’immaterialità della dimensione cromatica si configuri oggi un terreno di confronto e collaborazione tra artisti e designer impegnati nella valorizzazione dell’ambiente naturale e artificiale, proprio attraverso l’impiego di quei valori legati alla natura emozionale del colore.
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