Non riesco a concepire l’arte fine a se stessa. Credo ci sia invece il dovere etico di ragionare sulla nostra epoca, credo non ci si possa e non ci si debba sottrarre a questa necessità. Sandro Mele Ho ritrovato questo piccolo catalogo della fondazione Volume di qualche anno fa sulla mostra LUCHA curata da Raffaele Gavarro, attratto dalla sua bellezza come oggetto, due libri incastrati uno dentro l’altro, il piccolo giallo (con i testi) contiene il grande bianco (con il materiale iconografico stampato). E mi sono ritrovato a rileggerlo ancora una volta, così a distanza di tempo le parole scritte da Gavarro e il lavoro di Sandro Mele, sono apparse ancora più necessarie. L’arte racconta da sempre storie, registra la realtà attraverso gli occhi dell’artista che è allo stesso tempo testimone e protagonista. Proprio nella capacità di coniugare questi due piani quello individuale e quello collettivo che si nasconde la possibilità etica dell’arte L’arte con un’azione continua cerca di svelare attraverso il racconto un’intepretazione coerente di temi sociali e politici. Naturalmente parlo di una particolare forma d’arte, spesso scomoda e difficile da contemplare senza porsi delle domande e senza cercare di trovare quando è possibile delle risposte. Non un’arte da salotto quindi, che richiede tempo e spazio per essere fruita assimilata e compresa nel profondo. Arte che offrendosi essa stessa come oggetto da interpretare e quindi diventando coerente con il mondo stesso è soggetta alle sue regole sociali, pur mantenendo un’evidente posizione di contrapposizione. Lucha mette assieme all’interno di un'unica narrazione supportata da medium diversi, pittura, scultura, fotografia, istallazione, uno spazio immersivo all’interno del quale rileggere per frammenti un fatto reale avvenuto in Argentina: l’occupazione e l’autogestione da parte degli operai che ci lavoravano, della fabbrica di ceramica di Luis Zanon. Il proprietario nel 2000 decide di chiudere la fabbrica, i lavoratori si oppongono viste le richieste del mercato e la grande capacità produttiva. La lotta comincia nel 2002 con l’autogestione, nel 2004 si costituisce la coperativa di lavoro Fasinpat. Nel 2009 il governo provinciale ha approvato l’espropriazione della fabbrica, ci lavorano 470 famiglie con un indotto di circa 5000. Su questa vicenda è stato scritto moltissimo, articoli documentari, ma non molto in italia. Nonostante nel nostro paese ci siano situazioni a rischio, la crisi poi rende tutto molto attuale. Ma allora se la situazione era nota, cosa può fare l’arte? Gavarro nella sua introduzione sottolinea che l’arte è parte decisiva del sistema di relazioni che abbiamo costruito nel corso dei secoli…all’interno di queste nuove dinamiche l’arte ha una doppia capacità di presenza propria e al contempo di altrettanta potenzialità contaminatoria, che la rende tutt’altro che secondaria. In questo nuovo sistema l’arte è parte delle logiche di mercato ma allo stesso tempo secondo me l’arte deve essere resistenza al mercato, deve essere espressione di un lavoro che aiuta a riflettere su dinamiche contraddittorie prendendo una posizione, l’arte si deve schierare. Ci sono artisti e Sandro Mele è uno di questi, sentono di avere un posto importante in questo mondo perché hanno il coraggio di sottolineare cose che tutti conosciamo ma che cerchiamo di non vedere o meglio guardiamo con altri occhi, anzi a volte li chiudiamo gli occhi. Per questo il lavoro fatto con LUCHA è stato importante perché non ha cercato di lavorare sull’estetica di una lotta operaia, l’ha messa in scena attraverso uno spazio immersivo in cui ogni medium dialogava con l’altro in cui ogni pezzo era un frammento di qualcosa di più grande, una fotografia è una fotografia ma allo stesso tempo l’immagine diventa parte di un ambientazione sonora che fa da sottofondo alla mostra, la scritta Lucha composta di tanti piccoli pezzi di mattonelle rotte è quasi un grido di speranza, un segno a chi entra. Le due istallazioni Comizio da salotto e Lotta di classe sono sfondo ma anche figura nel momento esatto che diventano quasi un rumore ripetuto, tipico delle fabbriche e allora siamo dentro lo spazio della fabbrica, questo non è solo un racconto è spazio. Una lotta non silenziosa e ripetuta, dove il lavoro dell’artista si sovrappone e mescola con i video girati dagli operai stessi, e che assumono un significato completamente diverso una volta utilizzati per ricreare lo spazio della fabbrica. Poi ci sono i disegni i tanti disegni che servono a Mele per pensare, una pittura sporca che ricompone, anche in ciò che non entra a far parte della mostra, uno spazio da condividere, la riflessione dell’artista che quasi rifiuta il medium tradizionale, per ricomporne uno diverso in cui per dirlo con le parole di Rosalind Krauss un medium come insieme di convenzioni derivate (ma non identiche) dalle condizioni materiali di un supporto tecnico dato, convenzioni al di fuori delle quali sviluppare una forma di espressività che possa essere sia proiettiva che mnemonica. Ma prima di tutto un’arte sociale fatta per se, e poi per gli altri per fare in modo che ogni visitatore abbia la possibilità di riportarsi a casa qualcosa anche solo una cosa una storia che è di fatto un modello di sistema lavorativo e contemporaneamente una forma di impegno sociale, ma che è anche un semplice e imprevedibile accadimento della vita. (dall’intervista a Sandro Mele nel catalogo).

