Costruire degli edifici o dei luoghi? È la domanda posta al suo pubblico dai curatori Encore Heureux (Nicola Delon - Julien Choppin - Sèbastien Eymard) del padiglione Francese. Una domanda apparentemente retorica, ma che contiene una nozione importante sul significato di architettura. Un luogo è di fatto l’incontro tra realtà diverse, politiche, umane, economiche, spaziali. E’ un punto di passaggio fondamentale tra quella che consideriamo città e quella cosa che consideriamo architettura. Il luogo costruisce uno spazio di vita, ma è anche un motore economico e rappresenta con coraggio una scelta politica di un paese che crede nella sperimentazione architettonica come processo di dialogo. Tutti i dieci luoghi scelti dai curatori, sono in realtà anche edifici con un passato importante, edifici in disuso che trovano una nuova occasione per diventare parte attiva della struttura urbana. Non devono essere guardati come modelli, ma come segnali di sperimentazione, non lavorano sull’estetica dell’abbandono, non sono trasformati formalmente da interventi invasivi, sono semplicemente risvegliati da un lungo sonno. All’interno di essi l’architettura gioca un ruolo fondamentale e sempre diverso. I luoghi infiniti si costruiscono passo paso, a partire dal l’esistente riunendo le voci di una comunità di operatori spesso complessa. Il progetto cerca di sfruttare le qualità preesistenti amplificandole attraverso un processo integrato in cui l’architettura entra in risonanza con gli abitanti e l’anima di ciò che l’edificio ha rappresentato. Molto bella l’esposizione di oggetti emblematici di ciascuno dei luoghi, che trasforma lo spazio centrale della mostra In un Cabinet of Curiosity. Una raccolta di frammenti che mette assieme memoria e attualità, gli oggetti sono l’anima degli spazi e contribuiscono così come le persone, in mostra nella seconda sala, alla loro trasformazione leggera ed informale. Le Centquatre a Parigi è uno spazio per l’arte ibrido e in continua trasformazione, La Friche la belle de mai a Marsiglia è uno spazio multifunzionale per atelier, uffici, spazi mostra, skate park, scuola. La Convention ad Auch attraverso un lavoro collettivo è diventato uno spazio da abitare. Come se non bastasse tutto questo per raccontare i luoghi, ai curatori serviva l’azione per spiegare meglio le loro intenzioni ed a Venezia l’hanno trovata alla caserma Guglielmo Pepe. Un edificio militare costruito tra il 1591 e il 1595 al Lido e dismesso nel 1999. Riutilizzato dall’associazione Biennale Urbana dal 2016 per brevi periodi. Nel 2018 Biennale Urbana Invita Luoghi Infiniti a progettare e costruire assieme le condizioni per attivare un’esperienza culturale di residenze d’artista. In questo modo il racconto (il padiglione) e il progetto (la caserma Pepe) si incontrano a Venezia per tutta la durata della mostra per costruire un nuovo luogo aperto, trans disciplinare che in futuro, speriamo, potrà entrare in risonanza ogni anno con la Biennale di Venezia, e diventare per venezia un altro luogo infinito.

Luoghi da trasformare

luca galofaro
2018-01-01

Abstract

Costruire degli edifici o dei luoghi? È la domanda posta al suo pubblico dai curatori Encore Heureux (Nicola Delon - Julien Choppin - Sèbastien Eymard) del padiglione Francese. Una domanda apparentemente retorica, ma che contiene una nozione importante sul significato di architettura. Un luogo è di fatto l’incontro tra realtà diverse, politiche, umane, economiche, spaziali. E’ un punto di passaggio fondamentale tra quella che consideriamo città e quella cosa che consideriamo architettura. Il luogo costruisce uno spazio di vita, ma è anche un motore economico e rappresenta con coraggio una scelta politica di un paese che crede nella sperimentazione architettonica come processo di dialogo. Tutti i dieci luoghi scelti dai curatori, sono in realtà anche edifici con un passato importante, edifici in disuso che trovano una nuova occasione per diventare parte attiva della struttura urbana. Non devono essere guardati come modelli, ma come segnali di sperimentazione, non lavorano sull’estetica dell’abbandono, non sono trasformati formalmente da interventi invasivi, sono semplicemente risvegliati da un lungo sonno. All’interno di essi l’architettura gioca un ruolo fondamentale e sempre diverso. I luoghi infiniti si costruiscono passo paso, a partire dal l’esistente riunendo le voci di una comunità di operatori spesso complessa. Il progetto cerca di sfruttare le qualità preesistenti amplificandole attraverso un processo integrato in cui l’architettura entra in risonanza con gli abitanti e l’anima di ciò che l’edificio ha rappresentato. Molto bella l’esposizione di oggetti emblematici di ciascuno dei luoghi, che trasforma lo spazio centrale della mostra In un Cabinet of Curiosity. Una raccolta di frammenti che mette assieme memoria e attualità, gli oggetti sono l’anima degli spazi e contribuiscono così come le persone, in mostra nella seconda sala, alla loro trasformazione leggera ed informale. Le Centquatre a Parigi è uno spazio per l’arte ibrido e in continua trasformazione, La Friche la belle de mai a Marsiglia è uno spazio multifunzionale per atelier, uffici, spazi mostra, skate park, scuola. La Convention ad Auch attraverso un lavoro collettivo è diventato uno spazio da abitare. Come se non bastasse tutto questo per raccontare i luoghi, ai curatori serviva l’azione per spiegare meglio le loro intenzioni ed a Venezia l’hanno trovata alla caserma Guglielmo Pepe. Un edificio militare costruito tra il 1591 e il 1595 al Lido e dismesso nel 1999. Riutilizzato dall’associazione Biennale Urbana dal 2016 per brevi periodi. Nel 2018 Biennale Urbana Invita Luoghi Infiniti a progettare e costruire assieme le condizioni per attivare un’esperienza culturale di residenze d’artista. In questo modo il racconto (il padiglione) e il progetto (la caserma Pepe) si incontrano a Venezia per tutta la durata della mostra per costruire un nuovo luogo aperto, trans disciplinare che in futuro, speriamo, potrà entrare in risonanza ogni anno con la Biennale di Venezia, e diventare per venezia un altro luogo infinito.
2018
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/408030
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