La strada come modello di progetto. di luca galofaro La strada era deserta. Sotto di loro, nella piccola valle, la serpentina grigia e quieta di un fiume. Precisa e immobile. Lungo la riva un ammasso di canne morte. Tutto bene? chiese l’uomo. Il bambino annuì. Poi si incamminarono sull’asfalto in una luce di piombo, strusciando i piedi nella cenere, l’uno il mondo intero dell’altro. (Cormack Mc Carty) La strada è il primo segno tracciato dall’uomo per muoversi all’interno del mondo, la strada è un segno attraverso il quale l’uomo si appropria del paesaggio e ne costruisce la struttura artificiale, attraverso la strada l’architettura struttura lo spazio urbano. La vita della città si svolge sulla strada, sulla strada l’uomo ha eretto le sue barricate per contrastare il potere politico che impone un suo disegno sociale. Le strade raccontano le città a cui appartengono e nessuno spazio urbano ha una sua riconoscibilità se non quando accostato ad una strada. Roma ha costruito la sua struttura urbana sulla strada: le consolari definiscono ancora oggi il disegno e lo sviluppo della città, partendo dal centro ed irradiandosi nel territorio, ne raccontano la storia. ma0 ha assorbito questa memoria ed oggi la trasforma in progetto. La strada è un immaginario, o meglio, segna il limite tra immaginario e realtà. Io ho scelto alcune strade per analizzare e rafforzare l’idea del progetto Far West Milano per l’area dell’Expo. Non penso siano necessarie delle spiegazioni: le parole, i libri e le immagini costruiranno una mappa della memoria che autonomamente definisce il fatto, se cerchiamo di isolare la strada dal suo contesto urbano, se riusciamo a definirla come modello di crescita urbana, e la osserviamo non come invenzione, ma come traduzione del reale in progetto. Ci sono tante strade con significati diversi, strade che superano i confini delle città e attraversano continenti. Jack Kerouac è stato il primo a mettersi on the road scrivendo la sua su un unico rotolo di carta lungo 36 metri «Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» Questa strada rappresenta il desiderio di cambiamento, è il desiderio di tornare a cercare la propria posizione del mondo. La strada può anche rappresentare salvezza e forse protezione e da sola rappresentare un'idea di mondo. Cormack McCarthy in the Road la percorre con dolore utilizzandola come metafora per descrivere il legame e l’amore totale tra un padre e un figlio. Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore. Questo vagare a piedi in un mondo altro che ha perso ogni punto di riferimento ed è rappresentato da un groviglio di strade senza origine e senza meta, dentro una natura ostile e in uno spazio urbano che ha perso ogni valore civile restituisce alla strada un ruolo fondamentale. Dalla strada deve ricominciare la ricostruzione dello spazio urbano, anche se in questa strada non ci saranno più veicoli ma solo uomini. La strada è l’ultimo legame tra tempi diversi; è un sentimento ed è il teatro delle relazioni umane. E’ soprattutto un luogo intermedio che amplifica e spesso riduce la distanza tra le persone. La strada di Federico Fellini segna la linea tra neorealismo e lirismo poetico, sulla strada scorrono le solitudini dei personaggi e per un po’ viaggiano insieme. Poi a un certo punto è il mare ad interrompere la continuità. Anche gli architetti hanno sempre osservato la strada, cercando di interpretare i suoi codici che si ripetono e si trasformano di luogo in luogo di città in città e nel farlo hanno permesso lo sviluppo della città stessa. Roman consular road address the city as a part of a territory rather than as a self contained unit. (...) Romans consular roads work with the interaction of a non referential rhythm of service points with reality. Sempre a Roma è Sisto V che sviluppa un’intera area commissionando all’architetto Domenico Fontana un piano di sviluppo che per il suo impianto può essere considerato come il primo piano di sviluppo moderno pensato attraverso strade invece che edifici. Kevin Lynch nel suo L'Immagine della città analizza e decodifica i suoi segni, ne declina una grammatica elementare. Ma è nel 1972 che un gruppo di architetti, Robert Venturi, Denise Scott Brown e Steven Izenour, deviando leggermente quel percorso che Kerouac aveva intrapreso anni prima, incontrano una città in cui le strade hanno un nuovo significato, condensano nell’idea stessa di infrastruttura uno spazio