Il rapporto tra il paesaggio agrario e il sistema delle aree protette è articolato e complesso perché è il manifesto di un sistema attivo, fortemente dinamico, in cui l’uomo stabilisce profonde interazioni con la natura, determinando paesaggi. Esso mette in gioco il ruolo essenziale delle comunità locali nella gestione dei processi di conservazione e quindi introduce l’esigenza della cooperazione tra chi opera trasformazioni importanti sul territorio, espletando attività preminentemente legate all’uso agrario dei suoli, e chi ne valuta gli effetti finali attraverso l’angolo di vista della sintesi paesaggistica. Nel contempo, obbliga il sistema delle aree protette a ripensare le politiche di conservazione della biodiversità che risulterebbero inattuabili, nella maggior parte delle aree protette europee, se dissociate dal controllo delle attività agro-silvo-pastorali. Affidare alla pianificazione la gestione di un rapporto così delicato e gravido di conseguenze, significa, prima di tutto, riconoscere il primato dell’azione progettuale, nel senso che non può esistere conservazione senza innovazione; mezzo secolo di fallimenti dell’azione dell’inibire e del difendere passivamente debbono essere accuratamente valutati in tal senso. D’altronde, la stessa Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000) ci ricorda che il «... Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni ...» e quindi rappresenta la forma del territorio, l'espressione della comunità che su quel territorio vive e opera.

Paesaggi agrari e aree protette: la via della pianificazione

Sargolini, Massimo;ilenia pierantoni
2018-01-01

Abstract

Il rapporto tra il paesaggio agrario e il sistema delle aree protette è articolato e complesso perché è il manifesto di un sistema attivo, fortemente dinamico, in cui l’uomo stabilisce profonde interazioni con la natura, determinando paesaggi. Esso mette in gioco il ruolo essenziale delle comunità locali nella gestione dei processi di conservazione e quindi introduce l’esigenza della cooperazione tra chi opera trasformazioni importanti sul territorio, espletando attività preminentemente legate all’uso agrario dei suoli, e chi ne valuta gli effetti finali attraverso l’angolo di vista della sintesi paesaggistica. Nel contempo, obbliga il sistema delle aree protette a ripensare le politiche di conservazione della biodiversità che risulterebbero inattuabili, nella maggior parte delle aree protette europee, se dissociate dal controllo delle attività agro-silvo-pastorali. Affidare alla pianificazione la gestione di un rapporto così delicato e gravido di conseguenze, significa, prima di tutto, riconoscere il primato dell’azione progettuale, nel senso che non può esistere conservazione senza innovazione; mezzo secolo di fallimenti dell’azione dell’inibire e del difendere passivamente debbono essere accuratamente valutati in tal senso. D’altronde, la stessa Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000) ci ricorda che il «... Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni ...» e quindi rappresenta la forma del territorio, l'espressione della comunità che su quel territorio vive e opera.
2018
9788894199970
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/422586
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