L'indagine affrontata nella ricerca che seguira', si prefigge […] l'obiettivo di approfondire un aspetto che, nella realta' marchigiana, e' risultato decisivo sia sul piano storico sia sul piano del potere di lasciare traccia sulle realta' urbane o capoluogo, o piu' semplicemente, di manipolarle. […]. Le soppressioni degli ordini conventuali portate avanti su scala nazionale che precedettero l'acquisizione di un rilevante numero di beni immobili, sia architettonici che fondiari, da destinare a varie esigenze, innanzitutto di tipo funzionale per nuove destinazioni comunitarie, ma anche per un nuovo inserimento di essi in un circuito economico di tipo speculativo, vennero certamente guidati da motivazioni innanzitutto politiche. Questo aspetto storico, che assunse proporzioni consistenti in innumerevoli centri italiani, fu particolarmente accentuato nelle Marche, dove i suoi stretti legami tradizionali con l'autorita' pontificia si sintetizzo' in una organizzazione ecclesiastica conventuale particolarmente significativa, distribuita puntualmente su tutto il territorio. Tra l'altro, in un ambito regionale dove si trovo' ad agire con risolutezza il Commissario generale straordinario Lorenzo Valerio, si anticiparono gli effetti delle leggi nazionali di soppressione del 1866 e dell'anno successivo, procedendo ad acquisizioni generalizzate, dietro l'emanazione di decreti. Gli stessi si occuparono di far fronte ad una consistente mole di richieste inoltrate da enti comunali ed organi pubblici settoriali, situazione facilmente ricostruibile dalle fonti documentarie. Questi necessitavano di una strutturazione spaziale e distributiva pressocha'© totale, in particolare nei centri di maggiore attrazione antropica, quali Urbino, Ancona, Fermo ed Ascoli Piceno ad esempio. In questo contesto storico ed amministrativo fortemente sollecitato, molti sono gli aspetti meritevoli di approfondimento, specialmente per gli effetti di esso sulla citta' in genere, e sulle realta' urbane che maggiormente caratterizzano il territorio marchigiano, sempre tenendo un occhio di riguardo a dibattiti e vicende nazionali. La soppressione delle comunita' religiose, infatti, e la confisca dei loro beni, in particolare insediamenti dall'elevato pregio storico-architettonico, determinarono evoluzioni di molteplici aspetti che definiscono porzioni di citta', o piu' semplicemente un preciso contesto, caratterizzato da fatti architettonici, e non solo. Un ruolo preminente lo ebbe la funzione, certo, che riguardera' una elevata quantita' di spazi da reimpiegarsi per usi collettivi, di natura completamente diversa. Limitare la ricerca esclusivamente alle nuove destinazioni funzionali, pero', risulterebbe alquanto riduttivo; essa infatti escluderebbe dalla riflessione una serie di condizioni altrettanto importanti, assolutamente necessari per captare nuove chiavi di lettura, al fine di comprendere esattamente il grado di cambiamento che riguardera' singoli fatti urbani, quali gli insediamenti conventuali che, in molti casi, proprio per la loro mole compositiva e dimensionale, potevano essere considerati come vere e proprie parti di citta', soprattutto se rapportati alla scala dei centri marchigiani. Alterazioni compositive, parziali demolizioni, ricostruzione di nuovi nuclei edilizi, ridisegno o piu' semplicemente perdita di sistemi di elementi che portarono alla cancellazione definitiva dell'equilibrio tra il complesso conventuale ed il suo intorno; sono semplicemente le considerazioni che vanno avanzate al fine di stabilire i cambiamenti che coinvolsero numerose realta' urbane, caratterizzate con tratti distintivi. La ricerca e l'approfondimento di queste dinamiche urbane sono cruciali per capire le condizioni odierne ed i problemi rimasti aperti, in quanto le citta' in genere vanno sempre intese nella loro evoluzione spazio-temporale. L'adattamento di spazi a nuove funzioni, con la frammentazioni di complessi sistemi stratificatisi nei secoli come pertinenze e giardini, hanno lasciato aperte questioni che, nel momento attuale, andranno certamente affrontate. Tali decisioni decretarono, soprattutto in ambiti provinciali, la rinuncia del progetto, a causa anche della cronica mancanza di disponibilita'  finanziarie, inteso secondo gli strumenti piu' tradizionali, quali in concorso di progettazione, o piu' semplicemente previo incarico diretto. In altre realta' di maggiore consistenza, quale ad esempio Roma capitale, si assistette alla redazione di importanti progetti che riguardavano soprattutto sedi ministeriali, tuttora parti considerate primarie nell'immagine complessiva della citta'. Il confronto con insediamenti conventuali dismessi, per capire le modalita' per una loro