Al fine di mostrare come il metodo influenzi la sostanza del processo, in tema di attività preparatoria del contraddittorio in dibattimento lo scritto sottolinea due aspetti. Il primo: come l’innovazione metodologica contenuta nell’art. 111 Cost. possa condizionare l’impostazione del processo e quali spazi vi siano per aggiornare tale impostazione alla luce della nuova idea. Il secondo: una critica dell’assetto tradizionale del processo. Quanto al primo aspetto, la novità consiste nella interazione tra il contraddittorio e il dibattimento in quella che dell’art. 111 Cost. appare, a ben guardare, la parte più innovativa: le disposizioni che definiscono le modalità del contraddittorio in dibattimento e, più precisamente, la sua preparazione. Il contraddittorio in verità rappresentava la chiave di lettura del processo ancor prima della modifica dell’art. 111 Cost.: si pensi ai valori già desumibili dal diritto di difesa, dalla presunzione d’innocenza (artt. 24 comma 2 e 27 comma 2 Cost.) prima che l’art. 111 Cost. li esplicitasse; alle fonti internazionali dalle quali alcuni di quei diritti della persona sono stati estrapolati; ed infine alle fonti di natura giurisdizionale a carattere esterno che hanno ampliato il nostro ordinamento. Colpisce il fatto che di solito non vengano abbastanza sottolineati alcuni aspetti essenziali della realtà processuale che sono invece riconosciuti dall’art. 111 Cost. al comma 3 - ancora prima di arrivare al comma 4 dove si parla del metodo - senza i quali in effetti non si arriva ad applicare il metodo dialettico nell’assunzione della prova: vale a dire che l’accusa debba venire oggettivamente formulata in modo che l’asserto difensivo dell’imputato possa aspirare ad infirmarla; e che l’imputato si possa predisporre a contrastarla, se non quanto si è preparato il pubblico ministero ad esprimerla, tuttavia con tempi e condizioni sufficienti e adeguati. Il secondo aspetto affrontato nell’opera consiste nella spiegazione critica di un assetto che di solito siamo portati ad assumere come immutabile. Il dover considerare il contraddittorio in base alle attività necessarie per predisporlo induce ad affermare che non dobbiamo pensare a come debba svolgersi il predibattimento per poi arrivare al dibattimento. Al contrario del punto di vista tradizionale occorre domandarsi che cosa esiga il contraddittorio dalle fasi anteriori, di che tipo di preparazione abbia bisogno. Passa così in secondo piano quel modello più tradizionale di aggregazione degli atti che è la struttura del processo, che appare puramente convenzionale. Il predibattimento è una fase preparatoria, ma non tutta l’attività preparatoria coincide con essa essendo a ciò destinate altre attività situate in altre fasi processuali. Ci sono attività indubbiamente preparatorie, come il deposito delle liste testimoniali (art. 468), che non sono discovery in senso proprio perché ad esse non si accompagna il deposito degli atti. Altre volte a risolvere questioni di particolare urgenza, quali il compimento degli atti urgenti (artt. 467, 554), che non sono in realtà preparatorie ma di anticipazione del dibattimento e probatorie, in quanto compiono prima certe attività che sarebbero tipiche del dibattimento. Altre addirittura rendono superfluo il dibattimento, come la sentenza anticipata di proscioglimento (art. 469). Per contro alcune attività preparatorie sono al di fuori di questa fase come quelle tipiche del predibattimento, che ora si svolgono prima. Ne è esempio l’atto che instaura il dibattimento: esso non fa parte della fase in quanto la competenza ad emetterlo è attribuita al giudice dell’udienza preliminare che prima verifica la fondatezza dell’imputazione e poi provvede a selezionare gli atti per il fascicolo dibattimentale. Infine va ricordato che non sempre esiste una fase predibattimentale immutabile; ad esempio nei riti speciali dibattimentali essa manca del tutto mentre c’è sempre, più o meno contratta