Lungo il tratto adriatico a nord di Ancona, fino al confine con l’Abruzzo, e percorrendo le città che si snodano lungo la costa, la percezione della presenza dei porti è pressoché assente. Tale sen sazione sembrerebbe essere una costante, nonostante la dimen sione delle aree portuali – in termini di occupazione di suolo – inci da in modo consistente nel complesso delle aree urbane a diretto contatto con i centri storici. Il più delle volte i porti appaiono come interruzioni del fronte continuo degli stabilimenti balneari e della cosiddetta città diffusa. Così a San Benedetto del Tronto come a Civitanova Marche, mentre il piccolo porto turistico di Numana resta un’eccezione, connotandosi come uno dei pochi porti pae saggistici dell’intera fascia adriatica, grazie al suo adagiarsi a ridosso della falesia del Conero. Alla maggiore o minore dimensione dei porti rispetto al nucleo urbano originario corrisponde, in maniera inversamente proporzio nale, una minore o maggiore propensione alla cura e alla valorizza zione di quei caratteri che hanno dato impulso alla crescita delle città. Nella storia dello sviluppo della fascia costiera le attività lega te al porto – in primo luogo la pesca, con tutto il suo indotto, e il turismo nautico, nelle sue varie declinazioni – hanno rappresentato la causa principale della sua espansione. In questa sede il tema della cultura materiale e delle sue forme espressive sarà rivisitato in una chiave differente, riferita soprattutto agli archetipi costruttivi , che costituiscono la testimonianza prima delle attività di tipo artigianale-industriale, che in origine caratterizzavano fortemente i porti minori. In via preliminare, volendo focalizzare l’analisi sulle potenzialità derivanti da un sistema di aree prevalentemente libere da costruzioni e atte ad essere sottoposte a un processo rigenerativo, si vuole introdurre il tema della riconfigurazione del suolo, a partire dai dati disponibili e dai rilievi redatti, coinvolgendo nella trattazione complessiva il costruito contemporaneo più appresentativo. La trattazione sarà focalizzata prevalentemente sui materiali e sulle tecnologie che si ritengono adatte ad una riconversione green delle superfici, a partire dalla questione oggi cruciale del cambiamento climatico, per arrivare alla definizione di eventuali soluzioni nature based (NbS). Queste ultime si intendono concepite come essenziali per una diversa e più sostenibile complementarità nell’organizza zione degli spazi aperti, tenendo presente un principio di equilibrio tra efficacia/tempi/costi tale da garantire un rapido impatto nelle politiche di trasformazione urbana. L’anomalia – tutta italiana – dell’assenza di azioni di rigenerazione dei waterfront 2 – attuati invece in molti paesi mediterranei –, dovrebbe sollecitare la necessità di orientarsi verso interventi non eccessivamente costosi e immediatamente realizzabili, velocizzan do le risoluzioni e superando gli ostacoli derivanti dai processi di autorizzazione. Se infatti i numerosi progetti e le ricerche, frutto di bandi di concorso e di studi svolti da università ed enti di ricerca, non sono in grado di incidere sulle pratiche di realizzazione, occorre mettere in moto delle azioni graduali, che consentano man mano di avviare il processo di rigenerazione a partire dai vuoti nel tessuto, piuttosto che dagli elementi costruiti.

Habitat e paesaggio costiero in uno scenario di cambiamenti climatici.

R. Cocci Grifoni;M. F. Ottone
2021-01-01

Abstract

Lungo il tratto adriatico a nord di Ancona, fino al confine con l’Abruzzo, e percorrendo le città che si snodano lungo la costa, la percezione della presenza dei porti è pressoché assente. Tale sen sazione sembrerebbe essere una costante, nonostante la dimen sione delle aree portuali – in termini di occupazione di suolo – inci da in modo consistente nel complesso delle aree urbane a diretto contatto con i centri storici. Il più delle volte i porti appaiono come interruzioni del fronte continuo degli stabilimenti balneari e della cosiddetta città diffusa. Così a San Benedetto del Tronto come a Civitanova Marche, mentre il piccolo porto turistico di Numana resta un’eccezione, connotandosi come uno dei pochi porti pae saggistici dell’intera fascia adriatica, grazie al suo adagiarsi a ridosso della falesia del Conero. Alla maggiore o minore dimensione dei porti rispetto al nucleo urbano originario corrisponde, in maniera inversamente proporzio nale, una minore o maggiore propensione alla cura e alla valorizza zione di quei caratteri che hanno dato impulso alla crescita delle città. Nella storia dello sviluppo della fascia costiera le attività lega te al porto – in primo luogo la pesca, con tutto il suo indotto, e il turismo nautico, nelle sue varie declinazioni – hanno rappresentato la causa principale della sua espansione. In questa sede il tema della cultura materiale e delle sue forme espressive sarà rivisitato in una chiave differente, riferita soprattutto agli archetipi costruttivi , che costituiscono la testimonianza prima delle attività di tipo artigianale-industriale, che in origine caratterizzavano fortemente i porti minori. In via preliminare, volendo focalizzare l’analisi sulle potenzialità derivanti da un sistema di aree prevalentemente libere da costruzioni e atte ad essere sottoposte a un processo rigenerativo, si vuole introdurre il tema della riconfigurazione del suolo, a partire dai dati disponibili e dai rilievi redatti, coinvolgendo nella trattazione complessiva il costruito contemporaneo più appresentativo. La trattazione sarà focalizzata prevalentemente sui materiali e sulle tecnologie che si ritengono adatte ad una riconversione green delle superfici, a partire dalla questione oggi cruciale del cambiamento climatico, per arrivare alla definizione di eventuali soluzioni nature based (NbS). Queste ultime si intendono concepite come essenziali per una diversa e più sostenibile complementarità nell’organizza zione degli spazi aperti, tenendo presente un principio di equilibrio tra efficacia/tempi/costi tale da garantire un rapido impatto nelle politiche di trasformazione urbana. L’anomalia – tutta italiana – dell’assenza di azioni di rigenerazione dei waterfront 2 – attuati invece in molti paesi mediterranei –, dovrebbe sollecitare la necessità di orientarsi verso interventi non eccessivamente costosi e immediatamente realizzabili, velocizzan do le risoluzioni e superando gli ostacoli derivanti dai processi di autorizzazione. Se infatti i numerosi progetti e le ricerche, frutto di bandi di concorso e di studi svolti da università ed enti di ricerca, non sono in grado di incidere sulle pratiche di realizzazione, occorre mettere in moto delle azioni graduali, che consentano man mano di avviare il processo di rigenerazione a partire dai vuoti nel tessuto, piuttosto che dagli elementi costruiti.
2021
978 88 85795 79 2
268
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