Le difficoltà incontrate nella pianificazione delle aree protette non possono passare inosservate. Se non vogliamo relegare il Piano per il Parco ad una giaculatoria di buone intenzioni, se l’obiettivo è quello di andare oltre semplici strategie difensive, che hanno trovato una sponda stonata nella sterile e ambigua prima stagione delle invarianti strutturali (poi traghettate, con nuove aspettative, negli statuti del territorio), diventa urgente coglierne le intime relazioni con i sistemi della pianificazione ordinaria sino al livello del progetto urbano e del disegno della città. Non potrebbe essere diversamente, visto che le aree protette toccano, in modo diretto o indiretto, più di un terzo del territorio italiano e stanno già divenendo (insieme alla rete delle infrastrutture ambientali, al sistema delle aree residuali e di quelle dismesse) i nuovi ancoraggi spaziali nella riorganizzazione di città confuse e affastellate, dove si concentra più del 50% della popolazione mondiale ma da dove viene espulsa quella parte di popolazione che cerca una migliore qualità della vita. La pervasività di queste problematicità dovrebbe far riflettere chiunque si interessi di governo del territorio, soprattutto quelle frange più retrograde del mondo dell’urbanistica che ancora immaginano che la pianificazione dei parchi sia altra cosa rispetto all’Urbanistica.
PIANI DI PARCHI
SARGOLINI, Massimo
2011-01-01
Abstract
Le difficoltà incontrate nella pianificazione delle aree protette non possono passare inosservate. Se non vogliamo relegare il Piano per il Parco ad una giaculatoria di buone intenzioni, se l’obiettivo è quello di andare oltre semplici strategie difensive, che hanno trovato una sponda stonata nella sterile e ambigua prima stagione delle invarianti strutturali (poi traghettate, con nuove aspettative, negli statuti del territorio), diventa urgente coglierne le intime relazioni con i sistemi della pianificazione ordinaria sino al livello del progetto urbano e del disegno della città. Non potrebbe essere diversamente, visto che le aree protette toccano, in modo diretto o indiretto, più di un terzo del territorio italiano e stanno già divenendo (insieme alla rete delle infrastrutture ambientali, al sistema delle aree residuali e di quelle dismesse) i nuovi ancoraggi spaziali nella riorganizzazione di città confuse e affastellate, dove si concentra più del 50% della popolazione mondiale ma da dove viene espulsa quella parte di popolazione che cerca una migliore qualità della vita. La pervasività di queste problematicità dovrebbe far riflettere chiunque si interessi di governo del territorio, soprattutto quelle frange più retrograde del mondo dell’urbanistica che ancora immaginano che la pianificazione dei parchi sia altra cosa rispetto all’Urbanistica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.