L’architettura della fede è un tema che Michele Busiri Vici ha affrontato nella prima metà degli anni trenta, sia da solo, con l’ampliamento della cappella interna alla Casa Generalizia Figlie del Sacro Cuore di Gesù in via dei Villini a Roma (1931) sia come collaboratore del fratello Clemente, nei progetti per le chiese romane di San Roberto Bellarmino a piazza Ungheria (1932-1958) e San Saturnino a largo Topino (1932-1934). Pur nella diversità dei riferimenti remoti (dagli elementi essenziali del romanico alle vaghe assonanze barocche), queste esperienze testimoniano, al pari della basilica piacentiniana del Sacro Cuore di Cristo Re, terminata nel 1934, che dai primissimi anni trenta, gli architetti romani tradizionalmente ancorati agli stili storici e a un’estetica neomonumentale, cominciano ad adottare forme semplificate, piani murari moderatamente razionalizzati, involucri privi o quasi di articolazioni e risalti. L’esordio di Michele Busiri Vici nel progetto dello spazio sacro, avviene quindi all’insegna di una prudente equidistanza tra pittoricismo oleografico e razionalismo architettonico, condividendo, seppure con diverso grado di compromissione, il piacentinismo semplificatorio del fratello maggiore. Negli anni tra la Ricostruzione e il miracolo economico, l’architetto segue un diverso orientamento, sospinto, probabilmente, anche dal fervore di idee sul tema chiesa-quartiere che investe diverse diocesi italiane. Le novità non riguardano tanto la tipologia proposta né i valori liturgici ma la vitalità delle forme e l’energia con cui le sue architetture sacre si inseriscono in una tradizione plurisecolare. Se con la chiesetta dell’Asilo Albertini (1951), prevista dal piano di bonifica della tenuta di Torre in Pietra, evoca, in aderenza tanto al luogo quanto soprattutto al tema, la forma e i caratteri delle chiese rurali ad aula, vivificando una delle immagini essenziali del paesaggio agrario d’ascendenza tardoantica e medievale, con la chiesa Stella Maris di Porto Cervo, introduce ulteriori coordinate stilistiche e formali.

Chiesa parrocchiale Stella Maris a Porto Cervo, Arzachena. 1965-1969

DOTI, Gerardo
2017-01-01

Abstract

L’architettura della fede è un tema che Michele Busiri Vici ha affrontato nella prima metà degli anni trenta, sia da solo, con l’ampliamento della cappella interna alla Casa Generalizia Figlie del Sacro Cuore di Gesù in via dei Villini a Roma (1931) sia come collaboratore del fratello Clemente, nei progetti per le chiese romane di San Roberto Bellarmino a piazza Ungheria (1932-1958) e San Saturnino a largo Topino (1932-1934). Pur nella diversità dei riferimenti remoti (dagli elementi essenziali del romanico alle vaghe assonanze barocche), queste esperienze testimoniano, al pari della basilica piacentiniana del Sacro Cuore di Cristo Re, terminata nel 1934, che dai primissimi anni trenta, gli architetti romani tradizionalmente ancorati agli stili storici e a un’estetica neomonumentale, cominciano ad adottare forme semplificate, piani murari moderatamente razionalizzati, involucri privi o quasi di articolazioni e risalti. L’esordio di Michele Busiri Vici nel progetto dello spazio sacro, avviene quindi all’insegna di una prudente equidistanza tra pittoricismo oleografico e razionalismo architettonico, condividendo, seppure con diverso grado di compromissione, il piacentinismo semplificatorio del fratello maggiore. Negli anni tra la Ricostruzione e il miracolo economico, l’architetto segue un diverso orientamento, sospinto, probabilmente, anche dal fervore di idee sul tema chiesa-quartiere che investe diverse diocesi italiane. Le novità non riguardano tanto la tipologia proposta né i valori liturgici ma la vitalità delle forme e l’energia con cui le sue architetture sacre si inseriscono in una tradizione plurisecolare. Se con la chiesetta dell’Asilo Albertini (1951), prevista dal piano di bonifica della tenuta di Torre in Pietra, evoca, in aderenza tanto al luogo quanto soprattutto al tema, la forma e i caratteri delle chiese rurali ad aula, vivificando una delle immagini essenziali del paesaggio agrario d’ascendenza tardoantica e medievale, con la chiesa Stella Maris di Porto Cervo, introduce ulteriori coordinate stilistiche e formali.
2017
978-88-98229-94-9
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