nuova utilizzazione nel senso contemporaneo, trova la sua materializzazione ad Urbino, probabilmente unico caso di progettualita' nelle Marche, almeno fino ai tempi piu' recenti, quando diverse limitate operazioni hanno riguardato alcuni edifici ex monastici, di buona qualita' progettuale e redatti secondo una consapevolezza storica. Oltre tutto, uno sguardo attento va sempre mantenuto verso importanti esperienze progettuali compiute in alcuni paesi europei, come ad esempio in Portogallo, dove architetti di primo livello come Eduardo Souto De Moura e Joao Luis Carrilho Da Graca si sono confrontati con il recupero di consistenti sedi monastiche. In un contesto conoscitivo in cui il sapere di tali evoluzioni storiche, e le rispettive condizioni ed effetti sull'architettura dell'intera citta', una ricerca che riguarda la soppressione degli ordini religiosi di ogni appartenenza, e l'acquisizione dei rispettivi beni immobili e mobili di proprieta', vuole infine porre nuovi riferimenti in un settore scientifico che dispone di rilevanti fonti storiche, ma che solo parzialmente ha ricostruito pienamente una fase importante della realta' italiana e marchigiana, sia sul piano storico, dove rimane da affrontare una serie di problemi aperti, sia sul piano urbano e prettamente architettonico. Le attuali condizioni di una serie di conventi o parti di conventi gravemente alterati nel corso dei decenni, ci porta inevitabilmente a porci una serie di interrogativi ai quali le istituzioni, unitamente a tutti i soggetti che a vario titolo hanno potere e capacita' di incidere sulla citta', dovranno necessariamente proporre risposte. L'acquisizione, ad esempio, dell'antico convento dei Cappuccini sul Colle di Ancona dal Politecnico delle Marche, quindi quella dell'antico convento dei filippini dall'ateneo urbinate, dovranno farci comprendere se la felice esperienza Bo-De Carlo, sia ripetibile. Ambiti urbani non risolti, quindi, che doverosamente attenderanno delle risposte nell'immediato futuro, quando si affronteranno nuovi itinerari progettuali che porteranno a ripensare complessivamente secondo nuove logiche, luoghi e contesti fortemente caratterizzati, capaci di apporre nuovi segni distintivi di qualita' sulla citta' contemporanea.

Regole, criteri di esproprio e di riuso per i complessi conventuali soppressi nelle Marche dal 1860 al secondo ‘900

FARINA, Moreno
2008-01-01

Abstract

L'indagine affrontata nella ricerca che seguira', si prefigge […] l'obiettivo di approfondire un aspetto che, nella realta' marchigiana, e' risultato decisivo sia sul piano storico sia sul piano del potere di lasciare traccia sulle realta' urbane o capoluogo, o piu' semplicemente, di manipolarle. […]. Le soppressioni degli ordini conventuali portate avanti su scala nazionale che precedettero l'acquisizione di un rilevante numero di beni immobili, sia architettonici che fondiari, da destinare a varie esigenze, innanzitutto di tipo funzionale per nuove destinazioni comunitarie, ma anche per un nuovo inserimento di essi in un circuito economico di tipo speculativo, vennero certamente guidati da motivazioni innanzitutto politiche. Questo aspetto storico, che assunse proporzioni consistenti in innumerevoli centri italiani, fu particolarmente accentuato nelle Marche, dove i suoi stretti legami tradizionali con l'autorita' pontificia si sintetizzo' in una organizzazione ecclesiastica conventuale particolarmente significativa, distribuita puntualmente su tutto il territorio. Tra l'altro, in un ambito regionale dove si trovo' ad agire con risolutezza il Commissario generale straordinario Lorenzo Valerio, si anticiparono gli effetti delle leggi nazionali di soppressione del 1866 e dell'anno successivo, procedendo ad acquisizioni generalizzate, dietro l'emanazione di decreti. Gli stessi si occuparono di far fronte ad una consistente mole di richieste inoltrate da enti comunali ed organi pubblici settoriali, situazione facilmente ricostruibile dalle fonti documentarie. Questi necessitavano di una strutturazione spaziale e distributiva pressocha'© totale, in particolare nei centri di maggiore attrazione antropica, quali Urbino, Ancona, Fermo ed Ascoli Piceno ad esempio. In questo contesto storico ed amministrativo fortemente sollecitato, molti sono gli aspetti meritevoli di approfondimento, specialmente per gli effetti di esso sulla citta' in genere, e sulle realta' urbane che maggiormente caratterizzano il territorio marchigiano, sempre tenendo un occhio di riguardo a dibattiti e vicende nazionali. La soppressione delle comunita' religiose, infatti, e la confisca dei loro beni, in particolare insediamenti dall'elevato pregio storico-architettonico, determinarono evoluzioni di molteplici