From a territorialist point of view earthquakes, and more generally the natural risks, are to be under-stood as long-term structural invariants of the territory. This involves a change of paradigm, a sort of conceptual transition from ex post intervention to a culture of prevention and programmed maintenance that operates at multiple levels and with multiple cultural visions: from the creation of a ‘safe society’, where security is not only guaranteed by exogenous and institutional actors but by virtuous mechanisms of endogenous organisation, up to the generation of broad and long-term scenarios, able to take into account social desiderata and normative visions of development (social creativity, real utopias, etc.), together with the unpredictable inevitability of natural events (in this case earthquakes). We should therefore turn towards a real complementarity between contextual and expert knowledge, whether we speak of social self-defence ability from catastrophic risks, whether of con-structive skills, whether finally of activating a scenario building activity, potentially engaging inhabitants and territory in a multigenerational perspective. A perspective clearly identifying a path of neo-centrality of the so-called ‘fragile’ areas, based on the virtuous (re)use of their patrimonial wealth (environmental, cultural, landscape, agro-forestry, etc.) through institutional architectures and practices of self-government of commons

Da una visuale territorialista il terremoto, e più in generale i rischi naturali, vanno intesi come inva-rianti strutturali di lunga durata del territorio. Ciò comporta un cambio di paradigma, un passaggio concettuale dall’intervento ex post ad una cultura della prevenzione e della manutenzione programmata che operi a più livelli e con più visioni culturali, dalla creazione di una ‘società sicura’, dove la sicurezza non è solo garantita da soggetti esogeni e istituzionali ma dai meccanismi virtuosi di organizzazione endogena, sino alla generazione di scenari ampi e a lungo termine che tengano conto dei desiderata sociali e delle visioni normative di sviluppo (creatività sociale, utopie reali, ecc.), e insieme della ineluttabilità del confronto con l’evento naturale (il sisma in questo caso). è necessario quindi volgersi a una complementarità reale tra saperi contestuali ed esperti, sia che si parli di capa-cità di autodifesa sociale dai rischi della catastrofe, sia che si parli di saperi costruttivi, sia infine che si avvii una progettazione di scenario che potenzialmente impegni abitanti e territorio in una prospettiva plurigenerazionale. Una prospettiva che individui chiaramente un percorso di neo-centralità delle aree cosiddette ‘fragili’, basato sul (ri)utilizzo virtuoso delle loro ricchezze patrimoniali (ambientali, culturali, paesaggistiche, agro-forestali, ecc.), tra-mite architetture istituzionali e pratiche di autogoverno dei beni comuni.

Terremoti, distruzione/ricostruzione, tradizione/innovazione e comunità locale

Marco Giovagnoli;
2019-01-01

Abstract

From a territorialist point of view earthquakes, and more generally the natural risks, are to be under-stood as long-term structural invariants of the territory. This involves a change of paradigm, a sort of conceptual transition from ex post intervention to a culture of prevention and programmed maintenance that operates at multiple levels and with multiple cultural visions: from the creation of a ‘safe society’, where security is not only guaranteed by exogenous and institutional actors but by virtuous mechanisms of endogenous organisation, up to the generation of broad and long-term scenarios, able to take into account social desiderata and normative visions of development (social creativity, real utopias, etc.), together with the unpredictable inevitability of natural events (in this case earthquakes). We should therefore turn towards a real complementarity between contextual and expert knowledge, whether we speak of social self-defence ability from catastrophic risks, whether of con-structive skills, whether finally of activating a scenario building activity, potentially engaging inhabitants and territory in a multigenerational perspective. A perspective clearly identifying a path of neo-centrality of the so-called ‘fragile’ areas, based on the virtuous (re)use of their patrimonial wealth (environmental, cultural, landscape, agro-forestry, etc.) through institutional architectures and practices of self-government of commons
2019
Da una visuale territorialista il terremoto, e più in generale i rischi naturali, vanno intesi come inva-rianti strutturali di lunga durata del territorio. Ciò comporta un cambio di paradigma, un passaggio concettuale dall’intervento ex post ad una cultura della prevenzione e della manutenzione programmata che operi a più livelli e con più visioni culturali, dalla creazione di una ‘società sicura’, dove la sicurezza non è solo garantita da soggetti esogeni e istituzionali ma dai meccanismi virtuosi di organizzazione endogena, sino alla generazione di scenari ampi e a lungo termine che tengano conto dei desiderata sociali e delle visioni normative di sviluppo (creatività sociale, utopie reali, ecc.), e insieme della ineluttabilità del confronto con l’evento naturale (il sisma in questo caso). è necessario quindi volgersi a una complementarità reale tra saperi contestuali ed esperti, sia che si parli di capa-cità di autodifesa sociale dai rischi della catastrofe, sia che si parli di saperi costruttivi, sia infine che si avvii una progettazione di scenario che potenzialmente impegni abitanti e territorio in una prospettiva plurigenerazionale. Una prospettiva che individui chiaramente un percorso di neo-centralità delle aree cosiddette ‘fragili’, basato sul (ri)utilizzo virtuoso delle loro ricchezze patrimoniali (ambientali, culturali, paesaggistiche, agro-forestali, ecc.), tra-mite architetture istituzionali e pratiche di autogoverno dei beni comuni.
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