Lo stato di crisi economica della società occidentale, che induce una analoga crisi identitaria ed etica, sta creando un’assenza di contenuti teorici e politici che allontanano l’architettura da quello che dovrebbe essere il suo obiettivo principale: migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Il tentativo di costruire posizioni di avanguardia che, attraverso immagini metaforiche e provocatorie, definissero l’individuazione di un problema per indirizzare possibili percorsi di ricerca, ha caratterizzato fortemente alcuni momenti della storia recente: le sperimentazioni degli anni 60/70 si fondavano su un rapporto serrato tra riflessione teorica e restituzione grafica: il Monumento Continuo di Superstudio segnava la fine della contrapposizione tra spazio naturale e spazio artificiale, configurando una crosta terreste resa omogenea dai processi del capitalismo e lanciando una dura critica alle pretese pianificatorie del moderno e all’urbanizzazione selvaggia. La griglia segnava il “grado zero” della forma con l’intento di rappresentare un architettura in dissoluzione, nella quale gli utenti divenivano i veri protagonisti, liberi di ideare i loro spazi domestici e di muoversi in un mondo inteso come “vuoto smisurato” alla ricerca di nuovi stimoli. Nel panorama contemporaneo sembra difficile riconoscere i possibili scenari futuri di trasformazione e su questi impostare e costruire una relazione tra sperimentazione teorica e pratica del progetto. Sembra che i temi emergenziali, nella loro definizione già chiara - una città dispersa nel paesaggio è una città che non esiste - i disastri ambientali, la nuova architettura come deriva dell’esistente, l’assenza di alloggi sociali, il troppo variegato mondo della “sostenibilità”, non riescano a costruire un vero “humus” di ricerca e sperimentazione. Si assiste invece, da parte di alcuni architetti, ad un pensiero teorico fondato sul ritorno alla pratica del disegno per rappresentare immagini “visionarie” di trasformazione di scenari caratterizzati dall’assoluta immodificabilità: un complesso ambito sperimentale che indica una riflessione critica, per immagini, sulla condizione dell’architettura in una città da ripensare e modificare. E’ una ricerca libera, non esente da “autoreferenzialità”, che suggerisce un immaginario concettuale e creativo da esplorare nelle sue ambizioni teoriche. Forse proprio la possibilità di modificare l’immodificabile diviene il campo ideale di sperimentazione tra teoria e progetto. Con: Carmelo Baglivo, Umberto Cao, Giovanni Battista Cocco, Alessandra Criconia, Anna Rita Emili, Susanna Ferrini, Massimo Ilardi, Alessandro Lanzetta, Gabriele Mastrigli, Federica Ottone, Emanuele Piccardo, Ludovico Romagni, Cristiano Toraldo di Francia Con la partecipazione di studenti delle Facoltà di Architettura di: Ascoli Piceno (Camerino), Pescara (G. D’Annunzio) e Cagliari.
CONVEGNO DAL TITOLO UTOPIA&TEORIA
ROMAGNI, Ludovico;EMILI, Anna Rita
2014-01-01
Abstract
Lo stato di crisi economica della società occidentale, che induce una analoga crisi identitaria ed etica, sta creando un’assenza di contenuti teorici e politici che allontanano l’architettura da quello che dovrebbe essere il suo obiettivo principale: migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Il tentativo di costruire posizioni di avanguardia che, attraverso immagini metaforiche e provocatorie, definissero l’individuazione di un problema per indirizzare possibili percorsi di ricerca, ha caratterizzato fortemente alcuni momenti della storia recente: le sperimentazioni degli anni 60/70 si fondavano su un rapporto serrato tra riflessione teorica e restituzione grafica: il Monumento Continuo di Superstudio segnava la fine della contrapposizione tra spazio naturale e spazio artificiale, configurando una crosta terreste resa omogenea dai processi del capitalismo e lanciando una dura critica alle pretese pianificatorie del moderno e all’urbanizzazione selvaggia. La griglia segnava il “grado zero” della forma con l’intento di rappresentare un architettura in dissoluzione, nella quale gli utenti divenivano i veri protagonisti, liberi di ideare i loro spazi domestici e di muoversi in un mondo inteso come “vuoto smisurato” alla ricerca di nuovi stimoli. Nel panorama contemporaneo sembra difficile riconoscere i possibili scenari futuri di trasformazione e su questi impostare e costruire una relazione tra sperimentazione teorica e pratica del progetto. Sembra che i temi emergenziali, nella loro definizione già chiara - una città dispersa nel paesaggio è una città che non esiste - i disastri ambientali, la nuova architettura come deriva dell’esistente, l’assenza di alloggi sociali, il troppo variegato mondo della “sostenibilità”, non riescano a costruire un vero “humus” di ricerca e sperimentazione. Si assiste invece, da parte di alcuni architetti, ad un pensiero teorico fondato sul ritorno alla pratica del disegno per rappresentare immagini “visionarie” di trasformazione di scenari caratterizzati dall’assoluta immodificabilità: un complesso ambito sperimentale che indica una riflessione critica, per immagini, sulla condizione dell’architettura in una città da ripensare e modificare. E’ una ricerca libera, non esente da “autoreferenzialità”, che suggerisce un immaginario concettuale e creativo da esplorare nelle sue ambizioni teoriche. Forse proprio la possibilità di modificare l’immodificabile diviene il campo ideale di sperimentazione tra teoria e progetto. Con: Carmelo Baglivo, Umberto Cao, Giovanni Battista Cocco, Alessandra Criconia, Anna Rita Emili, Susanna Ferrini, Massimo Ilardi, Alessandro Lanzetta, Gabriele Mastrigli, Federica Ottone, Emanuele Piccardo, Ludovico Romagni, Cristiano Toraldo di Francia Con la partecipazione di studenti delle Facoltà di Architettura di: Ascoli Piceno (Camerino), Pescara (G. D’Annunzio) e Cagliari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.