Con la istituzione delle Unioni montane evaporano gli ambiziosi obbiettivi che dovevano conseguire le Comunità montane: programmi di sviluppo e piani territoriali dei territori montani, una politica generale di riequilibrio economico e sociale della montagna, superamento degli squilibri di natura sociale ed economica tra le zone montane e il resto del territorio nazionale; difesa del suolo e protezione della natura; opere pubbliche e di bonifica montana, infrastrutture e servizi civili nelle aree montane. Inoltre, la soppressione delle Comunità montane avviene con meccanismi contorti, di entrata e uscita dei Comuni (dentro e fuori le nuove Unioni montane), che costeranno tempo e danaro. Le nuove Unioni sono per loro stessa natura di piccolissime dimensioni e, quindi, del tutto inadeguate a gestire funzioni di area vasta e a risolvere i relativi gravi problemi. Una scelta più semplice, che la legge regionale non ha voluto predisporre e che avrebbe risolto invece parecchi problemi, consisteva e consiste nel trasformare automaticamente le Comunità montane (già riordinate con la L.R. n. 18/2008 e successive modificazioni), in Unioni montane, senza dar luogo a rapporti successori, mantenendo le funzioni già svolte e aggiungendo sia l’esercizio associato delle funzioni fondamentali comunali sia nuove funzioni: di recupero e la valorizzazione del patrimonio forestale pubblico e privato e di aree di particolare interesse ambientale; di realizzazione di opere di sistemazione idraulico-forestale, con particolare riguardo ai terreni in frana e al consolidamento delle pendici; di ripristino ambientale di aree pertinenti a fiumi, torrenti, laghi e alla realizzazione di interventi di ingegneria naturalistica e di sgombero degli alvei volti alla prevenzione di dissesti locali e di alluvioni; di bonifica e risanamento di aree dissestate, cave dismesse e discariche abbandonate.

La legge regionale Marche n. 35/2013: soppressione delle Comunità montane e nascita delle Unioni montane

LORENZOTTI, Fabrizio
In corso di stampa

Abstract

Con la istituzione delle Unioni montane evaporano gli ambiziosi obbiettivi che dovevano conseguire le Comunità montane: programmi di sviluppo e piani territoriali dei territori montani, una politica generale di riequilibrio economico e sociale della montagna, superamento degli squilibri di natura sociale ed economica tra le zone montane e il resto del territorio nazionale; difesa del suolo e protezione della natura; opere pubbliche e di bonifica montana, infrastrutture e servizi civili nelle aree montane. Inoltre, la soppressione delle Comunità montane avviene con meccanismi contorti, di entrata e uscita dei Comuni (dentro e fuori le nuove Unioni montane), che costeranno tempo e danaro. Le nuove Unioni sono per loro stessa natura di piccolissime dimensioni e, quindi, del tutto inadeguate a gestire funzioni di area vasta e a risolvere i relativi gravi problemi. Una scelta più semplice, che la legge regionale non ha voluto predisporre e che avrebbe risolto invece parecchi problemi, consisteva e consiste nel trasformare automaticamente le Comunità montane (già riordinate con la L.R. n. 18/2008 e successive modificazioni), in Unioni montane, senza dar luogo a rapporti successori, mantenendo le funzioni già svolte e aggiungendo sia l’esercizio associato delle funzioni fondamentali comunali sia nuove funzioni: di recupero e la valorizzazione del patrimonio forestale pubblico e privato e di aree di particolare interesse ambientale; di realizzazione di opere di sistemazione idraulico-forestale, con particolare riguardo ai terreni in frana e al consolidamento delle pendici; di ripristino ambientale di aree pertinenti a fiumi, torrenti, laghi e alla realizzazione di interventi di ingegneria naturalistica e di sgombero degli alvei volti alla prevenzione di dissesti locali e di alluvioni; di bonifica e risanamento di aree dissestate, cave dismesse e discariche abbandonate.
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