La figura di Gustavo Giovannoni viene analizzata attraverso lo sviluppo del dibattito sulla nuova disciplina urbanistica. Egli pone al centro delle sue riflessioni il cambiamento di scala che la modernità impone all’ambiente costruito. Le complesse tematiche che nascono dall’intreccio fra lo sviluppo urbano e la conservazione della città storica sono affrontate con capacità critica e pragmatismo, attraverso la stesura di un decalogo, proposto nel 1928, che troverà una sua concreta applicazione in molti dei Piani regolatori elaborati in quegli anni. Nel decalogo, vengono prese in considerazione le esigenze di sviluppo urbano, proponendo di risolverle al di fuori della città storica per la quale, invece, sono da privilegiare interventi minimi, attraverso sopraelevazioni, addensamenti e diradamenti, nel rispetto dei tracciati viari e degli isolati, allo scopo di un evidente miglioramento da conseguirsi attraverso una pacifica convivenza tra nuovo e vecchio. Il metodo proposto è quello che si basa sulla redazione di Piani regolatori di sistemazione e di ampliamento delle antiche città. Uno dei temi centrali verte sulla struttura del Piano regolatore, concepito «con larghezza di criteri, cioè tracciato come schema di poche e grandissime arterie maestre aventi ben precise funzioni (simili a canali di una bonifica) di viabilità e di avviamento edilizio, attuato sistematicamente, in modo da determinare la graduale costituzione di un nuovo organismo vivo, e non con piccoli provvedimenti sporadici ed isolati». Viene indicata una gerarchia dei Piani, partendo da quello regionale, cui si coordinano il Piano regolatore generale comunale, il Piano dei quartieri di espansione, il Piano di diradamento e valorizzazione del centro storico, per giungere a definire l’azzonamento che distribuisce le funzioni per zone omogenee e si raccorda con il sistema della viabilità. Dalla lettura sinottica degli argomenti che riguardano la città, nasce la richiesta di differenti livelli di approfondimento, fra cui lo studio sistematico delle testimonianze del passato, per consentirne la conservazione, ma al tempo stesso garantirne una equilibrata trasformazione, attraverso la redazione di un strumento regolatore. Molti Piani realizzati nella prima metà del XIX secolo, fanno riferimento, più o meno indirettamente, agli insegnamenti di Giovannoni e fra cui quelli approvati da alcuni Comuni marchigiani. È possibile, dunque, verificare l’influenza delle sue idee, analizzando, in particolare, due casi studio che caratterizzano in maniera significativa il paesaggio marchigiano, analizzandone la congruenza rispetto ai principi illustrati nel citato decalogo.
Hic opus hic labor: il decalogo di Giovannoni per lo sviluppo dell’urbanistica e la salvaguardia delle “vecchie” città. I casi di Ascoli Piceno e Urbino
Enrica Petrucci
2019-01-01
Abstract
La figura di Gustavo Giovannoni viene analizzata attraverso lo sviluppo del dibattito sulla nuova disciplina urbanistica. Egli pone al centro delle sue riflessioni il cambiamento di scala che la modernità impone all’ambiente costruito. Le complesse tematiche che nascono dall’intreccio fra lo sviluppo urbano e la conservazione della città storica sono affrontate con capacità critica e pragmatismo, attraverso la stesura di un decalogo, proposto nel 1928, che troverà una sua concreta applicazione in molti dei Piani regolatori elaborati in quegli anni. Nel decalogo, vengono prese in considerazione le esigenze di sviluppo urbano, proponendo di risolverle al di fuori della città storica per la quale, invece, sono da privilegiare interventi minimi, attraverso sopraelevazioni, addensamenti e diradamenti, nel rispetto dei tracciati viari e degli isolati, allo scopo di un evidente miglioramento da conseguirsi attraverso una pacifica convivenza tra nuovo e vecchio. Il metodo proposto è quello che si basa sulla redazione di Piani regolatori di sistemazione e di ampliamento delle antiche città. Uno dei temi centrali verte sulla struttura del Piano regolatore, concepito «con larghezza di criteri, cioè tracciato come schema di poche e grandissime arterie maestre aventi ben precise funzioni (simili a canali di una bonifica) di viabilità e di avviamento edilizio, attuato sistematicamente, in modo da determinare la graduale costituzione di un nuovo organismo vivo, e non con piccoli provvedimenti sporadici ed isolati». Viene indicata una gerarchia dei Piani, partendo da quello regionale, cui si coordinano il Piano regolatore generale comunale, il Piano dei quartieri di espansione, il Piano di diradamento e valorizzazione del centro storico, per giungere a definire l’azzonamento che distribuisce le funzioni per zone omogenee e si raccorda con il sistema della viabilità. Dalla lettura sinottica degli argomenti che riguardano la città, nasce la richiesta di differenti livelli di approfondimento, fra cui lo studio sistematico delle testimonianze del passato, per consentirne la conservazione, ma al tempo stesso garantirne una equilibrata trasformazione, attraverso la redazione di un strumento regolatore. Molti Piani realizzati nella prima metà del XIX secolo, fanno riferimento, più o meno indirettamente, agli insegnamenti di Giovannoni e fra cui quelli approvati da alcuni Comuni marchigiani. È possibile, dunque, verificare l’influenza delle sue idee, analizzando, in particolare, due casi studio che caratterizzano in maniera significativa il paesaggio marchigiano, analizzandone la congruenza rispetto ai principi illustrati nel citato decalogo.File | Dimensione | Formato | |
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