SANDRO MELE_ APPUNTI PER UNA RIVOLUZIONE

LUCA GALOFARO
2019-01-01

Abstract

Non riesco a concepire l’arte fine a se stessa. Credo ci sia invece il dovere etico di ragionare sulla nostra epoca, credo non ci si possa e non ci si debba sottrarre a questa necessità. Sandro Mele Ho ritrovato questo piccolo catalogo della fondazione Volume di qualche anno fa sulla mostra LUCHA curata da Raffaele Gavarro, attratto dalla sua bellezza come oggetto, due libri incastrati uno dentro l’altro, il piccolo giallo (con i testi) contiene il grande bianco (con il materiale iconografico stampato). E mi sono ritrovato a rileggerlo ancora una volta, così a distanza di tempo le parole scritte da Gavarro e il lavoro di Sandro Mele, sono apparse ancora più necessarie. L’arte racconta da sempre storie, registra la realtà attraverso gli occhi dell’artista che è allo stesso tempo testimone e protagonista. Proprio nella capacità di coniugare questi due piani quello individuale e quello collettivo che si nasconde la possibilità etica dell’arte L’arte con un’azione continua cerca di svelare attraverso il racconto un’intepretazione coerente di temi sociali e politici. Naturalmente parlo di una particolare forma d’arte, spesso scomoda e difficile da contemplare senza porsi delle domande e senza cercare di trovare quando è possibile delle risposte. Non un’arte da salotto quindi, che richiede tempo e spazio per essere fruita assimilata e compresa nel profondo. Arte che offrendosi essa stessa come oggetto da interpretare e quindi diventando coerente con il mondo stesso è soggetta alle sue regole sociali, pur mantenendo un’evidente posizione di contrapposizione. Lucha mette assieme all’interno di un'unica narrazione supportata da medium diversi, pittura, scultura, fotografia, istallazione, uno spazio immersivo all’interno del quale rileggere per frammenti un fatto reale avvenuto in Argentina: l’occupazione e l’autogestione da parte degli operai che ci lavoravano, della fabbrica di ceramica di Luis Zanon. Il proprietario nel 2000 decide di chiudere la fabbrica, i lavoratori si oppongono viste le richieste del mercato e la grande capacità produttiva. La lotta comincia nel 2002 con l’autogestione, nel 2004 si costituisce la coperativa di lavoro Fasinpat. Nel 2009 il governo provinciale ha approvato l’espropriazione della fabbrica, ci lavorano 470 famiglie con un indotto di circa 5000. Su questa vicenda è stato scritto moltissimo, articoli documentari, ma non molto in italia. Nonostante nel nostro paese ci siano situazioni a rischio, la crisi poi rende tutto molto attuale. Ma allora se la situazione era nota, cosa può fare l’arte? Gavarro nella sua introduzione sottolinea che l’arte è parte decisiva del sistema di relazioni che abbiamo costruito nel corso dei secoli…all’interno di queste nuove dinamiche l’arte ha una doppia capacità di presenza propria e al contempo di altrettanta potenzialità contaminatoria, che la rende tutt’altro che secondaria. In questo nuovo sistema l’arte è parte delle logiche di mercato ma allo stesso tempo secondo me l’arte deve essere resistenza al mercato, deve essere espressione di un lavoro che aiuta a riflettere su dinamiche contraddittorie prendendo una posizione, l’arte si deve schierare. Ci sono artisti e Sandro Mele è uno di questi, sentono di avere un posto importante in questo mondo perché hanno il coraggio di sottolineare cose che tutti conosciamo ma che cerchiamo di non vedere o meglio guardiamo con altri occhi, anzi a volte li chiudiamo gli occhi. Per questo il lavoro fatto con LUCHA è stato importante perché non ha cercato di lavorare sull’estetica di una lotta operaia, l’ha messa in scena attraverso uno spazio immersivo in cui ogni medium dialogava con l’altro in cui ogni pezzo era un frammento di qualcosa di più grande, una fotografia è una fotografia ma allo stesso tempo l’immagine diventa parte di un ambientazione sonora che fa da sottofondo alla mostra, la scritta Lucha composta di tanti piccoli pezzi di mattonelle rotte è quasi un grido di speranza, un segno a chi entra. Le due istallazioni Comizio da salotto e Lotta di classe sono sfondo ma anche figura nel momento esatto che diventano quasi un rumore ripetuto, tipico delle fabbriche e allora siamo dentro lo spazio della fabbrica, questo non è solo un racconto è spazio. Una lotta non silenziosa e ripetuta, dove il lavoro dell’artista si sovrappone e mescola con i video girati dagli operai stessi, e che assumono un significato completamente diverso una volta utilizzati per ricreare lo spazio della fabbrica. Poi ci sono i disegni i tanti disegni che servono a Mele per pensare, una pittura sporca che ricompone, anche in ciò che non entra a far parte della mostra, uno spazio da condividere, la riflessione dell’artista che quasi rifiuta il medium tradizionale, per ricomporne uno diverso in cui per dirlo con le parole di Rosalind Krauss un medium come insieme di convenzioni derivate (ma non identiche) dalle condizioni materiali di un supporto tecnico dato, convenzioni al di fuori delle quali sviluppare una forma di espressività che possa essere sia proiettiva che mnemonica. Ma prima di tutto un’arte sociale fatta per se, e poi per gli altri per fare in modo che ogni visitatore abbia la possibilità di riportarsi a casa qualcosa anche solo una cosa una storia che è di fatto un modello di sistema lavorativo e contemporaneamente una forma di impegno sociale, ma che è anche un semplice e imprevedibile accadimento della vita. (dall’intervista a Sandro Mele nel catalogo).
2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/426038
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