L’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne è affermata sin dal preambolo della Carta delle Nazioni Unite del 1945 ed è ribadita dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, in virtù della quale i diritti in essa consacrati debbano essere riconosciuti «to all human beings». Le donne sono dunque pienamente titolari di siffatti diritti al pari degli individui di sesso maschile. Purtuttavia, successivamente, la comunità internazionale ha adottato strumenti tesi a salvaguardare e a dare adeguata protezione alle peculiarità proprie delle donne. Ciò alla luce soprattutto di due considerazioni. In primo luogo, per far fronte all’esigenza di puntualizzare ulteriormente le specificità dei diritti delle donne la cui formulazione negli atti summenzionati era troppo generica. In secondo luogo, questa prassi normativa è frutto della crescente consapevolezza che l’universalismo ugualitario rappresenta, nel mondo attuale, più un’aspirazione che un orizzonte realmente raggiunto. La necessità del contrasto alla violenza nei confronti delle donne si è tradotta, dapprima, in relazione agli Stati, in una sorta di «crossroad between exortation and duty» e, da ultimo, in veri e propri obblighi internazionali contemplati in strumenti ad hoc volti a stigmatizzarla e sanzionarla. Nel presente contributo, dopo aver illustrato criticamente le principali tappe di questo percorso, tanto a livello internazionale quanto a livello regionale, si sono presi in esame le disposizioni della Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, adottata a Istanbul dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011, entrata in vigore il 1° agosto 2014, sottolineandone sia i punti di forza che le criticità.

Manifestazioni e considerazioni della violenza nei confronti delle donne alla luce della Convenzione di Istanbul

Agostina Latino
2019-01-01

Abstract

L’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne è affermata sin dal preambolo della Carta delle Nazioni Unite del 1945 ed è ribadita dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, in virtù della quale i diritti in essa consacrati debbano essere riconosciuti «to all human beings». Le donne sono dunque pienamente titolari di siffatti diritti al pari degli individui di sesso maschile. Purtuttavia, successivamente, la comunità internazionale ha adottato strumenti tesi a salvaguardare e a dare adeguata protezione alle peculiarità proprie delle donne. Ciò alla luce soprattutto di due considerazioni. In primo luogo, per far fronte all’esigenza di puntualizzare ulteriormente le specificità dei diritti delle donne la cui formulazione negli atti summenzionati era troppo generica. In secondo luogo, questa prassi normativa è frutto della crescente consapevolezza che l’universalismo ugualitario rappresenta, nel mondo attuale, più un’aspirazione che un orizzonte realmente raggiunto. La necessità del contrasto alla violenza nei confronti delle donne si è tradotta, dapprima, in relazione agli Stati, in una sorta di «crossroad between exortation and duty» e, da ultimo, in veri e propri obblighi internazionali contemplati in strumenti ad hoc volti a stigmatizzarla e sanzionarla. Nel presente contributo, dopo aver illustrato criticamente le principali tappe di questo percorso, tanto a livello internazionale quanto a livello regionale, si sono presi in esame le disposizioni della Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, adottata a Istanbul dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011, entrata in vigore il 1° agosto 2014, sottolineandone sia i punti di forza che le criticità.
2019
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