Nella storia, gli interventi di riuso hanno consentito di sottolineare - con un forte segno progettuale - la volontà di trasformazione/innovazione dell’ideatore che, nel confrontarsi con la preesistenza, ha utilizzato nuovi codici semantici. Dai primi contributi sul tema ad oggi si sono sviluppate accese discussioni, volte a stabilire i termini del linguaggio progettuale, per governare gli interventi destinati al riuso delle architetture storiche. Negli ultimi decenni, si è assistito a una significativa diversificazione nelle linee di indirizzo e nelle modalità d’espressione del progetto. Per quanto concerne l’Europa, le principali capitali hanno proposto, tramite progetti di rinnovamento urbano, diverse ipotesi di organizzazione di parti consistenti della città e nel contempo un nuovo uso degli edifici storici. In alcuni casi, la stessa rinuncia all'intervento o la presentazione a rudere hanno rappresentato un’interpretazione di rilevante valenza simbolica. Differente il caso della realtà italiana, dove il peso della tradizione ha orientato il progettista verso un atteggiamento più incline alla conservazione e più diffidente verso le trasformazioni, mettendo in luce la difficoltà nel coniugare nuovi linguaggi espressivi all’interno dei processi di riqualificazione della città. Gli esigui interventi di riuso del patrimonio culturale pubblico italiano, appaiono sempre più condizionati dal principio della “massima resa economica” perdendo di vista la centralità dell’atto progettuale. In alcuni casi, il dibattito si è fossilizzato su alcune sterili posizioni di principio, senza riuscire a sviluppare nuove capacità progettuali. Occorre invece, riconquistare tale centralità, progettando con maggiore efficacia e privilegiando funzioni e soggetti in grado di generare identità e produzione culturale, coesione ed innovazione sociale. Emerge, quindi, l’esigenza di definire strumenti in grado di supportare gli attori coinvolti, garantendo il rispetto della struttura materiale e dei valori immateriali che il bene culturale può manifestare. Attraverso alcune significative esemplificazioni, si vuole indicare un percorso di ricerca, al fine di ampliare gli ambiti applicativi della disciplina progettuale per un riuso attivo del patrimonio culturale.

“Vuoto a rendere”: strutture materiali e valori immateriali per il riuso del patrimonio culturale

Enrica Petrucci
2019-01-01

Abstract

Nella storia, gli interventi di riuso hanno consentito di sottolineare - con un forte segno progettuale - la volontà di trasformazione/innovazione dell’ideatore che, nel confrontarsi con la preesistenza, ha utilizzato nuovi codici semantici. Dai primi contributi sul tema ad oggi si sono sviluppate accese discussioni, volte a stabilire i termini del linguaggio progettuale, per governare gli interventi destinati al riuso delle architetture storiche. Negli ultimi decenni, si è assistito a una significativa diversificazione nelle linee di indirizzo e nelle modalità d’espressione del progetto. Per quanto concerne l’Europa, le principali capitali hanno proposto, tramite progetti di rinnovamento urbano, diverse ipotesi di organizzazione di parti consistenti della città e nel contempo un nuovo uso degli edifici storici. In alcuni casi, la stessa rinuncia all'intervento o la presentazione a rudere hanno rappresentato un’interpretazione di rilevante valenza simbolica. Differente il caso della realtà italiana, dove il peso della tradizione ha orientato il progettista verso un atteggiamento più incline alla conservazione e più diffidente verso le trasformazioni, mettendo in luce la difficoltà nel coniugare nuovi linguaggi espressivi all’interno dei processi di riqualificazione della città. Gli esigui interventi di riuso del patrimonio culturale pubblico italiano, appaiono sempre più condizionati dal principio della “massima resa economica” perdendo di vista la centralità dell’atto progettuale. In alcuni casi, il dibattito si è fossilizzato su alcune sterili posizioni di principio, senza riuscire a sviluppare nuove capacità progettuali. Occorre invece, riconquistare tale centralità, progettando con maggiore efficacia e privilegiando funzioni e soggetti in grado di generare identità e produzione culturale, coesione ed innovazione sociale. Emerge, quindi, l’esigenza di definire strumenti in grado di supportare gli attori coinvolti, garantendo il rispetto della struttura materiale e dei valori immateriali che il bene culturale può manifestare. Attraverso alcune significative esemplificazioni, si vuole indicare un percorso di ricerca, al fine di ampliare gli ambiti applicativi della disciplina progettuale per un riuso attivo del patrimonio culturale.
2019
978-88-909054-9-0
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