Nel secondo dopoguerra, principalmente a partire dalla fine degli anni ’50, entra in crisi la fiducia per i sistemi di pianificazione elaborati e l’estrema separazione tra la scala dell’edificio e quella della città. Nelle riflessioni che nascono da questo disagio si sviluppa un’idea di città in cui l’edificio stesso – con le sue dimensioni e con il suo disegno – ne diviene l’elemento fondativo e, nei casi più estremi, l’essenza stessa: la megastruttura racchiude in sé tutti gli elementi necessari a definire l’ambiente urbano. Molte delle questioni già sollevate nei decenni precedenti, soprattutto da Richard Buckminster Fuller, trovano uno sviluppo in tante tra le elaborazioni che verranno svolte principalmente negli anni ’60. Se da un lato si configura una sorta di continuità con l’utopia illuminista – soprattutto nella tensione di alcune esperienze a precisare anche una nuova società –, è però trainante l’ottimismo in una tecnologia capace di sciogliere molti dei problemi dell’abitare umano. I temi dell’utopia che si sviluppano sono influenzati senza dubbio dai quesiti sollevati dalla ricostruzione delle città europee dopo il secondo conflitto mondiale; e il progetto che si va a definire si colloca in una posizione intermedia tra quella dell’edificio e quella propriamente urbanistica. La tendenza è talmente diffusa da poter parlare di «internazionale dell’utopia» o «accademia dell’utopia», come è stata definita da Manfredo Tafuri. Il presente volume racconta queste esperienze affrontando i vari temi dal punto di vista storico e approfondendo, grazie anche ad un ampio apparato iconografico, gli aspetti legati alla rappresentazione architettonica.

Il disegno dell'impossibile. Temi e rappresentazione dell'utopia urbana. 1955-1975

SARDO, Nicolo'
2014-01-01

Abstract

Nel secondo dopoguerra, principalmente a partire dalla fine degli anni ’50, entra in crisi la fiducia per i sistemi di pianificazione elaborati e l’estrema separazione tra la scala dell’edificio e quella della città. Nelle riflessioni che nascono da questo disagio si sviluppa un’idea di città in cui l’edificio stesso – con le sue dimensioni e con il suo disegno – ne diviene l’elemento fondativo e, nei casi più estremi, l’essenza stessa: la megastruttura racchiude in sé tutti gli elementi necessari a definire l’ambiente urbano. Molte delle questioni già sollevate nei decenni precedenti, soprattutto da Richard Buckminster Fuller, trovano uno sviluppo in tante tra le elaborazioni che verranno svolte principalmente negli anni ’60. Se da un lato si configura una sorta di continuità con l’utopia illuminista – soprattutto nella tensione di alcune esperienze a precisare anche una nuova società –, è però trainante l’ottimismo in una tecnologia capace di sciogliere molti dei problemi dell’abitare umano. I temi dell’utopia che si sviluppano sono influenzati senza dubbio dai quesiti sollevati dalla ricostruzione delle città europee dopo il secondo conflitto mondiale; e il progetto che si va a definire si colloca in una posizione intermedia tra quella dell’edificio e quella propriamente urbanistica. La tendenza è talmente diffusa da poter parlare di «internazionale dell’utopia» o «accademia dell’utopia», come è stata definita da Manfredo Tafuri. Il presente volume racconta queste esperienze affrontando i vari temi dal punto di vista storico e approfondendo, grazie anche ad un ampio apparato iconografico, gli aspetti legati alla rappresentazione architettonica.
2014
9788860491299
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