Nell’alveo del (presunto) rapporto fra terrorismo e flussi migratori il saggio analizza in chiave critica la disciplina legislativa europea in materia di rilevamento delle impronte digitali, alla luce del Regolamento Eurodac, nell’ottica di un bilanciamento tra l’interesse degli Stati membri dell’Unione europea di predisporre un sistema volto a contrastare le migrazioni auto-avviatesi e il rispetto dei diritti umani di chi, potenziale richiedente asilo, fugge da guerre e persecuzioni. La possibilità introdotta dal Regolamento di consentire – a certe condizioni – alle autorità nazionali preposte al contrasto al terrorismo o ad altri reati gravi, nonché a Europol, l’accesso al database dei dati biometrici nel quale sono registrate le impronte digitali dei migranti e dei cittadini di Paesi terzi non appartenenti allo Spazio Economico Europeo, è particolarmente emblematico dello slittamento degenerativo della ratio del database stesso: da una funzione ancillare al Regolamento di Dublino quale strumento di identificazione umanitaria, a mezzo di repressione, preventivo e discriminatorio, di matrice prettamente sicuritaria. Peraltro, l’attuale proposta di rifusione del Regolamento Eurodac sembra confermare e, anzi, esacerbare, questa impostazione.
Il Regolamento Eurodac quale paradigma della (con)fusione di istanze umanitarie e securitarie
Agostina Latino
2018-01-01
Abstract
Nell’alveo del (presunto) rapporto fra terrorismo e flussi migratori il saggio analizza in chiave critica la disciplina legislativa europea in materia di rilevamento delle impronte digitali, alla luce del Regolamento Eurodac, nell’ottica di un bilanciamento tra l’interesse degli Stati membri dell’Unione europea di predisporre un sistema volto a contrastare le migrazioni auto-avviatesi e il rispetto dei diritti umani di chi, potenziale richiedente asilo, fugge da guerre e persecuzioni. La possibilità introdotta dal Regolamento di consentire – a certe condizioni – alle autorità nazionali preposte al contrasto al terrorismo o ad altri reati gravi, nonché a Europol, l’accesso al database dei dati biometrici nel quale sono registrate le impronte digitali dei migranti e dei cittadini di Paesi terzi non appartenenti allo Spazio Economico Europeo, è particolarmente emblematico dello slittamento degenerativo della ratio del database stesso: da una funzione ancillare al Regolamento di Dublino quale strumento di identificazione umanitaria, a mezzo di repressione, preventivo e discriminatorio, di matrice prettamente sicuritaria. Peraltro, l’attuale proposta di rifusione del Regolamento Eurodac sembra confermare e, anzi, esacerbare, questa impostazione.File | Dimensione | Formato | |
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