Sta aumentando l'impronta ecologica dell'uomo sul pianeta e, con essa, il nostro debito nei confronti dell’ambiente. In queste condizioni, diminuiscono le capacità di risposta e di adattamento agli eventi naturali cui dobbiamo confrontarci. La resilienza di un luogo viene meno non solo per un uso improprio delle risorse, talvolta ben al di sopra della carrying capacity dell'area, ma anche per un abbandono dei territori e del relativo patrimonio insediativo. Vengono messe in discussione le modalità di crescita e di espansione della città. La grande questione dei rischi ambientali torna al centro dell'attenzione e finalmente si scopre l'urgenza di "giocare d'anticipo" (Sargolini M., Talia M., 2011), tentando di rispondere, efficacemente e in tempi reali, agli eventi naturali che diventano catastrofici per gli effetti devastanti che hanno su un'armatura urbana e territoriale di cattiva qualità che tende ad occupare suoli inadeguati all'edificazione. L'azione sismica è uno di questi eventi naturali che tiene sotto tensione gran parte del nostro Paese [fig.1]. Pur in presenza di un miglioramento delle tecniche costruttive, sono ancora eccessivi i danni alle persone e alle cose che il terremoto può provocare , ma soprattutto sembra ancora molto lontana una programmazione appropriata della ricostruzione. Analizzando l'ultima, triste, esperienza dell'Aquila si potrebbero mettere in evidenza tanti errori, reiterati nel tempo (Oliva F., 2014): 1, la inadeguata scelta delle aree su cui realizzare gli edifici prefabbricati che, essendo destinati a funzioni di residenza stabili e permanenti avrebbero dovuto comportare una valutazione dell'assetto urbanistico e futuro della città, ivi inclusa la possibilità d'integrazione dei nuovi insediamenti con le preesistenze urbane; 2, la mancanza di un chiaro rapporto tra emergenza e programmazione della permanenza che è stato sviluppato fuori dai canoni della pianificazione urbanistica e senza tener conto delle caratteristiche ambientali e paesaggistiche dei luoghi oggetto d'intervento; 3, una sottovalutazione del ruolo focale che i centri storici avrebbero potuto avere nel restituire senso identitario e ancoraggi spaziali a comunità locali smarrite e in cerca di nuovi radicamenti territoriali. A distanza di sette anni dall'evento disastroso, infatti, ancora nessuno dei centri dell'identificazione collettiva della comunità aquilana ha ripreso a vivere. Si riconosce una precipua responsabilità dell'urbanistica nella gestione della prevenzione, dell'emergenza e della ricostruzione, e diventa opportuno sancire l'impegno futuro di questa disciplina ad occuparsi delle indicazioni che la pianificazione e la programmazione, alla scala locale, regionale e nazionale, possono offrire per rispondere alle fragilità del nostro territorio (Galuzzi P., 2014). In tal senso, il sisma del 24 agosto 2016, che ha interessato un'area dell'entroterra marchigiano - laziale - umbro - abruzzese, caratterizzata da "lavori in corso", ha messo a dura prova gli equilibri urbanistici, ambientali e socio economici. Per questo, dovremmo osservare, con attenzione, quel che sta accadendo nei 62 comuni colpiti dal sisma , e nelle aree più strettamente connesse, rimettendo in discussione le modalità con cui sono state affrontate le crisi sismiche del passato, per trarne indicazioni utili alla gestione (nel medio e lungo termine) dell'emergenza che abbiamo di fronte . Le aree interessate dal recente sisma erano già al centro dell'attenzione, negli ultimi decenni, per il concentramento di progetti di sviluppo e valorizzazione dei beni comuni, orientata alla rigenerazione dei sistemi socio economici locali anche attraverso il coinvolgimento di diversi soggetti pubblici e privati. La grande stagione dei parchi , talora raccontata come "un'utopia" di rinascita possibile di queste terre marginali e remote (Graziani C.A., 2007), la speranza suscitata dallo sviluppo di un sistema di reti ecologiche e greenway che potesse divenire anche la matrice di fondo per