Detronizzare la geometria di Euclide, come abbiamo fatto nei capitoli precedenti, riducendola a una particolare fra le molte possibili, porta inevitabilmente a porsi una domanda: visto che ci sono tante geometrie, qual è la più adatta a descrivere lo spazio fisico? Probabilmente la risposta esatta è «dipende». La geometria euclidea consente infatti di capire molte cose: se però ci limitiamo a quella, ci sono dei fenomeni, su scala sia macroscopica sia microscopica, che non riusciamo a spiegare. È possibile che i nuovi strumenti forniti dalle geometrie non euclidee riescano invece a darne conto, consentendo una comprensione migliore del mondo in cui viviamo? Quando si pensava che i pianeti girassero attorno alla Terra, erano necessari calcoli complicatissimi per spiegare i fenomeni osservati. Un semplice cambiamento di punto di vista, che mise il Sole al centro e tutti i pianeti intorno, permise di migliorare moltissimo l’interpretazione dei fatti. Infine, rinunciare alle traiettorie circolari per quelle ellittiche consentì di sistemare tutto: la matematica, utilizzata per formalizzare senza pregiudizi le osservazioni sperimentali, si rivelò lo strumento giusto per fornire la giustificazione di fatti di cui altrimenti si sarebbe avuta una comprensione solo parziale. Allo stesso modo, i cosmologi usano oggi la matematica come un “telescopio mentale”, puntato in direzione dei fenomeni di cui ancora non hanno una spiegazione definitiva: disporre di numerose “lenti di ricambio” può, almeno in linea di principio, consentire di immaginare scenari diversi, ottenere interpretazioni feconde, fornire spiegazioni inedite e aumentare così la comprensione dello spazio che ci circonda. In questo contributo, dopo una breve esposizione dei principi fondamentali delle geometrie non euclidee, delineeremo una sorta di baby-cosmologia, che mira a far vedere quale possa essere il ruolo delle «geometrie del soprannaturale», come le definirono i loro detrattori, nella comprensione di un oggetto che soprannaturale non è affatto: l’universo in cui viviamo.

Il telescopio mentale: che cosa possiamo dire a proposito della forma dell'universo?

BENVENUTI, Silvia
2014-01-01

Abstract

Detronizzare la geometria di Euclide, come abbiamo fatto nei capitoli precedenti, riducendola a una particolare fra le molte possibili, porta inevitabilmente a porsi una domanda: visto che ci sono tante geometrie, qual è la più adatta a descrivere lo spazio fisico? Probabilmente la risposta esatta è «dipende». La geometria euclidea consente infatti di capire molte cose: se però ci limitiamo a quella, ci sono dei fenomeni, su scala sia macroscopica sia microscopica, che non riusciamo a spiegare. È possibile che i nuovi strumenti forniti dalle geometrie non euclidee riescano invece a darne conto, consentendo una comprensione migliore del mondo in cui viviamo? Quando si pensava che i pianeti girassero attorno alla Terra, erano necessari calcoli complicatissimi per spiegare i fenomeni osservati. Un semplice cambiamento di punto di vista, che mise il Sole al centro e tutti i pianeti intorno, permise di migliorare moltissimo l’interpretazione dei fatti. Infine, rinunciare alle traiettorie circolari per quelle ellittiche consentì di sistemare tutto: la matematica, utilizzata per formalizzare senza pregiudizi le osservazioni sperimentali, si rivelò lo strumento giusto per fornire la giustificazione di fatti di cui altrimenti si sarebbe avuta una comprensione solo parziale. Allo stesso modo, i cosmologi usano oggi la matematica come un “telescopio mentale”, puntato in direzione dei fenomeni di cui ancora non hanno una spiegazione definitiva: disporre di numerose “lenti di ricambio” può, almeno in linea di principio, consentire di immaginare scenari diversi, ottenere interpretazioni feconde, fornire spiegazioni inedite e aumentare così la comprensione dello spazio che ci circonda. In questo contributo, dopo una breve esposizione dei principi fondamentali delle geometrie non euclidee, delineeremo una sorta di baby-cosmologia, che mira a far vedere quale possa essere il ruolo delle «geometrie del soprannaturale», come le definirono i loro detrattori, nella comprensione di un oggetto che soprannaturale non è affatto: l’universo in cui viviamo.
2014
978-88-238-8056-6
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