Parlare di incompiuto oggi significa far riferimento ad un vero e proprio fenomeno, che negli ultimi tempi ha raccolto interesse e attenzione da ambiti diversi e numerosi. Emergono due aspetti interessanti, che riguardano il nostro paese, sui quali vale la pena soffermarsi. Il primo riguarda la presenza specifica di un patrimonio di incompiute d’autore: un aspetto che risulta quasi paradossale al senso comune, incline ad identificare il non finito con processi di spontaneismo o con caratteri di abusività. Il secondo aspetto è relativo al mutamento della percezione di questo fenomeno: da un atteggiamento di denuncia ad un interesse rinnovato, che non nasconde un certo fascino verso questa condizione e verso la possibilità di trasformarla in altro. Attraverso l’analisi di tre casi studio, di architetture d’autore incompiute, la Stazione di San Cristoforo, (Aldo Rossi, Gianni Braghieri, Milano, 1983- 1989), la Casa dello Studente (Giorgio Grassi, Antonio Monestiroli, Chieti, 1976), il Teatro Popolare (Giuseppe e Alberto Samonà, Sciacca, 1976), nel contributo si mette in evidenza la legacy, interessante e problematica, di una stagione dell’architettura italiana che molto credeva nelle ambizioni del progetto e poco investiva, concretamente, nelle effettive possibilità di trasformarlo in realtà. Questo corpus di architetture incompiute pone delle domande complesse alle Amministrazioni, messe in crisi dalla difficoltà di classificare e gestire delle opere così ambigue, collocate al confine tra un patrimonio ordinario e un patrimonio d’eccellenza. Oggi l’interesse verso queste realtà sembra intensificarsi, raccogliendo un bacino di interesse misto ed eterogeneo, dove le politiche per la gestione del patrimonio sembrano ibridarsi con delle pulsioni di tipo estetico e delle aperture verso modalità altre di intervenire sul costruito.
Incompiuto d’autore
GIULIA MENZIETTI
2020-01-01
Abstract
Parlare di incompiuto oggi significa far riferimento ad un vero e proprio fenomeno, che negli ultimi tempi ha raccolto interesse e attenzione da ambiti diversi e numerosi. Emergono due aspetti interessanti, che riguardano il nostro paese, sui quali vale la pena soffermarsi. Il primo riguarda la presenza specifica di un patrimonio di incompiute d’autore: un aspetto che risulta quasi paradossale al senso comune, incline ad identificare il non finito con processi di spontaneismo o con caratteri di abusività. Il secondo aspetto è relativo al mutamento della percezione di questo fenomeno: da un atteggiamento di denuncia ad un interesse rinnovato, che non nasconde un certo fascino verso questa condizione e verso la possibilità di trasformarla in altro. Attraverso l’analisi di tre casi studio, di architetture d’autore incompiute, la Stazione di San Cristoforo, (Aldo Rossi, Gianni Braghieri, Milano, 1983- 1989), la Casa dello Studente (Giorgio Grassi, Antonio Monestiroli, Chieti, 1976), il Teatro Popolare (Giuseppe e Alberto Samonà, Sciacca, 1976), nel contributo si mette in evidenza la legacy, interessante e problematica, di una stagione dell’architettura italiana che molto credeva nelle ambizioni del progetto e poco investiva, concretamente, nelle effettive possibilità di trasformarlo in realtà. Questo corpus di architetture incompiute pone delle domande complesse alle Amministrazioni, messe in crisi dalla difficoltà di classificare e gestire delle opere così ambigue, collocate al confine tra un patrimonio ordinario e un patrimonio d’eccellenza. Oggi l’interesse verso queste realtà sembra intensificarsi, raccogliendo un bacino di interesse misto ed eterogeneo, dove le politiche per la gestione del patrimonio sembrano ibridarsi con delle pulsioni di tipo estetico e delle aperture verso modalità altre di intervenire sul costruito.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


