Ho conosciuto la Prof.ssa Carmela Cortini Pedrotti nel novembre del 1977 quando, matricola di Scienze Biologiche all’Università di Camerino, ho iniziato a frequentare le lezioni di Botanica. In quello stesso periodo l’Istituto di Botanica si trasferiva dalla vecchia sede sita nel Palazzo Ducale alla nuova, prestigiosa sede di Palazzo Castelli, da lei fortemente voluta. Ho avuto subito la possibilità di conoscere la sua tenacia, la passione che metteva anche nella cura dei minimi particolari: dall’allestimento dei laboratori, all’arredamento della biblioteca, che arrivava sino alla scelta del colore delle scrivanie e degli armadi. E tutto senza trascurare la ricerca, alla quale ha dedicato tutta la sua vita. Ho quindi condiviso con lei, prima da studente e poi da ricercatore, trent’anni di vita: l’attività didattica e scientifica, il laboratorio di Briologia, ma anche momenti di convivialità durante i quali ho potuto apprezzare la sua personalità e la sua umanità; la sua tenacia che spesso rasentava la caparbietà nell’affrontare la ricerca così come la direzione del Dipartimento. Ho potuto infine assistere negli ultimi anni della sua vita, con un forte senso di impotenza, al rapido progredire della malattia, mentre con grande sofferenza, ma con grande pazienza e sopportazione, attendeva alle ultime correzioni della Flora dei Muschi d’Italia, prima opera del genere in Italia ed una delle poche realizzate nel panorama scientifico internazionale. Opera alla quale ha dedicato molti anni della sua carriera, coronamento delle sue ricerche e delle sue conoscenze in campo briologico. A chi gli obiettava che tale opera fosse stata scritta in lingua italiana e non in inglese e che quindi non avesse un “peso” rilevante nella valutazione scientifica, lei rispondeva: “Io non lavoro per l’impact factor”. E forse in questa espressione, che oggi può apparire anacronistica, è rappresentata la sua indole di ricercatrice di altri tempi, ma allo stesso tempo è condensata la sua personalità, riservata, modesta, ma al contempo concreta, decisa e, talvolta, anche irremovibile. 5 Contemporaneamente non ha mai smesso di cercare di trasmettere a chi frequentava il suo studio e laboratorio, studenti e ricercatori, la sua passione per le Briofite nell’intento e nella convinzione di dover riportare in auge la Briologia, una disciplina che in Italia aveva avuto una grande tradizione nella seconda metà dell’800 fino ai primi decenni del 1900. Ha così formato molti allievi che ora svolgono la loro attività di ricerca in diverse sedi universitarie, sia mediante soggiorni individuali presso il Dipartimento di Botanica ed Ecologia di Camerino, sia con l’organizzazione di numerosi corsi di specializzazione ed escursioni sul campo. Nel 1992, quando si rese conto che i tempi erano ormai maturi, ha promosso la fondazione in seno alla Società Botanica Italiana del Gruppo di Lavoro per la Briologia, di cui è stata per molti anni la coordinatrice, e le cui iniziative sono state finalizzate alla creazione di un gruppo stabile di briologi impegnati, singolarmente e collegialmente, ad incrementare le ricerche di tipo floristico, vegetazionale ed ecologico. E nel settembre del 2001, in occasione del X Meeting dell’Optima a Palermo, proprio in segno di gratitudine per la carriera accademica e per la passione con cui era riuscita negli anni a far appassionare alla Briologia tanti giovani ricercatori, gli aderenti al Gruppo per la Briologia le consegnarono una medaglia ricordo in oro; in quella occasione ricevette anche, dalle mani del Presidente della Fondazione Internazionale Pro Herbario Mediterraneo, principe Amedeo di Savoia, una targa “In riconoscimento dell’alto valore dell’opera botanica Flora dei Muschi d’Italia”. Fra alcuni suoi allievi nacque in quella circostanza anche l’idea di realizzare una raccolta di studi briologici in suo onore che vide la luce nel 2004 come volume 34 della collana scientifica Braun-Blanquetia, che comprendeva 26 contributi di ricercatori italiani e stranieri nei diversi settori della Briologia e che fu presentato nel giugno dello stesso anno alla sua presenza nel corso di una riunione scientifica del Gruppo svoltasi presso l’Istituto di Botanica dell’Università di Catania. Anche in quell’occasione le fu consegnata una targa ricordo “per la professionalità, per i meriti scientifici, per aver risvegliato ed elevato