Il disegno è uno strumento di rappresentazione capace di restare in bilico tra ragione e utopia: può agire simultaneamente sia sulla scientificità e la concretezza del progetto che sull’immaginazione, sul desiderio, con l’obiettivo di risolvere sia problemi concreti sia ideali che investono tutti i campi dell’architettura. Nella contemporaneità l'architettura riesce ancora a mantenere un suo campo disciplinare? Come parla del suo futuro? Nel pensiero comune, confortato da ambigue discussioni accademiche, le idee sull’architettura e la città si “ingegnerizzano” in nome del pragmatismo ambientale e della convenienza costruttiva, oppure si rifugiano nel recupero o nel riciclo dell’esistente. Dunque il panorama contemporaneo riflette la difficoltà a riconoscere il nesso tra sperimentazione teorica e pratica del progetto e, ancora più lontana appare la capacità di costruire un pensiero utopico, di futuro. Ci conforta invece constatare che si accendono dibattiti e discussioni sul ruolo della teoria e nostalgie sugli anni in cui l’architettura disegnava quel futuro, che, oggi, sembra essere egemonia non solo del cinema o della pubblicità, ma anche dei videogiochi. L’abdicazione della disciplina architettonica verso le capacità di rappresentare il desiderio di futuro, in Italia è contrastata da una generazione di architetti che tornano ad impegnarsi con lo strumento del disegno visionario. Anche se in modo individuale e discontinuo, torna un pensiero teorico che stimola la pratica del disegno per rappresentare visioni di trasformazione di un realtà che ci apparirebbe statica e immodificabile.
Disegni di futuro
ROMAGNI, Ludovico
2016-01-01
Abstract
Il disegno è uno strumento di rappresentazione capace di restare in bilico tra ragione e utopia: può agire simultaneamente sia sulla scientificità e la concretezza del progetto che sull’immaginazione, sul desiderio, con l’obiettivo di risolvere sia problemi concreti sia ideali che investono tutti i campi dell’architettura. Nella contemporaneità l'architettura riesce ancora a mantenere un suo campo disciplinare? Come parla del suo futuro? Nel pensiero comune, confortato da ambigue discussioni accademiche, le idee sull’architettura e la città si “ingegnerizzano” in nome del pragmatismo ambientale e della convenienza costruttiva, oppure si rifugiano nel recupero o nel riciclo dell’esistente. Dunque il panorama contemporaneo riflette la difficoltà a riconoscere il nesso tra sperimentazione teorica e pratica del progetto e, ancora più lontana appare la capacità di costruire un pensiero utopico, di futuro. Ci conforta invece constatare che si accendono dibattiti e discussioni sul ruolo della teoria e nostalgie sugli anni in cui l’architettura disegnava quel futuro, che, oggi, sembra essere egemonia non solo del cinema o della pubblicità, ma anche dei videogiochi. L’abdicazione della disciplina architettonica verso le capacità di rappresentare il desiderio di futuro, in Italia è contrastata da una generazione di architetti che tornano ad impegnarsi con lo strumento del disegno visionario. Anche se in modo individuale e discontinuo, torna un pensiero teorico che stimola la pratica del disegno per rappresentare visioni di trasformazione di un realtà che ci apparirebbe statica e immodificabile.File | Dimensione | Formato | |
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