e diversamente localizzata, la preparazione. Ciò rende incerti i confini della fase sia dal punto di vista logico che da quello temporale. Essa è situata nell’arco di tempo che precede l’udienza dibattimentale. Ma ci sono attività, quali la citazione o il deposito degli atti, che iniziano nella fase anteriore; altre invece, come le questioni preliminari, logicamente proprie del dibattimento, sono trattate prima che lo si dichiari aperto. È probabile che ciò servisse al legislatore per ragioni pratiche: come marcare le preclusioni nei confronti di certi atti. L’opera termina con una serie di riflessioni aperte in forma di domanda, ed uno sguardo al futuribile normativo rappresentato dal progetto Riccio: se il predibattimento sia ancora necessario; se abbia un senso mantenerlo. Non si parla più di predibattimento come fase, ma piuttosto si pone l’accento sull’attività preparatoria, anche svincolata dai limiti di una ben precisa fase processuale. Non ha dunque senso mantenere il predibattimento o forse ha il senso di una mera transizione: non esiste più, e rimane l’attività, ma è terra di nessuno. Esiste invece una udienza di comparizione sul modello dell’udienza di smistamento, e una nuova disciplina in tema di liste testimoniali. Come dal modo in cui si prepara un evento se ne può preconizzare lo scritto preferisce osservare il contraddittorio in fieri in base ai modi e agli strumenti necessari per predisporlo. Ciò che più conta non è tanto l’individuazione di fasi convenzionalmente definite quanto l’attività svolta cioè i mezzi posti in essere per raggiungere il fine che senza quell’attività e senza quei mezzi non si potrebbe raggiungere. È importante provare a togliere il velo da strutture o sovrastrutture del processo, nel nostro caso dal predibattimento, segnalando il criterio con cui ricercare soluzioni capaci di restituire al sistema attuale la necessaria coerenza.
Attività preparatorie del contraddittorio dibattimentale
GRIFANTINI, Fabio Maria
2012-01-01
Abstract
Al fine di mostrare come il metodo influenzi la sostanza del processo, in tema di attività preparatoria del contraddittorio in dibattimento lo scritto sottolinea due aspetti. Il primo: come l’innovazione metodologica contenuta nell’art. 111 Cost. possa condizionare l’impostazione del processo e quali spazi vi siano per aggiornare tale impostazione alla luce della nuova idea. Il secondo: una critica dell’assetto tradizionale del processo. Quanto al primo aspetto, la novità consiste nella interazione tra il contraddittorio e il dibattimento in quella che dell’art. 111 Cost. appare, a ben guardare, la parte più innovativa: le disposizioni che definiscono le modalità del contraddittorio in dibattimento e, più precisamente, la sua preparazione. Il contraddittorio in verità rappresentava la chiave di lettura del processo ancor prima della modifica dell’art. 111 Cost.: si pensi ai valori già desumibili dal diritto di difesa, dalla presunzione d’innocenza (artt. 24 comma 2 e 27 comma 2 Cost.) prima che l’art. 111 Cost. li esplicitasse; alle fonti internazionali dalle quali alcuni di quei diritti della persona sono stati estrapolati; ed infine alle fonti di natura giurisdizionale a carattere esterno che hanno ampliato il nostro ordinamento. Colpisce il fatto che di solito non vengano abbastanza sottolineati alcuni aspetti essenziali della realtà processuale che sono invece riconosciuti dall’art. 111 Cost. al comma 3 - ancora prima di arrivare al comma 4 dove si parla del metodo - senza i quali in effetti non si arriva ad applicare il metodo dialettico nell’assunzione della prova: vale a dire che l’accusa debba venire oggettivamente formulata in modo che l’asserto difensivo dell’imputato possa aspirare ad infirmarla; e che l’imputato si possa predisporre a contrastarla, se non quanto si è preparato il pubblico ministero ad esprimerla, tuttavia con tempi e condizioni sufficienti e adeguati. Il secondo aspetto affrontato nell’opera