autonomo autosufficiente che è esso stesso città in ogni suo tratto. A Las Vegas la strada ha perso quelle caratteristiche necessarie a renderla luogo urbano così ben descritte da Lynch, e si trasforma nel digramma di se stessa, e assume una forma nuova rinunciando irrimediabilmente a qualcosa. La strada (the strip), è il progetto stesso della città. Questa città è un luogo particolare quasi immaginifico, fondata sul gioco d'azzardo e che ha ben poco della città tradizionale, un luogo cinematografico che rappresenta il passaggio tra due epoche tra due momenti della storia. Due tipi di ordine presenti nella Strip: l’ovvio ordine visivo degli elementi stradali e il difficile ordine visivo degli edifici e le loro insegne…..il sistema della highway dà ordine alle delicate funzioni di uscite e di entrata, così come all’immagine della strip in quanto continuum. Inoltre genera luoghi in cui far nascere imprese individuali e ne controlla lo sviluppo; permette varietà e mutamento ai suoi lati e accoglie l’ordine dialettico e competitivo di imprese individuali. A questo punto facendo un salto nel tempo e nello spazio mi ritrovo a Milano, immerso in una strada molto particolare. Un modello urbano che leggendo Roma e imparando da Las Vegas ritrova quell'aura necessaria a pensare the street e the road come un’unica entità, tra l'architettura che non è città, ma ne evoca la complessità nella sua perfetta linearità, e il paesaggio che non è campagna ma uno spazio agricolo di nuova concezione. Un luogo capace di diventare un modello di sviluppo alternativo, che rifiuta il programma ma ne accetta l'evidente necessità, rinuncia al linguaggio, perché capisce che gli edifici possono funzionare solo quando sono legati ad una struttura urbana di carattere pubblico, la strada appunto, che non ha ne inizio ne fine, the road appunto, che dialoga con il territorio perché rinuncia al suo essere infrastruttura, si apre al paesaggio, ed è un limite che non interrompe ma dà continuità. ma0 si prende il rischio di sostenere che la strada può essere una struttura autonoma che genera città dove la città ancora non è.

la strada come modello

luca galofaro
2020-01-01

Abstract

La strada come modello di progetto. di luca galofaro La strada era deserta. Sotto di loro, nella piccola valle, la serpentina grigia e quieta di un fiume. Precisa e immobile. Lungo la riva un ammasso di canne morte. Tutto bene? chiese l’uomo. Il bambino annuì. Poi si incamminarono sull’asfalto in una luce di piombo, strusciando i piedi nella cenere, l’uno il mondo intero dell’altro. (Cormack Mc Carty) La strada è il primo segno tracciato dall’uomo per muoversi all’interno del mondo, la strada è un segno attraverso il quale l’uomo si appropria del paesaggio e ne costruisce la struttura artificiale, attraverso la strada l’architettura struttura lo spazio urbano. La vita della città si svolge sulla strada, sulla strada l’uomo ha eretto le sue barricate per contrastare il potere politico che impone un suo disegno sociale. Le strade raccontano le città a cui appartengono e nessuno spazio urbano ha una sua riconoscibilità se non quando accostato ad una strada. Roma ha costruito la sua struttura urbana sulla strada: le consolari definiscono ancora oggi il disegno e lo sviluppo della città, partendo dal centro ed irradiandosi nel territorio, ne raccontano la storia. ma0 ha assorbito questa memoria ed oggi la trasforma in progetto. La strada è un immaginario, o meglio, segna il limite tra immaginario e realtà. Io ho scelto alcune strade per analizzare e rafforzare l’idea del progetto Far West Milano per l’area dell’Expo. Non penso siano necessarie delle spiegazioni: le parole, i libri e le immagini costruiranno una mappa della memoria che autonomamente definisce il fatto, se cerchiamo di isolare la strada dal suo contesto urbano, se riusciamo a definirla come modello di crescita urbana, e la osserviamo non come invenzione, ma come traduzione del reale in progetto. Ci sono tante strade con significati diversi, strade che superano i confini delle città e attraversano continenti. Jack Kerouac è stato il primo a mettersi on the road scrivendo la sua su un unico rotolo di carta lungo 36 metri «Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» Questa strada rappresenta il desiderio di cambiamento, è il desiderio di tornare a cercare la propria posizione del mondo. La strada può anche rappresentare salvezza e forse protezione e da sola rappresentare un'idea di mondo. Cormack McCarthy in the Road la percorre con dolore utilizzandola come metafora per descrivere il legame e l’amore totale tra un padre e un figlio. Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore. Questo vagare a piedi in un mondo altro che ha perso ogni punto di riferimento ed è rappresentato da un groviglio di strade senza origine e senza meta, dentro una natura ostile e in uno spazio urbano che ha perso ogni valore civile restituisce alla strada un ruolo fondamentale. Dalla strada deve ricominciare la ricostruzione dello spazio urbano, anche se in questa strada non ci saranno più veicoli ma solo uomini. La strada è l’ultimo legame tra tempi diversi; è un sentimento ed è il teatro delle relazioni umane. E’ soprattutto un luogo intermedio che amplifica e spesso riduce la distanza tra le persone. La strada di Federico Fellini segna la linea tra neorealismo e lirismo poetico, sulla strada scorrono le solitudini dei personaggi e per un po’ viaggiano insieme. Poi a un certo punto è il mare ad interrompere la continuità. Anche gli architetti hanno sempre osservato la strada, cercando di interpretare i suoi codici che si ripetono e si trasformano di luogo in luogo di città in città e nel farlo hanno permesso lo sviluppo della città stessa. Roman consular road address the city as a part of a territory rather than as a self contained unit. (...) Romans consular roads work with the interaction of a non referential rhythm of service points with reality. Sempre a Roma è Sisto V che sviluppa un’intera area commissionando all’architetto Domenico Fontana un piano di sviluppo che per il suo impianto può essere considerato come il primo piano di sviluppo moderno pensato attraverso strade invece che edifici. Kevin Lynch nel suo L'Immagine della città analizza e decodifica i suoi segni, ne declina una grammatica elementare. Ma è nel 1972 che un gruppo di architetti, Robert Venturi, Denise Scott Brown e Steven Izenour, deviando leggermente quel percorso che Kerouac aveva intrapreso anni prima, incontrano una città in cui le strade hanno un nuovo significato, condensano nell’idea stessa di infrastruttura uno spazio autonomo autosufficiente che è esso stesso città in ogni suo tratto. A Las Vegas la strada ha perso quelle caratteristiche necessarie a renderla luogo urbano così ben descritte da Lynch, e si trasforma nel digramma di se stessa, e assume una forma nuova rinunciando irrimediabilmente a qualcosa. La strada (the strip), è il progetto stesso della città. Questa città è un luogo particolare quasi immaginifico, fondata sul gioco d'azzardo e che ha ben poco della città tradizionale, un luogo cinematografico che rappresenta il passaggio tra due epoche tra due momenti della storia. Due tipi di ordine presenti nella Strip: l’ovvio ordine visivo degli elementi stradali e il difficile ordine visivo degli edifici e le loro insegne…..il sistema della highway dà ordine alle delicate funzioni di uscite e di entrata, così come all’immagine della strip in quanto continuum. Inoltre genera luoghi in cui far nascere imprese individuali e ne controlla lo sviluppo; permette varietà e mutamento ai suoi lati e accoglie l’ordine dialettico e competitivo di imprese individuali. A questo punto facendo un salto nel tempo e nello spazio mi ritrovo a Milano, immerso in una strada molto particolare. Un modello urbano che leggendo Roma e imparando da Las Vegas ritrova quell'aura necessaria a pensare the street e the road come un’unica entità, tra l'architettura che non è città, ma ne evoca la complessità nella sua perfetta linearità, e il paesaggio che non è campagna ma uno spazio agricolo di nuova concezione. Un luogo capace di diventare un modello di sviluppo alternativo, che rifiuta il programma ma ne accetta l'evidente necessità, rinuncia al linguaggio, perché capisce che gli edifici possono funzionare solo quando sono legati ad una struttura urbana di carattere pubblico, la strada appunto, che non ha ne inizio ne fine, the road appunto, che dialoga con il territorio perché rinuncia al suo essere infrastruttura, si apre al paesaggio, ed è un limite che non interrompe ma dà continuità. ma0 si prende il rischio di sostenere che la strada può essere una struttura autonoma che genera città dove la città ancora non è.
2020
9788867642090
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/439284
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