Il Novecento attraverso la sua grande carica di esperienze innovative lasciava in eredità al mondo dell’architettura un dibattito intenso e contraddittorio, caratterizzato da opposizioni ideologiche ed espressive: l’alternativa tra conservazione e trasformazione, il dubbio tra grande e piccola dimensione, il transito tra storia e modernità, ma anche il conflitto tra organico e razionale, la sospensione tra neobrutalismo e stile internazionale, l’oscillazione tra sperimentalismo radicale e storicismo antindustriale. Era un difficile equilibrio che sarebbe crollato sulla soglia degli anni Novanta quando il pianeta archiviò definitivamente il conflitto tra pensieri contrapposti e abbatté le ideologie. Da allora ha preso corpo un consenso totalizzante, che da una parte ha portato in prima pagina le nuove icone dell’architettura del XXI secolo, dall’altra ha appiattito il dibattito prima ancora che potesse tracciare solide derive per il futuro dell’architettura e della città. E da allora la forma ha preso il sopravvento sulla sostanza. Così la molteplicità delle forme ha sterilizzato il concetto stesso di forma trasformandola in immagine, legittimata dal digitale e dal dominio delle reti immateriali. Da una parte viviamo nel pessimismo di una diffusa sfiducia verso la modernità, dall’altra c’è l'ottimismo di forme facili e presuntuose. La paura del nuovo, l’ostilità e la diffidenza per un futuro oscuro si spegne davanti alla brillante invenzione dell’architetto: questo da una parte ci rallegra, dall’altra ci preoccupa. Prima della forma e di qualunque nuovo “-ismo”, l’architettura deve ricostruire i suoi contenuti a partire dall’equivoco della “sostenibilità”, concetto labile ed ambiguo, strumento ed alibi per i fautori di un pragmatismo tecnico che non appartiene all’architettura di qualità. Questo piccolo volume raccoglie rielabora e confronta con il dibattito che oggi attraversa le scuole e la comunità degli architetti alcuni saggi scritti in tredici anni, dopo l’uscita di Elementi di Progettazione architettonica, un libro del 1995 che pubblicai nel momento in cui i nuovi equilibri internazionali e l’accelerazione degli eventi tecnologici stavano minando le certezze sull’architettura e sulla città. Diversamente dall’esperienza di allora, quando era ancora forte l’insegnamento che alcuni maestri ci avevano lasciato con la loro opera e i loro scritti, oggi non avrebbe senso ragionare sui fondamenti incerti di una disciplina eteronoma, condizionata dagli infiniti dubbi della cultura contemporanea. Quello che si può fare è di concorrere ad una trasformazione progressiva del pensiero architettonico senza proporsi punti di arrivo, senza certezze pregiudiziali, accettando la logica di una accelerazione di mutazioni delle quali non possiamo controllare l’esito finale. In fondo anche le architetture di oggi, così leggere e caduche ce lo confermano, anche le città, così incontrollabili e diverse, ce lo suggeriscono, attuando la profezia di Sant’Elia: “le case dureranno meno di noi… ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città”.

L'Architettura prima della forma

CAO, Umberto
2009-01-01

Abstract

Il Novecento attraverso la sua grande carica di esperienze innovative lasciava in eredità al mondo dell’architettura un dibattito intenso e contraddittorio, caratterizzato da opposizioni ideologiche ed espressive: l’alternativa tra conservazione e trasformazione, il dubbio tra grande e piccola dimensione, il transito tra storia e modernità, ma anche il conflitto tra organico e razionale, la sospensione tra neobrutalismo e stile internazionale, l’oscillazione tra sperimentalismo radicale e storicismo antindustriale. Era un difficile equilibrio che sarebbe crollato sulla soglia degli anni Novanta quando il pianeta archiviò definitivamente il conflitto tra pensieri contrapposti e abbatté le ideologie. Da allora ha preso corpo un consenso totalizzante, che da una parte ha portato in prima pagina le nuove icone dell’architettura del XXI secolo, dall’altra ha appiattito il dibattito prima ancora che potesse tracciare solide derive per il futuro dell’architettura e della città. E da allora la forma ha preso il sopravvento sulla sostanza. Così la molteplicità delle forme ha sterilizzato il concetto stesso di forma trasformandola in immagine, legittimata dal digitale e dal dominio delle reti immateriali. Da una parte viviamo nel pessimismo di una diffusa sfiducia verso la modernità, dall’altra c’è l'ottimismo di forme facili e presuntuose. La paura del nuovo, l’ostilità e la diffidenza per un futuro oscuro si spegne davanti alla brillante invenzione dell’architetto: questo da una parte ci rallegra, dall’altra ci preoccupa. Prima della forma e di qualunque nuovo “-ismo”, l’architettura deve ricostruire i suoi contenuti a partire dall’equivoco della “sostenibilità”, concetto labile ed ambiguo, strumento ed alibi per i fautori di un pragmatismo tecnico che non appartiene all’architettura di qualità. Questo piccolo volume raccoglie rielabora e confronta con il dibattito che oggi attraversa le scuole e la comunità degli architetti alcuni saggi scritti in tredici anni, dopo l’uscita di Elementi di Progettazione architettonica, un libro del 1995 che pubblicai nel momento in cui i nuovi equilibri internazionali e l’accelerazione degli eventi tecnologici stavano minando le certezze sull’architettura e sulla città. Diversamente dall’esperienza di allora, quando era ancora forte l’insegnamento che alcuni maestri ci avevano lasciato con la loro opera e i loro scritti, oggi non avrebbe senso ragionare sui fondamenti incerti di una disciplina eteronoma, condizionata dagli infiniti dubbi della cultura contemporanea. Quello che si può fare è di concorrere ad una trasformazione progressiva del pensiero architettonico senza proporsi punti di arrivo, senza certezze pregiudiziali, accettando la logica di una accelerazione di mutazioni delle quali non possiamo controllare l’esito finale. In fondo anche le architetture di oggi, così leggere e caduche ce lo confermano, anche le città, così incontrollabili e diverse, ce lo suggeriscono, attuando la profezia di Sant’Elia: “le case dureranno meno di noi… ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città”.
2009
9788874622696
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11581/109859
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