aspetti che definiscono porzioni di citta', o piu' semplicemente un preciso contesto, caratterizzato da fatti architettonici, e non solo. Un ruolo preminente lo ebbe la funzione, certo, che riguardera' una elevata quantita' di spazi da reimpiegarsi per usi collettivi, di natura completamente diversa. Limitare la ricerca esclusivamente alle nuove destinazioni funzionali, pero', risulterebbe alquanto riduttivo; essa infatti escluderebbe dalla riflessione una serie di condizioni altrettanto importanti, assolutamente necessari per captare nuove chiavi di lettura, al fine di comprendere esattamente il grado di cambiamento che riguardera' singoli fatti urbani, quali gli insediamenti conventuali che, in molti casi, proprio per la loro mole compositiva e dimensionale, potevano essere considerati come vere e proprie parti di citta', soprattutto se rapportati alla scala dei centri marchigiani. Alterazioni compositive, parziali demolizioni, ricostruzione di nuovi nuclei edilizi, ridisegno o piu' semplicemente perdita di sistemi di elementi che portarono alla cancellazione definitiva dell'equilibrio tra il complesso conventuale ed il suo intorno; sono semplicemente le considerazioni che vanno avanzate al fine di stabilire i cambiamenti che coinvolsero numerose realta' urbane, caratterizzate con tratti distintivi. La ricerca e l'approfondimento di queste dinamiche urbane sono cruciali per capire le condizioni odierne ed i problemi rimasti aperti, in quanto le citta' in genere vanno sempre intese nella loro evoluzione spazio-temporale. L'adattamento di spazi a nuove funzioni, con la frammentazioni di complessi sistemi stratificatisi nei secoli come pertinenze e giardini, hanno lasciato aperte questioni che, nel momento attuale, andranno certamente affrontate. Tali decisioni decretarono, soprattutto in ambiti provinciali, la rinuncia del progetto, a causa anche della cronica mancanza di disponibilita'  finanziarie, inteso secondo gli strumenti piu' tradizionali, quali in concorso di progettazione, o piu' semplicemente previo incarico diretto. In altre realta' di maggiore consistenza, quale ad esempio Roma capitale, si assistette alla redazione di importanti progetti che riguardavano soprattutto sedi ministeriali, tuttora parti considerate primarie nell'immagine complessiva della citta'. Il confronto con insediamenti conventuali dismessi, per capire le modalita' per una loro nuova utilizzazione nel senso contemporaneo, trova la sua materializzazione ad Urbino, probabilmente unico caso di progettualita' nelle Marche, almeno fino ai tempi piu' recenti, quando diverse limitate operazioni hanno riguardato alcuni edifici ex monastici, di buona qualita' progettuale e redatti secondo una consapevolezza storica. Oltre tutto, uno sguardo attento va sempre mantenuto verso importanti esperienze progettuali compiute in alcuni paesi europei, come ad esempio in Portogallo, dove architetti di primo livello come Eduardo Souto De Moura e Joao Luis Carrilho Da Graca si sono confrontati con il recupero di consistenti sedi monastiche. In un contesto conoscitivo in cui il sapere di tali evoluzioni storiche, e le rispettive condizioni ed effetti sull'architettura dell'intera citta', una ricerca che riguarda la soppressione degli ordini religiosi di ogni appartenenza, e l'acquisizione dei rispettivi beni immobili e mobili di proprieta', vuole infine porre nuovi riferimenti in un settore scientifico che dispone di rilevanti fonti storiche, ma che solo parzialmente ha ricostruito pienamente una fase importante della realta' italiana e marchigiana, sia sul piano storico, dove rimane da affrontare una serie di problemi aperti, sia sul piano urbano e prettamente architettonico. Le attuali condizioni di una serie di conventi o parti di conventi gravemente alterati nel corso dei decenni, ci porta inevitabilmente a porci una serie di interrogativi ai quali le istituzioni, unitamente a tutti i soggetti che a vario titolo hanno potere e capacita' di incidere sulla citta', dovranno necessariamente proporre risposte. L'acquisizione, ad esempio, dell'antico convento dei Cappuccini sul Colle di Ancona dal Politecnico delle Marche, quindi quella dell'antico convento dei filippini dall'ateneo urbinate, dovranno farci comprendere se la felice esperienza Bo-De Carlo, sia ripetibile. Ambiti urbani non risolti, quindi, che doverosamente attenderanno delle risposte nell'immediato futuro, quando si affronteranno nuovi itinerari progettuali che porteranno a ripensare complessivamente secondo nuove logiche, luoghi e contesti fortemente caratterizzati, capaci di apporre nuovi segni distintivi di qualita' sulla citta' contemporanea.
2008
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