la Briologia in Italia”. Il 26 novembre 2016, in occasione della riunione della Sezione Umbro-Marchigiana della Società Botanica Italiana a Torre Orsina, è stato inaugurato alla cascata delle Marmore il “Percorso briologico-didattico Carmela Cortini Pedrotti” in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia e il C.E.A. Cascata delle Marmore. Il percorso, primo del genere in Italia, è caratterizzato dalla presenza di pannelli divulgativi sulle caratteristiche botaniche delle Briofite, sulla loro origine, morfologia ed ecologia oltre ai cartellini con la descrizione e le immagini delle specie presenti lungo l’itinerario. Sebbene negli ultimi anni della sua vita non avesse partecipato ai congressi societari, ella teneva molto a rinnovare l’iscrizione e l’abbonamento alle riviste societarie e seguiva con assiduità e cura le attività del Gruppo di 6 Briologia. Anche negli ultimi mesi della sua vita ella si volle accertare che le fosse stata rinnovata l’iscrizione. Nei primi giorni del marzo 2007, poco più di un mese prima della sua morte, il Prof. Donato Chiatante, Presidente della Società Botanica Italiana, con una iniziativa che oggi potrei definire profetica, decise di visitare in ospedale la Prof.ssa Cortini Pedrotti e di consegnarle la medaglia d’oro destinata ai soci anziani. Oggi, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, la sua presenza è sempre più viva: nella mia attività didattica e di ricerca, nelle mie escursioni di campo, in laboratorio, quando diventa faticoso e difficile stare ore e ore davanti al microscopio senza riuscire a identificare una specie. La ricordo e la sento vicina come un maestro in grado di trasmettere, senza esitazioni o gelosie, un rigoroso metodo scientifico di indagine della realtà, della natura, secondo la totalità dei suoi fattori, consapevole fino in fondo, per usare una espressione di Pascal, che “L’uomo è posto fra due infiniti, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo – proprio come il mondo dei suoi muschi –, un nulla a confronto con l’Infinito, tutto a confronto con il nulla, ma entrambi a lui incomprensibili”.

Scritti in ricordo di Carmela Cortini Pedrotti (1931-2007)

Aleffi M.
2017-01-01

Abstract

Ho conosciuto la Prof.ssa Carmela Cortini Pedrotti nel novembre del 1977 quando, matricola di Scienze Biologiche all’Università di Camerino, ho iniziato a frequentare le lezioni di Botanica. In quello stesso periodo l’Istituto di Botanica si trasferiva dalla vecchia sede sita nel Palazzo Ducale alla nuova, prestigiosa sede di Palazzo Castelli, da lei fortemente voluta. Ho avuto subito la possibilità di conoscere la sua tenacia, la passione che metteva anche nella cura dei minimi particolari: dall’allestimento dei laboratori, all’arredamento della biblioteca, che arrivava sino alla scelta del colore delle scrivanie e degli armadi. E tutto senza trascurare la ricerca, alla quale ha dedicato tutta la sua vita. Ho quindi condiviso con lei, prima da studente e poi da ricercatore, trent’anni di vita: l’attività didattica e scientifica, il laboratorio di Briologia, ma anche momenti di convivialità durante i quali ho potuto apprezzare la sua personalità e la sua umanità; la sua tenacia che spesso rasentava la caparbietà nell’affrontare la ricerca così come la direzione del Dipartimento. Ho potuto infine assistere negli ultimi anni della sua vita, con un forte senso di impotenza, al rapido progredire della malattia, mentre con grande sofferenza, ma con grande pazienza e sopportazione, attendeva alle ultime correzioni della Flora dei Muschi d’Italia, prima opera del genere in Italia ed una delle poche realizzate nel panorama scientifico internazionale. Opera alla quale ha dedicato molti anni della sua carriera, coronamento delle sue ricerche e delle sue conoscenze in campo briologico. A chi gli obiettava che tale opera fosse stata scritta in lingua italiana e non in inglese e che quindi non avesse un “peso” rilevante nella valutazione scientifica, lei rispondeva: “Io non lavoro per l’impact factor”. E forse in questa espressione, che oggi può apparire anacronistica, è rappresentata la sua indole di ricercatrice di altri tempi, ma allo stesso tempo è condensata la sua personalità, riservata, modesta, ma al contempo concreta, decisa e, talvolta, anche irremovibile. 