Il testo, proposto per un convegno, esamina un problema non insignificante per la formazione di un architetto quello del disegno-appunto Prendere appunti disegnando ormai sembra essere una pratica obsoleta, almeno da parte delle giovani generazioni digitalmente alfabetizzate quasi in modo esclusivo. La speditezza sommaria di quel tipo di personalissime annotazioni manuali, rapide, spesso schematiche, ma perciò anche essenziali, nelle quali si è sempre esplicata la pratica di studio di generazioni di architetti, sembra oggi subire la prepotenza di un uso protocollare - di default - della macchina che, con la sua cogente e inesorabile ‘precisione’, corre il rischio di ottundere le interpretazioni dei testi visivi. Peraltro a ciò concorre anche il fatto che la normale consultazione di quelli avviene oggi prevalentemente in rete, spesso come un assorbimento puramente passivo della fantasmagoria incessantemente fluttuante delle loro immagini. Ma se oggi le cose spesso stanno così, dovremmo forse sbrigativamente concludere che le tecnologie e i nuovi linguaggi digitali agiscono negativamente nello studio dell’architettura? Lo scrivente non è di tale opinione e per dimostrarlo propone a corredo del testo una serie di esperimenti grafico-concettuali in controtendenza.
(Dis)appunti digitali
CERVELLINI, Francesco;COLTELLACCI, FRANCESCA
2004-01-01
Abstract
Il testo, proposto per un convegno, esamina un problema non insignificante per la formazione di un architetto quello del disegno-appunto Prendere appunti disegnando ormai sembra essere una pratica obsoleta, almeno da parte delle giovani generazioni digitalmente alfabetizzate quasi in modo esclusivo. La speditezza sommaria di quel tipo di personalissime annotazioni manuali, rapide, spesso schematiche, ma perciò anche essenziali, nelle quali si è sempre esplicata la pratica di studio di generazioni di architetti, sembra oggi subire la prepotenza di un uso protocollare - di default - della macchina che, con la sua cogente e inesorabile ‘precisione’, corre il rischio di ottundere le interpretazioni dei testi visivi. Peraltro a ciò concorre anche il fatto che la normale consultazione di quelli avviene oggi prevalentemente in rete, spesso come un assorbimento puramente passivo della fantasmagoria incessantemente fluttuante delle loro immagini. Ma se oggi le cose spesso stanno così, dovremmo forse sbrigativamente concludere che le tecnologie e i nuovi linguaggi digitali agiscono negativamente nello studio dell’architettura? Lo scrivente non è di tale opinione e per dimostrarlo propone a corredo del testo una serie di esperimenti grafico-concettuali in controtendenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.