consiste nella spiegazione critica di un assetto che di solito siamo portati ad assumere come immutabile. Il dover considerare il contraddittorio in base alle attività necessarie per predisporlo induce ad affermare che non dobbiamo pensare a come debba svolgersi il predibattimento per poi arrivare al dibattimento. Al contrario del punto di vista tradizionale occorre domandarsi che cosa esiga il contraddittorio dalle fasi anteriori, di che tipo di preparazione abbia bisogno. Passa così in secondo piano quel modello più tradizionale di aggregazione degli atti che è la struttura del processo, che appare puramente convenzionale. Il predibattimento è una fase preparatoria, ma non tutta l’attività preparatoria coincide con essa essendo a ciò destinate altre attività situate in altre fasi processuali. Ci sono attività indubbiamente preparatorie, come il deposito delle liste testimoniali (art. 468), che non sono discovery in senso proprio perché ad esse non si accompagna il deposito degli atti. Altre volte a risolvere questioni di particolare urgenza, quali il compimento degli atti urgenti (artt. 467, 554), che non sono in realtà preparatorie ma di anticipazione del dibattimento e probatorie, in quanto compiono prima certe attività che sarebbero tipiche del dibattimento. Altre addirittura rendono superfluo il dibattimento, come la sentenza anticipata di proscioglimento (art. 469). Per contro alcune attività preparatorie sono al di fuori di questa fase come quelle tipiche del predibattimento, che ora si svolgono prima. Ne è esempio l’atto che instaura il dibattimento: esso non fa parte della fase in quanto la competenza ad emetterlo è attribuita al giudice dell’udienza preliminare che prima verifica la fondatezza dell’imputazione e poi provvede a selezionare gli atti per il fascicolo dibattimentale. Infine va ricordato che non sempre esiste una fase predibattimentale immutabile; ad esempio nei riti speciali dibattimentali essa manca del tutto mentre c’è sempre, più o meno contratta e diversamente localizzata, la preparazione. Ciò rende incerti i confini della fase sia dal punto di vista logico che da quello temporale. Essa è situata nell’arco di tempo che precede l’udienza dibattimentale. Ma ci sono attività, quali la citazione o il deposito degli atti, che iniziano nella fase anteriore; altre invece, come le questioni preliminari, logicamente proprie del dibattimento, sono trattate prima che lo si dichiari aperto. È probabile che ciò servisse al legislatore per ragioni pratiche: come marcare le preclusioni nei confronti di certi atti. L’opera termina con una serie di riflessioni aperte in forma di domanda, ed uno sguardo al futuribile normativo rappresentato dal progetto Riccio: se il predibattimento sia ancora necessario; se abbia un senso mantenerlo. Non si parla più di predibattimento come fase, ma piuttosto si pone l’accento sull’attività preparatoria, anche svincolata dai limiti di una ben precisa fase processuale. Non ha dunque senso mantenere il predibattimento o forse ha il senso di una mera transizione: non esiste più, e rimane l’attività, ma è terra di nessuno. Esiste invece una udienza di comparizione sul modello dell’udienza di smistamento, e una nuova disciplina in tema di liste testimoniali. Come dal modo in cui si prepara un evento se ne può preconizzare lo scritto preferisce osservare il contraddittorio in fieri in base ai modi e agli strumenti necessari per predisporlo. Ciò che più conta non è tanto l’individuazione di fasi convenzionalmente definite quanto l’attività svolta cioè i mezzi posti in essere per raggiungere il fine che senza quell’attività e senza quei mezzi non si potrebbe raggiungere. È importante provare a togliere il velo da strutture o sovrastrutture del processo, nel nostro caso dal predibattimento, segnalando il criterio con cui ricercare soluzioni capaci di restituire al sistema attuale la necessaria coerenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.