Il suolo costituisce una sorprendente ed ancora misconosciuta riserva di biodiversità. I molti gruppi (taxa) di organismi (microbici e non) che lo popolano danno luogo a complesse interazioni trofiche la cui integrità funzionale garantisce importanti servizi ecosistemici, tra cui: la decomposizione della materia organica, il riciclo dei nutrienti, il controllo microclimatico, la regolazione dei processi idrologici e di “bioremediation” del suolo e molti altri ancora. I diversi metodi di gestione agricola (convenzionale ed ecosostenibili) hanno dimostrato di avere diverso grado di impatto sugli organismi del suolo sia in termini qualitativi (struttura/composizione delle comunità) che quantitativi. A questo riguardo, gestioni agricole ecosostenibili come l’agricoltura biologica, che impiegano pratiche come la rotazione delle colture, la consociazione vegetale, il sovescio e la letamazione e non fanno uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, consentono di rispettare i delicati equilibri ecologici che regolano l’ecosistema del suolo al fine di preservarne la fertilità e stabilità. L’importanza del ruolo funzionale della biodiversità del suolo negli agroecosistemi è stata ampiamente riconosciuta a livello Internazionale già a partire dagli anni 2000 con la “Soil Biodiversity iniziative” promossa dalla FAO (http://www.fao.org/ag/AGL/agll/soilbiod/) per approdare all’ultimo rapporto della Commissione Europea DG ENV “Soil biodiversity: functions, threats and tools for policy makers” (2010). L’obiettivo primario di questo rapporto è stato quello di fornire ai decisori politici una panoramica aggiornata delle conoscenze sulla biodiversità del suolo e del suo ruolo nella gestione dell’agroecosistema, per consentirgli di approntare adeguati piani di biomonitoraggio, strumenti legislativi e regolamenti volti alla tutela della biodiversità del suolo in considerazione del ruolo da essa esercitato nel mantenere la qualità dei suoli. Ad oggi sono stati sviluppati (ed altri ancora sono in via di definizione) alcuni indici di qualità dei suoli basati sul monitoraggio di alcuni gruppi di organismi del suolo. Uno tra gli indici più noti (ed usati) è rappresentato dall’indice di Qualità Biologica del Suolo artropodi (QBS-ar) che analizza la struttura delle comunità di microartropodi del suolo (Parisi et al., 2005). Il QBS-ar valuta lo stato della mesofauna, ovvero di quella componente della fauna edafica comprendente tutti gli artropodi di dimensioni inferiori ai 2 mm, il cui ruolo ecologico principale è legato alla regolazione delle comunità microbiche e al processo di umificazione. Il QBS-ar si basa sulla valutazione della presenza di più gruppi di artropodi bioindicatori (Isopodi, Acari, Collemboli, Sinfili,…) ed attribuisce a ciascuna forma biologica un EMI (Indice Ecomorfologico) con dei punteggi variabili da 1 a 20, in relazione al grado di adattamento al suolo. Le fasi operative di questo metodo sono riassumibili in 3 punti: 1) prelievo del campione di suolo; 2) estrazione dei microartropodi attraverso il selettore Berlese-Tullgren; 3) osservazione del campione, assegnazione degli EMI e attribuzione del valore di qualità (QBS-ar). I valori sono generalmente compresi tra i 40-50 per un suolo arato fino ai 250-300 ed oltre di un bosco. In questo contesto, l’Unità di Ecologia Animale e Molecolare della Scuola di Scienze Ambientali dell’Università di Camerino sta attualmente svolgendo nell’ambito di vari progetti, un’attività di biomonitoraggio dei suoli in varie tipologie di agroecosistemi (seminativi, oliveti, frutteti e vigneti) a conduzione biologica delle regioni Lombardia e Marche, con l’obiettivo finale di contribuire all’identificazione di un minimum set di indicatori biologici, chimico-fisici (e gestionali) per la valutazione nel lungo periodo degli eventuali benefici apportati dalle pratiche biologiche alla qualità del suolo. I dati fino ad ora ottenuti nell’arco di circa un triennio di biomonitoraggio condotto sia sugli agroecosistemi a conduzione biologica che su ecosistemi naturali (boschi, pascoli), indicano così come stimato mediante l’uso integrato di due indici (protozoi e microartropodi), che la qualità dei suoli di Aziende della provincia di Macerata, sia qualitativamente superiore a quella stimata per le stesse tipologie di Aziende localizzate nella Pianura Padana. Di particolare interesse sono i risultati ottenuti per vigneti del distretto del Verdicchio di Matelica, a conduzione biologica da 20 anni, in cui si sono ripetutamente ottenuti valori di QBS-ar superiori a 200. In conclusione, l’utilizzo di biondicatori/indici di qualità del suolo a servizio dell’agricoltura e la promozione di tecniche colturali biologiche, rappresentano tematiche cogenti a livello nazionale ed internazionale che se adeguatamente implementate all’interno delle conduzioni agricole rivestirebbero un ruolo significativo per la conservazione della biodiversità, e la sostenibilità dell’agroecosistema al quale, e sempre con maggior attenzione, oltre al ruolo di produttore di beni primari, è richiesto di svolgere un ruolo ecologico di conservazione della biodiversità e miglioramento ambientale a livello globale. Queste attività di biomonitoraggio ben si collocano nello scenario produttivo regionale in quanto le Marche da tempo, rappresentano un’eccellenza per la produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti biologici e potrebbero quindi, contribuire a conferire valore aggiunto ai prodotti e ai loro territori di provenienza.

