Stiamo attraversando, come altre volte è avvenuto nella storia dell’umanità, una fase di mutamenti profondi e probabilmente irreversibili, che trasformano economie, società e culture a un ritmo a cui fatichiamo ad abituarci. La principale modificazione in atto è probabilmente quella legata all’impatto delle attività dell’uomo sulla natura. Sta aumentando la nostra impronta ecologica e, con essa, il nostro debito nei confronti dell’ambiente, che rischia di compromettere significativamente le probabilità di sopravvivenza della specie umana sul pianeta. La flessibilità e le capacità rigenerative degli ecosistemi sono messe a dura prova e la totalità dei processi antropici è ormai diventata una forza geofisica in grado di alterare il clima della Terra, svolgendo dunque un ruolo che precedentemente era riservato alla tettonica, alle reazioni cromosferiche e ai cicli glaciali. La pianificazione urbanistica ordinaria, così com’è attualmente praticata, non sembra però attrezzata a gestire i profondi cambiamenti evocati. L’inquadramento paesistico-ambientale è certamente l’angolatura più efficace per dare un senso al disordine ed alla dinamicità, per dare spazio alla diversità ed al tempo, per indirizzare e catalizzare uno sviluppo nuovo. Ripartire dalle strutture del paesaggio e dalle continuità ambientali è quanto la contemporaneità ci chiede per gestire la complessità integrale del territorio, senza dividere arbitrariamente le cose dal loro divenire.

SCOMPARSA DELL'AGRICOLTURA E SPRAWL INSEDIATIVO: LA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI NATURALI

SARGOLINI, Massimo
2011-01-01

Abstract

Stiamo attraversando, come altre volte è avvenuto nella storia dell’umanità, una fase di mutamenti profondi e probabilmente irreversibili, che trasformano economie, società e culture a un ritmo a cui fatichiamo ad abituarci. La principale modificazione in atto è probabilmente quella legata all’impatto delle attività dell’uomo sulla natura. Sta aumentando la nostra impronta ecologica e, con essa, il nostro debito nei confronti dell’ambiente, che rischia di compromettere significativamente le probabilità di sopravvivenza della specie umana sul pianeta. La flessibilità e le capacità rigenerative degli ecosistemi sono messe a dura prova e la totalità dei processi antropici è ormai diventata una forza geofisica in grado di alterare il clima della Terra, svolgendo dunque un ruolo che precedentemente era riservato alla tettonica, alle reazioni cromosferiche e ai cicli glaciali. La pianificazione urbanistica ordinaria, così com’è attualmente praticata, non sembra però attrezzata a gestire i profondi cambiamenti evocati. L’inquadramento paesistico-ambientale è certamente l’angolatura più efficace per dare un senso al disordine ed alla dinamicità, per dare spazio alla diversità ed al tempo, per indirizzare e catalizzare uno sviluppo nuovo. Ripartire dalle strutture del paesaggio e dalle continuità ambientali è quanto la contemporaneità ci chiede per gestire la complessità integrale del territorio, senza dividere arbitrariamente le cose dal loro divenire.
2011
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