fruire, con sistemi lenti (e adatti al godimento delle risorse dei luoghi) anche le aree più inaccessibili e celate (Sargolini M., Cinquini F. e Perna P., 2006; Romano B., 2009) hanno aperto la strada a un generale processo di riorganizzazione territoriale che si è recentemente concretizzato nella Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) emanata dal Ministero per lo Sviluppo e la Coesione Sociale. La lettura della coincidenza geografica tra i confini delle quattro aree aree pilota della Strategia (Valnerina, Nuovo Maceratese, Ascoli Piceno, Monti Reatini) e le aree interessate dal sisma del 24 agosto 2016 [fig. 2] prefigura uno scenario di sinergie e coerenze possibili tra i programmi della ricostruzione, come già predisposti attraverso il Decreto Legge del 17/10/2016 n. 189, "Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma", e la SNAI, come definita nell'Accordo di Partenariato, trasmesso alla CE il 09 dicembre 2013. Purtroppo, sono veramente pochi i comuni delle quattro aree pilota non danneggiati, pesantemente, dal sisma [fig. 3]. Questo comune destino potrebbe favorire la strutturazione di nuove, condivise, visioni che, prendendo le mosse dalla SNAI perseguono i seguenti obiettivi: aumento del benessere della popolazione locale; aumento della domanda di lavoro e di occupazione; aumento del grado di utilizzo del capitale territoriale; riduzione dei costi sociali della de-antropizzazione; aumento rafforzamento dei fattori di sviluppo locale; aumento dell'attrattività dell'area. E' evidente, però, che s'impongono alcune scelte coraggiose per incrementare, da un lato, lo sviluppo socio economico agendo nei punti di forza di questi territori (eccellenze naturali e culturali, prodotti agroalimentari, tradizioni e saper fare, turismo, energia); dall'altro, per riequilibrare e razionalizzare, sapientemente, l'offerta dei servizi di base (scuola, salute, mobilità e rete digitale).
Una strategia per la "ricostruzione" delle aree interne danneggiate dal sisma
SARGOLINI, Massimo
2016-01-01
Abstract
Sta aumentando l'impronta ecologica dell'uomo sul pianeta e, con essa, il nostro debito nei confronti dell’ambiente. In queste condizioni, diminuiscono le capacità di risposta e di adattamento agli eventi naturali cui dobbiamo confrontarci. La resilienza di un luogo viene meno non solo per un uso improprio delle risorse, talvolta ben al di sopra della carrying capacity dell'area, ma anche per un abbandono dei territori e del relativo patrimonio insediativo. Vengono messe in discussione le modalità di crescita e di espansione della città. La grande questione dei rischi ambientali torna al centro dell'attenzione e finalmente si scopre l'urgenza di "giocare d'anticipo" (Sargolini M., Talia M., 2011), tentando di rispondere, efficacemente e in tempi reali, agli eventi naturali che diventano catastrofici per gli effetti devastanti che hanno su un'armatura urbana e territoriale di cattiva qualità che tende ad occupare suoli inadeguati all'edificazione. L'azione sismica è uno di questi eventi naturali che tiene sotto tensione gran parte del nostro Paese [fig.1]. Pur in presenza di un miglioramento delle tecniche costruttive, sono ancora eccessivi i danni alle persone e alle cose che il terremoto può provocare , ma soprattutto sembra ancora molto lontana una programmazione appropriata della ricostruzione. Analizzando l'ultima, triste, esperienza dell'Aquila si potrebbero mettere in evidenza tanti errori, reiterati nel tempo (Oliva F., 2014): 1, la inadeguata scelta delle aree su cui realizzare gli edifici prefabbricati che, essendo destinati a funzioni di residenza stabili e permanenti avrebbero dovuto comportare una valutazione dell'assetto urbanistico e futuro della città, ivi inclusa la possibilità d'integrazione dei nuovi insediamenti con le preesistenze urbane; 2, la mancanza di un chiaro rapporto tra emergenza e programmazione della permanenza che è stato sviluppato fuori dai canoni della pianificazione urbanistica e senza tener conto delle