Uno dei primi problemi, forse il principale, suscitati dall’approvazione della l. n. 397 del 2000 sulla indagini difensive è quello dell’ambiguità tra pubblico e privato nel ruolo del difensore: uno dei problemi più impegnativi, ma anche il modo più efficace per abbracciare in un solo discorso tutto l’argomento delle indagini difensive. Fin dalla sua entrata in vigore, ci si era infatti domandati se questa riforma, che ha legittimato il difensore al compimento delle indagini - oltre a restare ben lontana dal modo migliore per realizzare l’obiettivo - non avesse ottenuto un risultato che va al di là delle intenzioni riformiste: e cioè se il riconoscimento dei suddetti poteri al difensore, in parallelo a quelli del pubblico ministero, non ne avesse snaturato la figura di patrono di parte, colorandola di interesse generale per le esigenze del processo. Più precisamente se non alludesse ad una natura quasi pubblica del difensore, tale da trasformarlo in una sorta di organo di giustizia nei cui confronti nutrire aspettative di imparzialità: soprattutto tale da attribuirgli nuovi titoli di responsabilità nell’attività investigativa, anche sotto il profilo penalistico, che sarebbero inconciliabili con la funzione di i tutela degli interessi individuali dell’assistito, come definita anche dall’art. 327-bis c.p.p. In particolare, se ciò lo renda responsabile dei reati propri del pubblico ufficiale e in particolare del falso in atto pubblico. Nell’affrontare questo quesito, a ben guardare non nuovo e ricorrente che attraverso la qualifica soggettiva da attribuire al difensore, investe la funzione stessa della difesa giudiziaria nel nostro ordinamento, il presente saggio muove dallo scenario su cui si apre il problema delle indagini difensive: la superfetazione delle indagini compiute da vari organi; gli interventi anche improvvidi della Corte costituzionale; la riforma “Carotti”; la riforma dell’art. 111 Cost. sul “giusto processo”; la riforma dovuta alla legge n. 63 del 2001. Analizza poi, anche alla luce delle fonti internazionali, lacune, incoerenze, parallelismi forzati della disciplina sulle indagini difensive che ha portato alla presa di posizione delle Sezioni unite, 26 giugno 2006, Schera, cercando di dimostrare i limiti di tale impostazione basata più su una assimilazione aprioristica del difensore al pubblico ministero che su consistenti appigli normativi, e gli effetti ne derivano quanto all’attività della difesa.

Tutti i nodi vengono al pettine, ovvero l"incognita del difensore-istruttore tra miti e realtà.

GRIFANTINI, Fabio Maria
2004-01-01

Abstract

Uno dei primi problemi, forse il principale, suscitati dall’approvazione della l. n. 397 del 2000 sulla indagini difensive è quello dell’ambiguità tra pubblico e privato nel ruolo del difensore: uno dei problemi più impegnativi, ma anche il modo più efficace per abbracciare in un solo discorso tutto l’argomento delle indagini difensive. Fin dalla sua entrata in vigore, ci si era infatti domandati se questa riforma, che ha legittimato il difensore al compimento delle indagini - oltre a restare ben lontana dal modo migliore per realizzare l’obiettivo - non avesse ottenuto un risultato che va al di là delle intenzioni riformiste: e cioè se il riconoscimento dei suddetti poteri al difensore, in parallelo a quelli del pubblico ministero, non ne avesse snaturato la figura di patrono di parte, colorandola di interesse generale per le esigenze del processo. Più precisamente se non alludesse ad una natura quasi pubblica del difensore, tale da trasformarlo in una sorta di organo di giustizia nei cui confronti nutrire aspettative di imparzialità: soprattutto tale da attribuirgli nuovi titoli di responsabilità nell’attività investigativa, anche sotto il profilo penalistico, che sarebbero inconciliabili con la funzione di i tutela degli interessi individuali dell’assistito, come definita anche dall’art. 327-bis c.p.p. In particolare, se ciò lo renda responsabile dei reati propri del pubblico ufficiale e in particolare del falso in atto pubblico. Nell’affrontare questo quesito, a ben guardare non nuovo e ricorrente che attraverso la qualifica soggettiva da attribuire al difensore, investe la funzione stessa della difesa giudiziaria nel nostro ordinamento, il presente saggio muove dallo scenario su cui si apre il problema delle indagini difensive: la superfetazione delle indagini compiute da vari organi; gli interventi anche improvvidi della Corte costituzionale; la riforma “Carotti”; la riforma dell’art. 111 Cost. sul “giusto processo”; la riforma dovuta alla legge n. 63 del 2001. Analizza poi, anche alla luce delle fonti internazionali, lacune, incoerenze, parallelismi forzati della disciplina sulle indagini difensive che ha portato alla presa di posizione delle Sezioni unite, 26 giugno 2006, Schera, cercando di dimostrare i limiti di tale impostazione basata più su una assimilazione aprioristica del difensore al pubblico ministero che su consistenti appigli normativi, e gli effetti ne derivano quanto all’attività della difesa.
2004
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/116024
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact