Durante l’ultimo decennio eventi climatici eccezionali hanno messo a dura prova città e territori in tutto il mondo con un alto costo in vite umane e un grande dispendio di risorse. Molti degli sforzi compiuti sono andati nella direzione di aumentare la resilienza delle città e dei territori concentrandosi sull’ambiente fisico e intervenendo sulle infrastrutture al fine di favorire l’adattamento e la mitigazione dei rischi. Quanto si è fatto finora non si è rivelato sufficiente; oggi si chiede di intervenire sulle “infrastrutture sociali”, sulla resilienza delle comunità, accrescendone la capacità di affrontare i rischi, di recuperare dopo eventi traumatici, di apprendere dal passato per rafforzare gli sforzi di risposta e per proiettarsi verso il futuro. Per far questo occorre promuovere il protagonismo delle comunità locali con azioni che spaziano dalla comunicazione alla formazione; dalla individuazione delle risorse di cui disporre alla sensibilizzazione e al rafforzamento dell’identità urbana; dalla partecipazione alla responsabilizzazione individuale e collettiva nei confronti dei beni comuni, ecc. Le raccomandazioni che ci provengono da alcune tra le esperienze più all’avanguardia (Città di Rotterdam e Stato di New York) ci suggeriscono l’opportunità di promuovere una nuova ‘governance del rischio’ in cui il ruolo degli enti pubblici è quello di coordinare e facilitare le azioni e gli interventi per ridurre i rischi e affrontare le emergenze, e non di imporre soluzioni dall’alto. La partecipazione delle comunità locali all’interno di un processo di governance così riformulato potrà favorire un maggior coordinamento, una maggiore legittimizzazione delle proposte di messa in sicurezza dei territori, una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione degli individui e delle comunità, una maggiore capacità di ripartire.

Comunità resilienti ai disastri ambientali: esperienze di governance a confronto

Chiara Camaioni;Rosalba D'Onofrio;Elio Trusiani
2017-01-01

Abstract

Durante l’ultimo decennio eventi climatici eccezionali hanno messo a dura prova città e territori in tutto il mondo con un alto costo in vite umane e un grande dispendio di risorse. Molti degli sforzi compiuti sono andati nella direzione di aumentare la resilienza delle città e dei territori concentrandosi sull’ambiente fisico e intervenendo sulle infrastrutture al fine di favorire l’adattamento e la mitigazione dei rischi. Quanto si è fatto finora non si è rivelato sufficiente; oggi si chiede di intervenire sulle “infrastrutture sociali”, sulla resilienza delle comunità, accrescendone la capacità di affrontare i rischi, di recuperare dopo eventi traumatici, di apprendere dal passato per rafforzare gli sforzi di risposta e per proiettarsi verso il futuro. Per far questo occorre promuovere il protagonismo delle comunità locali con azioni che spaziano dalla comunicazione alla formazione; dalla individuazione delle risorse di cui disporre alla sensibilizzazione e al rafforzamento dell’identità urbana; dalla partecipazione alla responsabilizzazione individuale e collettiva nei confronti dei beni comuni, ecc. Le raccomandazioni che ci provengono da alcune tra le esperienze più all’avanguardia (Città di Rotterdam e Stato di New York) ci suggeriscono l’opportunità di promuovere una nuova ‘governance del rischio’ in cui il ruolo degli enti pubblici è quello di coordinare e facilitare le azioni e gli interventi per ridurre i rischi e affrontare le emergenze, e non di imporre soluzioni dall’alto. La partecipazione delle comunità locali all’interno di un processo di governance così riformulato potrà favorire un maggior coordinamento, una maggiore legittimizzazione delle proposte di messa in sicurezza dei territori, una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione degli individui e delle comunità, una maggiore capacità di ripartire.
2017
9788899237097
273
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