caratteristiche ambientali e paesaggistiche dei luoghi oggetto d'intervento; 3, una sottovalutazione del ruolo focale che i centri storici avrebbero potuto avere nel restituire senso identitario e ancoraggi spaziali a comunità locali smarrite e in cerca di nuovi radicamenti territoriali. A distanza di sette anni dall'evento disastroso, infatti, ancora nessuno dei centri dell'identificazione collettiva della comunità aquilana ha ripreso a vivere. Si riconosce una precipua responsabilità dell'urbanistica nella gestione della prevenzione, dell'emergenza e della ricostruzione, e diventa opportuno sancire l'impegno futuro di questa disciplina ad occuparsi delle indicazioni che la pianificazione e la programmazione, alla scala locale, regionale e nazionale, possono offrire per rispondere alle fragilità del nostro territorio (Galuzzi P., 2014). In tal senso, il sisma del 24 agosto 2016, che ha interessato un'area dell'entroterra marchigiano - laziale - umbro - abruzzese, caratterizzata da "lavori in corso", ha messo a dura prova gli equilibri urbanistici, ambientali e socio economici. Per questo, dovremmo osservare, con attenzione, quel che sta accadendo nei 62 comuni colpiti dal sisma , e nelle aree più strettamente connesse, rimettendo in discussione le modalità con cui sono state affrontate le crisi sismiche del passato, per trarne indicazioni utili alla gestione (nel medio e lungo termine) dell'emergenza che abbiamo di fronte . Le aree interessate dal recente sisma erano già al centro dell'attenzione, negli ultimi decenni, per il concentramento di progetti di sviluppo e valorizzazione dei beni comuni, orientata alla rigenerazione dei sistemi socio economici locali anche attraverso il coinvolgimento di diversi soggetti pubblici e privati. La grande stagione dei parchi , talora raccontata come "un'utopia" di rinascita possibile di queste terre marginali e remote (Graziani C.A., 2007), la speranza suscitata dallo sviluppo di un sistema di reti ecologiche e greenway che potesse divenire anche la matrice di fondo per fruire, con sistemi lenti (e adatti al godimento delle risorse dei luoghi) anche le aree più inaccessibili e celate (Sargolini M., Cinquini F. e Perna P., 2006; Romano B., 2009) hanno aperto la strada a un generale processo di riorganizzazione territoriale che si è recentemente concretizzato nella Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) emanata dal Ministero per lo Sviluppo e la Coesione Sociale. La lettura della coincidenza geografica tra i confini delle quattro aree aree pilota della Strategia (Valnerina, Nuovo Maceratese, Ascoli Piceno, Monti Reatini) e le aree interessate dal sisma del 24 agosto 2016 [fig. 2] prefigura uno scenario di sinergie e coerenze possibili tra i programmi della ricostruzione, come già predisposti attraverso il Decreto Legge del 17/10/2016 n. 189, "Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma", e la SNAI, come definita nell'Accordo di Partenariato, trasmesso alla CE il 09 dicembre 2013. Purtroppo, sono veramente pochi i comuni delle quattro aree pilota non danneggiati, pesantemente, dal sisma [fig. 3]. Questo comune destino potrebbe favorire la strutturazione di nuove, condivise, visioni che, prendendo le mosse dalla SNAI perseguono i seguenti obiettivi: aumento del benessere della popolazione locale; aumento della domanda di lavoro e di occupazione; aumento del grado di utilizzo del capitale territoriale; riduzione dei costi sociali della de-antropizzazione; aumento rafforzamento dei fattori di sviluppo locale; aumento dell'attrattività dell'area. E' evidente, però, che s'impongono alcune scelte coraggiose per incrementare, da un lato, lo sviluppo socio economico agendo nei punti di forza di questi territori (eccellenze naturali e culturali, prodotti agroalimentari, tradizioni e saper fare, turismo, energia); dall'altro, per riequilibrare e razionalizzare, sapientemente, l'offerta dei servizi di base (scuola, salute, mobilità e rete digitale).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.