Il Biomonitoraggio della Qualità del Suolo: Esperienze in Agricoltura Biologica

LA TERZA, Antonietta;BHARTI, DAIZY;
2011-01-01

Abstract

Il suolo costituisce una sorprendente ed ancora misconosciuta riserva di biodiversità. I molti gruppi (taxa) di organismi (microbici e non) che lo popolano danno luogo a complesse interazioni trofiche la cui integrità funzionale garantisce importanti servizi ecosistemici, tra cui: la decomposizione della materia organica, il riciclo dei nutrienti, il controllo microclimatico, la regolazione dei processi idrologici e di “bioremediation” del suolo e molti altri ancora. I diversi metodi di gestione agricola (convenzionale ed ecosostenibili) hanno dimostrato di avere diverso grado di impatto sugli organismi del suolo sia in termini qualitativi (struttura/composizione delle comunità) che quantitativi. A questo riguardo, gestioni agricole ecosostenibili come l’agricoltura biologica, che impiegano pratiche come la rotazione delle colture, la consociazione vegetale, il sovescio e la letamazione e non fanno uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, consentono di rispettare i delicati equilibri ecologici che regolano l’ecosistema del suolo al fine di preservarne la fertilità e stabilità. L’importanza del ruolo funzionale della biodiversità del suolo negli agroecosistemi è stata ampiamente riconosciuta a livello Internazionale già a partire dagli anni 2000 con la “Soil Biodiversity iniziative” promossa dalla FAO (http://www.fao.org/ag/AGL/agll/soilbiod/) per approdare all’ultimo rapporto della Commissione Europea DG ENV “Soil biodiversity: functions, threats and tools for policy makers” (2010). L’obiettivo primario di questo rapporto è stato quello di fornire ai decisori politici una panoramica aggiornata delle conoscenze sulla biodiversità del suolo e del suo ruolo nella gestione dell’agroecosistema, per consentirgli di approntare adeguati piani di biomonitoraggio, strumenti legislativi e regolamenti volti alla tutela della biodiversità del suolo in considerazione del ruolo da essa esercitato nel mantenere la qualità dei suoli. Ad oggi sono stati sviluppati (ed altri ancora sono in via di definizione) alcuni indici di qualità dei suoli basati sul monitoraggio di alcuni gruppi di organismi del suolo. Uno tra gli indici più noti (ed usati) è rappresentato dall’indice di Qualità Biologica del Suolo artropodi (QBS-ar) che analizza la struttura delle comunità di microartropodi del suolo (Parisi et al., 2005). Il QBS-ar valuta lo stato della mesofauna, ovvero di quella componente della fauna edafica comprendente tutti gli artropodi di dimensioni inferiori ai 2 mm, il cui ruolo ecologico principale è legato alla regolazione delle comunità microbiche e al processo di umificazione. Il QBS-ar si basa sulla valutazione della presenza di più gruppi di artropodi bioindicatori (Isopodi, Acari, Collemboli, Sinfili,…) ed attribuisce a ciascuna forma biologica un EMI (Indice Ecomorfologico) con dei punteggi variabili da 1 a 20, in relazione al grado di adattamento al suolo. Le fasi operative di questo metodo sono riassumibili in 3 punti: 1) prelievo del campione di suolo; 2) estrazione dei microartropodi attraverso il selettore Berlese-Tullgren; 3) osservazione del campione, assegnazione degli EMI e attribuzione del valore di qualità (QBS-ar). I valori sono generalmente compresi tra i 40-50 per un suolo arato fino ai 250-300 ed oltre di un bosco. In questo contesto, l’Unità di Ecologia Animale e Molecolare della Scuola di Scienze Ambientali dell’Università di Camerino sta attualmente svolgendo nell’ambito di vari progetti, un’attività di biomonitoraggio dei suoli in varie tipologie di agroecosistemi (seminativi, oliveti, frutteti e vigneti) a conduzione biologica delle regioni Lombardia e Marche, con l’obiettivo finale di contribuire all’identificazione di un minimum set di indicatori biologici, chimico-fisici (e gestionali) per la valutazione nel lungo periodo degli eventuali benefici apportati dalle pratiche biologiche alla qualità del suolo. I dati fino ad ora ottenuti nell’arco di circa un triennio di biomonitoraggio condotto sia sugli agroecosistemi a conduzione biologica che su ecosistemi naturali (boschi, pascoli), indicano così come stimato mediante l’uso integrato di due indici (protozoi e microartropodi), che la qualità dei suoli di Aziende della provincia di Macerata, sia qualitativamente superiore a quella stimata per le stesse tipologie di Aziende localizzate nella Pianura Padana. Di particolare interesse sono i risultati ottenuti per vigneti del distretto del Verdicchio di Matelica, a conduzione biologica da 20 anni, in cui si sono ripetutamente ottenuti valori di QBS-ar superiori a 200. In conclusione, l’utilizzo di biondicatori/indici di qualità del suolo a servizio dell’agricoltura e la promozione di tecniche colturali biologiche, rappresentano tematiche cogenti a livello nazionale ed internazionale che se adeguatamente implementate all’interno delle conduzioni agricole rivestirebbero un ruolo significativo per la conservazione della biodiversità, e la sostenibilità dell’agroecosistema al quale, e sempre con maggior attenzione, oltre al ruolo di produttore di beni primari, è richiesto di svolgere un ruolo ecologico di conservazione della biodiversità e miglioramento ambientale a livello globale. Queste attività di biomonitoraggio ben si collocano nello scenario produttivo regionale in quanto le Marche da tempo, rappresentano un’eccellenza per la produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti biologici e potrebbero quindi, contribuire a conferire valore aggiunto ai prodotti e ai loro territori di provenienza.
2011
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