Com’è noto, la disciplina del cd “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona ha caratteristiche del tutto peculiari rispetto alle altre politiche europee, in quanto, seppur improntata a un alto paradigma valoriale, è fra le più caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti rientrano tra le competenze concorrenti dell’Unione europea, e sono dunque influenzate da paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. L’Unione –con risultati parziali e differenziati quanto al concreto impatto sui singoli Stati membri– si è dotata di un complesso insieme di strumenti normativi che cercano di equilibrare l’esigenza di predisporre un sistema di difesa protettiva per contrastare le migrazioni auto-avviatesi, con l’istanza di garantire porte di passaggio tali da permettere flussi specifici, soprattutto per coloro i quali hanno diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. In questo contributo si analizza in chiave critica la disciplina legislativa europea in materia di rilevamento delle impronte digitali (alla luce in particolare del c.d. Regolamento Eurodac), nell’ottica di un bilanciamento tra l’interesse dello Stato e delle amministrazioni pubbliche all’adempimento di un dovere e il rispetto dei diritti umani fondamentali di chi, potenziale richiedente asilo, fugge da guerre e persecuzioni. L'analisi evidenzia come l'attuale versione del Regomalento Eurodac patisca un pericoloso slittamento semantico cui corrisponde una eterogenesi del suo impianto normativo sicché rischia una deriva che potrebbe trasformarlo da strumento di identificazione in mezzo di repressione, preventivo e discriminatorio.

L’impatto (in)volontario (?) del Regolamento Eurodac 603/2013 per la raccolta e comparazione delle impronte digitali sulla tutela dei diritti della persona umana

Agostina Latino
2020-01-01

Abstract

Com’è noto, la disciplina del cd “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona ha caratteristiche del tutto peculiari rispetto alle altre politiche europee, in quanto, seppur improntata a un alto paradigma valoriale, è fra le più caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti rientrano tra le competenze concorrenti dell’Unione europea, e sono dunque influenzate da paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. L’Unione –con risultati parziali e differenziati quanto al concreto impatto sui singoli Stati membri– si è dotata di un complesso insieme di strumenti normativi che cercano di equilibrare l’esigenza di predisporre un sistema di difesa protettiva per contrastare le migrazioni auto-avviatesi, con l’istanza di garantire porte di passaggio tali da permettere flussi specifici, soprattutto per coloro i quali hanno diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. In questo contributo si analizza in chiave critica la disciplina legislativa europea in materia di rilevamento delle impronte digitali (alla luce in particolare del c.d. Regolamento Eurodac), nell’ottica di un bilanciamento tra l’interesse dello Stato e delle amministrazioni pubbliche all’adempimento di un dovere e il rispetto dei diritti umani fondamentali di chi, potenziale richiedente asilo, fugge da guerre e persecuzioni. L'analisi evidenzia come l'attuale versione del Regomalento Eurodac patisca un pericoloso slittamento semantico cui corrisponde una eterogenesi del suo impianto normativo sicché rischia una deriva che potrebbe trasformarlo da strumento di identificazione in mezzo di repressione, preventivo e discriminatorio.
2020
978-88-6464-581-0
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