5 Contemporaneamente non ha mai smesso di cercare di trasmettere a chi frequentava il suo studio e laboratorio, studenti e ricercatori, la sua passione per le Briofite nell’intento e nella convinzione di dover riportare in auge la Briologia, una disciplina che in Italia aveva avuto una grande tradizione nella seconda metà dell’800 fino ai primi decenni del 1900. Ha così formato molti allievi che ora svolgono la loro attività di ricerca in diverse sedi universitarie, sia mediante soggiorni individuali presso il Dipartimento di Botanica ed Ecologia di Camerino, sia con l’organizzazione di numerosi corsi di specializzazione ed escursioni sul campo. Nel 1992, quando si rese conto che i tempi erano ormai maturi, ha promosso la fondazione in seno alla Società Botanica Italiana del Gruppo di Lavoro per la Briologia, di cui è stata per molti anni la coordinatrice, e le cui iniziative sono state finalizzate alla creazione di un gruppo stabile di briologi impegnati, singolarmente e collegialmente, ad incrementare le ricerche di tipo floristico, vegetazionale ed ecologico. E nel settembre del 2001, in occasione del X Meeting dell’Optima a Palermo, proprio in segno di gratitudine per la carriera accademica e per la passione con cui era riuscita negli anni a far appassionare alla Briologia tanti giovani ricercatori, gli aderenti al Gruppo per la Briologia le consegnarono una medaglia ricordo in oro; in quella occasione ricevette anche, dalle mani del Presidente della Fondazione Internazionale Pro Herbario Mediterraneo, principe Amedeo di Savoia, una targa “In riconoscimento dell’alto valore dell’opera botanica Flora dei Muschi d’Italia”. Fra alcuni suoi allievi nacque in quella circostanza anche l’idea di realizzare una raccolta di studi briologici in suo onore che vide la luce nel 2004 come volume 34 della collana scientifica Braun-Blanquetia, che comprendeva 26 contributi di ricercatori italiani e stranieri nei diversi settori della Briologia e che fu presentato nel giugno dello stesso anno alla sua presenza nel corso di una riunione scientifica del Gruppo svoltasi presso l’Istituto di Botanica dell’Università di Catania. Anche in quell’occasione le fu consegnata una targa ricordo “per la professionalità, per i meriti scientifici, per aver risvegliato ed elevato la Briologia in Italia”. Il 26 novembre 2016, in occasione della riunione della Sezione Umbro-Marchigiana della Società Botanica Italiana a Torre Orsina, è stato inaugurato alla cascata delle Marmore il “Percorso briologico-didattico Carmela Cortini Pedrotti” in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia e il C.E.A. Cascata delle Marmore. Il percorso, primo del genere in Italia, è caratterizzato dalla presenza di pannelli divulgativi sulle caratteristiche botaniche delle Briofite, sulla loro origine, morfologia ed ecologia oltre ai cartellini con la descrizione e le immagini delle specie presenti lungo l’itinerario. Sebbene negli ultimi anni della sua vita non avesse partecipato ai congressi societari, ella teneva molto a rinnovare l’iscrizione e l’abbonamento alle riviste societarie e seguiva con assiduità e cura le attività del Gruppo di 6 Briologia. Anche negli ultimi mesi della sua vita ella si volle accertare che le fosse stata rinnovata l’iscrizione. Nei primi giorni del marzo 2007, poco più di un mese prima della sua morte, il Prof. Donato Chiatante, Presidente della Società Botanica Italiana, con una iniziativa che oggi potrei definire profetica, decise di visitare in ospedale la Prof.ssa Cortini Pedrotti e di consegnarle la medaglia d’oro destinata ai soci anziani. Oggi, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, la sua presenza è sempre più viva: nella mia attività didattica e di ricerca, nelle mie escursioni di campo, in laboratorio, quando diventa faticoso e difficile stare ore e ore davanti al microscopio senza riuscire a identificare una specie. La ricordo e la sento vicina come un maestro in grado di trasmettere, senza esitazioni o gelosie, un rigoroso metodo scientifico di indagine della realtà, della natura, secondo la totalità dei suoi fattori, consapevole fino in fondo, per usare una espressione di Pascal, che “L’uomo è posto fra due infiniti, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo – proprio come il mondo dei suoi muschi –, un nulla a confronto con l’Infinito, tutto a confronto con il nulla, ma entrambi a lui incomprensibili”.
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