Siamo soliti, nell’uso corrente, usare alternativamente l’espressione “Appennino” o “Appennini”, senza uno specifico riferimento all’unitarietà o alla pluriformità di questo territorio così significativo per il nostro Paese. La notevole estensione latitudinale non dà solo conto della diversità orografica, climatica, vegetazionale etc. ma restituisce uno sguardo d’assieme tra le numerosi civilizzazioni che si sono sedimentate nelle ‘terre alte’ , rimanda ad unitarietà e frammentazioni geopolitiche di lunga data, segnala la pluralità delle economie e delle organizzazioni sociali che anche con la diversità ambientale hanno fatto i conti. Sarebbe un errore logico grossolano rinchiudere questa pluriformità entro una comoda e rassicurante unitarietà, che nulla spiegherebbe e nulla metterebbe a disposizione in senso progettuale. Di più. La straordinaria sociodiversità italiana molto si nutre delle sfumature senza soluzione di continuità che così bene uniscono e differenziano spazi anche ristretti e territori contigui, con similarità transfrontaliere (tra regioni) e irriducibili diversità entro medesimi confini amministrativi. Dunque lo sguardo non può che essere plurimo, consapevole che le diversità chiamano differenti prospettive, progettualità, criticità etc. E tuttavia la storia recente di questo territorio consegnerebbe alla riflessione più di un motivo per sussumere tanta diversità sotto l’etichetta di ‘Appennino’, e sono motivi che destano una qualche preoccupazione. Nello scritto il termine 'nodo' assume una doppia valenza: si riferisce al reticolo della pluriformità socioeconomica appenninica come esito di civilizzazione millenaria e al contempo segnala con preoccupazione i rischi di interruzione, di messa in discussione di questo percorso di civilizzazione adattiva.

I nodi dell'Appennino

Marco Giovagnoli
2020-01-01

Abstract

Siamo soliti, nell’uso corrente, usare alternativamente l’espressione “Appennino” o “Appennini”, senza uno specifico riferimento all’unitarietà o alla pluriformità di questo territorio così significativo per il nostro Paese. La notevole estensione latitudinale non dà solo conto della diversità orografica, climatica, vegetazionale etc. ma restituisce uno sguardo d’assieme tra le numerosi civilizzazioni che si sono sedimentate nelle ‘terre alte’ , rimanda ad unitarietà e frammentazioni geopolitiche di lunga data, segnala la pluralità delle economie e delle organizzazioni sociali che anche con la diversità ambientale hanno fatto i conti. Sarebbe un errore logico grossolano rinchiudere questa pluriformità entro una comoda e rassicurante unitarietà, che nulla spiegherebbe e nulla metterebbe a disposizione in senso progettuale. Di più. La straordinaria sociodiversità italiana molto si nutre delle sfumature senza soluzione di continuità che così bene uniscono e differenziano spazi anche ristretti e territori contigui, con similarità transfrontaliere (tra regioni) e irriducibili diversità entro medesimi confini amministrativi. Dunque lo sguardo non può che essere plurimo, consapevole che le diversità chiamano differenti prospettive, progettualità, criticità etc. E tuttavia la storia recente di questo territorio consegnerebbe alla riflessione più di un motivo per sussumere tanta diversità sotto l’etichetta di ‘Appennino’, e sono motivi che destano una qualche preoccupazione. Nello scritto il termine 'nodo' assume una doppia valenza: si riferisce al reticolo della pluriformità socioeconomica appenninica come esito di civilizzazione millenaria e al contempo segnala con preoccupazione i rischi di interruzione, di messa in discussione di questo percorso di civilizzazione adattiva.
2020
978-88-8460-230-5
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